Creed Fisher – “This Ain’t The Hamptons” (2023) – by Trex Roads

La Classifica Top 10 del 2023 by Trex Roads. Il suo addio (o arrivederci) a TN

Ecco, anche quest’anno Trex Roads vi lascerà con la sua TOP 10 dei dischi usciti e recensiti quest’anno (in totale vi ho...

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Ne ho conosciuti davvero pochi di artisti che uniscono l’essere prolifici a livelli altissimi alla qualità delle loro creazioni. Se devo pensare a un nome per spiegare questo concetto senza dubbio il primo della mia lista sarebbe Creed Fisher, un texano duro e puro.

Ho conosciuto la musica di Creed in maniera davvero casuale cercando artisti di outlaw country classico in giro per la rete. Mi avevano colpito i titoli e le copertine dei suoi dischi e così ascoltando le sue canzoni, mi sono spinto sempre più in profondità cercando di conoscerne altre.
La voce potente e intensa di Fisher è un marchio di fabbrica assolutamente riconoscibile e ancora di più lo sono i testi delle sue canzoni devoti all’”uomo che lavora” e al suo paese, soprattutto il Sud e sopra ogni cosa il Texas.
Ho recensito ormai già 4 album di Creed Fisher, potete trovarli qui su Ticino Notizie se cercate il suo nome, e in nessuno di questi dischi ho trovato dei pezzi brutti o messi lì tanto per riempire uno spazio.

Alcune volte ho dovuto fare scelte, non potevo recensirli tutti perché, come vi raccontavo, il nostro è prolifico a livelli inimmaginabili: nel 2020 sono usciti 4 dischi a suo nome, nel 2021 altri 3 e l’anno scorso due (contando anche il divertentissimo EP con la partecipazione di tanti piccoli outlaws, andate a scoprirlo non ve ne pentirete.)

Incredibile che nessuno di questi dischi appaia raffazzonato o senza una produzione perfetta o una scrittura poco fluida, anzi! A margine di questo, ricordo che, il lavoro delle chitarre nei concerti e in tantissimi pezzi passati e anche nei 12 brani di questo Ain’t The Hamptons, è affidato alle mani magiche di un nostro connazionale ormai diventato uno dei chitarristi più apprezzati del circuito indipendente americano: l’umbro Emanuele Pistucchia. Quindi per me gioia doppia nel recensire i lavori di Creed.
Emanuele, che, assieme alla mitica Orianna di WCN Radio (la radio dove viene trasmesso il mio programma Trex Music Club, ogni mercoledì alle ore 20, n.d.a.), abbiamo intervistato già un paio di volte, è stato testimone della crescita esponenziale della fama di Fisher.

Dall’esibirsi in piccoli club per poche centinaia di persone a concerti e festival ‘sold out’ con migliaia di presenze ogni sera. E non solo in Texas, dove ormai Creed Fisher è sinonimo di leggenda locale, ma in giro per tutti gli Stati Uniti. Spero che la fama anche da questa parte dell’Oceano cresca (magari anche grazie a me) e un giorno di poterlo vedere mettere a ferro e fuoco anche le assi dei palchi europei, sarebbe magico.
Questo disco è il terzo dopo aver firmato con l’etichetta indipendente Dirt Rock Empire e, come il precedente, è prodotto dallo stesso Fisher assieme a Bart Rose e Josh Rodgers e registrato nei mitici studi di registrazione Fort Worth Sound di Fort Worth, Texas.

I singoli avevano anticipato la qualità del nuovo materiale e proprio uno dei singoli apre il disco: One of’Em è country rock potente, polveroso e dal carattere debordante. Le chitarre spingono un riff bellissimo e un testo che è la celebrazione delle cose che Creed e la sua gente amano, senza giudicare chi non la pensa come lui.

La ballata malinconica Stars and Stripes è per i blue collar, per chi lavora e ama il suo paese ed è un po’ stanco del mondo di oggi e delle sue ideologie che cercando di imporre alla gente. Non è solo in questo Creed, ultimamente anche altri artisti indipendenti venuti dal nulla come lui hanno scatenato un seguito non indifferente senza orpelli, senza magie, ma solo parlando alla gente dei problemi veri, dei drammi e delle gioie che la gente normale vive ogni giorno.

La musica di Creed è così e la gente lo capisce: nella musica indipendente il pubblico capisce quando sei sincero e vero e, se hai il talento narrativo e compositivo di Creed Fisher, il successo è una conseguenza di tutto questo.
La title track è un country da leccarsi i baffi, come se ne scrivevano negli anni di Waylon Jennings e Merle Haggard e il titolo si spiega da solo: il posto da dove viene Creed e da dove viene il suo pubblico non ha nulla a che fare con il mondo dei milionari (per non dire di peggio) degli Hamptons. Anzi è proprio in un’altra Galassia.
Lowdown & Lonesome è la mia preferita del disco: polverosa, sporca, pedal-steel e chitarre, armonica e il racconto della difficile vita del musicista indipendente su e giù per l’autostrada.

Volete far conoscere Creed a qualcuno, ecco questo è il poster giusto! Splendida anche la successiva Hank Williams, il padre dell’outlaw country, un country rock che sfocia nel southern a cui le chitarre sferzanti regalano un carattere pazzesco. Il lavoro dei chitarristi di Creed è sempre magistrale sia da studio che dal vivo: energico, tecnico e mai banale.
Gli assoli finali sono la classica ciliegia su questa fantastica torta.
Dixie è una ballata dedicata alla sua terra, dove il violino e la voce di Creed prendono il proscenio e ci guidano verso il tramonto in lontananza, dove possiamo ammirare la bellezza degli arrangiamenti e l’abilità dei musicisti che si è portato in studio di registrazione per far prendere vita a queste storie di vita vera.

Fantastico il southern rock chitarristico di You Ain’t From the South e perfetto il duetto con un altro grande artista texano indipendente Kaleb McIntire. Chitarre che sferzano l’aria, voci potenti e lo sfondo di banjo e polvere. Come sempre l’assolo finale è gioia per le orecchie.

Il banjo e le chitarre hanno il compito di chiudere il disco con The Party’s Right Here: c’è tutto il country rock e il southern, la celebrazione di tutto ciò che Creed ama, ci sono Waylon e Hank, le birre ghiacciate e la voglia di svagarsi dopo la settimana lavorativa. Per inciso Creed ha fatto lavori veramente duri fino a pochi anni fa e sa benissimo di cosa parla quando racconta queste cose: le ha vissute e si sente.

Un disco che avrebbe potuto essere solo buono e poco ispirato e invece, nonostante sia il 14°della sua discografia iniziata con Down Here in Texas nel 2012, è dannatamente bello, energico, arrangiato alla grande e suonato da una band dal talento assoluto.

Una celebrazione in musica del Sud degli States, non solo del Texas: nei testi mai così incisivi e veri, ma soprattutto nella musica dove Creed sa mixare sapientemente il southern rock (a volte quasi sfiorando l’hard rock) al country dei classici, arrivando a essere oggi uno dei più credibili eredi dei grandi country men del passato.
Se Merle, Hank e Waylon fossero qui non potrebbero altro che essere orgogliosi di essere stati gli ispiratori di un talento come Creed e sarebbero felici di sapere la loro eredità in mani così forti e sicure.

Buon ascolto,
Claudio Trezzani by Trex Roads

Nel mio blog troverete la versione inglese di questo articolo.
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