Vengo anch’io: perla di rara bellezza dedicata a Enzo Jannacci su Netflix- di Teo Parini

Che parlano da soli, con ai piedi le scarpe del tennis, che sguazzano nelle periferie più intrise di umanità e vivono di amori improbabili...

+ Segui Ticino Notizie

Ricevi le notizie prima di tutti e rimani aggiornato su quello che offre il territorio in cui vivi.

È successo davvero. Il lavoro cinematografico dedicato a Enzo Jannacci, a dieci anni dalla sua scomparsa, ricorda anche questo. La guerra con i suoi echi dolorosi non è finita da troppo tempo, una quindicina d’anni non di più, e la voglia di riscatto sociale oltre che di ‘buen vivir’ passa anche per l’esperienza musicale di quattro artisti che, per i meravigliosi casi della vita, si ritrovano insieme, sullo stesso palco, nello stesso istante. Sono, in ordine puramente casuale, Adriano Celentano, Luigi Tenco, Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci. A prova di smentita, la più grande e irripetibile quantità di talento che abbia mai dato contemporaneamente lustro alla musica italiana, appunto, d’autore. Ma non solo, perché l’arte, in tutte le sue caleidoscopiche sfumature, l’hanno accarezzata tutta.

Giorgio Verdelli, strepitoso, con ‘Enzo Jannacci. Vengo anch’io’ – dieci minuti di standing ovation all’80/ma Mostra del Cinema di Venezia – si è dedicato ad Enzo, dei quattro il meno regolare, quello meno gestibile, meno catalogabile. Un elenco di ‘meno’ che potrebbe essere inesausto, tanto per dire che più di così, l’aggettivo è a scelta, non era effettivamente possibile. Il più grande cantautore italiano di sempre per Paolo Conte, un altro gigante che alle parole dà del tu da una vita. E pure per Enzo Arbore. Jannacci con le sue opere, che lui stesso introduce e racconta nel corso del film in veste involontaria di narratore anche attraverso un’intervista inedita concessa allo stesso Verdelli, fosse nato mezzo secolo più tardi sarebbe probabilmente rimasto confinato nella dimensione intimistica dei club che, fortunatamente per noi, l’hanno invece proiettato verso la planetaria immortalità. Altri tempi, altre prospettive, altri uomini.

Questione di politically correct. Quello ossessivo e caricaturale che sta distruggendo la nostra sconfinata cultura e che Enzo, senza perdere mai il suo proverbiale umorismo, avrebbe frantumato con ciascuno dei suoi pezzi più iconici. Sì, perché Enzo è anche quello di ‘Veronica’, la donna che voleva farsi monaca bestemmiando contro i preti, e quello che prende il semi-sconosciuto Vasco Rossi e gli fa cantare, anzi canta con lui omaggiandolo del suo pianoforte, ‘Vita spericolata’, quando l’intellighenzia bacchettona, tronfia e borghese, al solito senza ovviamente aver compreso nulla del mondo che gli sta intorno, il rocker di Zocca si diverte a deriderlo insieme alle sue canzoni, salvo poi ritornare sui propri passi diversi anni più tardi. Perché, sempre l’intellighenzia, detesta gli ultimi e chi li celebra che, al contrario, incarnano l’anima pura di Jannacci, cantore, appunto, di chi si vede negata financo la voce. Che parlano da soli, con ai piedi le scarpe del tennis, che sguazzano nelle periferie più intrise di umanità e vivono di amori improbabili.

Fa davvero impressione constatare quanti musicisti, e di quale valore, prestino il loro personale ricordo alla pellicola di Verdelli. Novanta minuti struggenti, perché Enzo lo sapeva essere forse come nessuno, che ripercorrono più lo spirito, il fil rouge, che la carriera dell’artista, anzi del genio, che per testimonianza diretta si scopre aver influenzato, se non indirizzato, la musica di tanti colleghi, senza mai la pretesa di essere considerato un esempio. Mia Martini che ad un certo punto canta ‘Io e te’, poi, significa un sacco di cose. C’è chi ha pianto, ascoltandola e osservando il linguaggio del corpo della strepitosa Mimì, e chi mente. Banale ma non negli effetti sortiti, la prima: una delle voci più toccanti di sempre che sposa una delle poesie più intense di sempre, quella che “… l’avvenire è un buco nero in fondo al tram”. Altrettanto significativa è l’esibizione di Milva nel celebre duetto registrato in studio sulla prosa di ‘Per un basín”, sempre a proposito di canzoni che oggi nessuno si azzarderebbe più a proporre e chissà per quale stupido motivo. Ma, anche qui, spunti di intreccio tra arte, società e costume desunti dal film se ne potrebbero elencare a bizzeffe, commistioni nelle quali l’irriverente Jannacci sguazzava a meraviglia. E noi con lui.

C’è anche il figlio Paolo che fa capolino, a cui la genetica ha regalato una somiglianza pazzesca oltre che una buona parte del talento paterno. Con la voce spesso sopraffatta dall’emozione, e come potrebbe essere altrimenti, delinea alla sua maniera anche il lato più famigliare, segreto per quanto possa esserlo la vita di un personaggio pubblico, e meno professionale di Enzo. Ma è la risposta alla domanda “Cosa ti manca di più di lui?” che, in chiusura di questo viaggio bellissimo, ci ricorda perché coloro i quali hanno avuto il privilegio di incontrarlo sul proprio cammino lo hanno visceralmente amato. “La sua risata”. Sì, perché “… ridere sempre così giocondo, e ridere delle follie del mondo, e vivere finché c’è gioventù” non è che uno dei lasciti di Jannacci più azzeccati per provare a raddrizzare la disastrata attualità. Per i meno avvezzi, lo stralcio virgolettato appartiene al testo di “Vivere”, capolavoro che val sempre la pena di rispolverare. Non sarà certo una risata a salvare il mondo ma, lo stesso mondo, sarebbe certamente un posto migliore per vivere se tutti lo facessimo un po’ di più. Ecco, verrebbe da definirlo antesignano, Enzo, se non fosse che i tempi da lui anticipati ancora siano lontani da venire. E ciò dà l’idea di quanto Jannacci fosse prima di tutto un precursore.

Grazie, dunque, a Giorgio Verdelli per un docufilm che fa davvero tanto bene all’anima e che sarebbe delittuoso lasciar cadere nel dimenticatoio. In altre parole, un lavoro da non perdere per chi, ancora nel 2024, ambisce a non omologarsi alla banalità. Che, a ben pensarci, è la vera kryptonite di Jannacci, il Superman improbabile ma che più credibile non si può della musica nella sua forma più alta.

■ Prima Pagina

Ultim'ora

Altre Storie

Pubblicità

Ultim'ora nazionali

Altre Storie

Pubblicità

contenuti dei partner