Italrugby: a Cardiff la brezza e il profumo della storia

Per i bilanci più articolati ci sarà tutto il tempo, adesso è il momento del terzo tempo più euforico possibile.

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Un po’ di numeri, a briglia sciolta. Primo tris di risultati utili consecutivi della nostra storia, miglior differenza punti in un Sei Nazioni, tre ‘man of the match’ in cinque partite. Due sono di Nacho Brex che, a questo punto, si gioca pure il titolo di miglior giocatore della manifestazione. Aggiungiamo un piccolo rammarico, con la sfrontatezza di chi può permettersi di fare le pulci ad un capolavoro. Senza l’incredibile palo che ci ha tolto dalle mani la Coppa Garibaldi contro la Francia e con un calcio di punizione in più all’esordio contro gli inglesi, dove ci hanno separato la miseria di tre punti, e fatta salva la giusta scoppola di Dublino, oggi sarebbe seconda piazza. Hai idea?

Tornando con i piedi per terra, ieri l’Italia, che per settanta minuti ha dilaniato un Galles per la verità inguardabile, ha messo un’altra bandierina sul percorso di crescita che la sta avvicinando ad ampie falcate al gotha europeo. Non era scontato, confermarsi è terribilmente più difficile che imporsi una prima volta, ed è sacrosanto essere fieri di questo pomeriggio al Millennium Stadium per l’occasione coperto dove, forse per la prima volta da quando il fu Cinque Nazioni ci ha incluso, il risultato non è mai stato in discussione con l’Italia che ha preparato, interpretato e gestito un piano tattico vincente con pochissime sbavature. Tutto ciò è riassumibile con una sola parola: maturità. Il bello è che la compagine azzurra è la più giovane di tutte le contendenti.

Quesada, già lo si diceva settimana scorsa, ha tirato fuori dai suoi ragazzi l’italianità più pura: quella catenacciara nel senso più abbacinante del termine mutuato dal soccer, difesa commovente e perpetua, avanzante e furiosa. Così, a finire sgretolata dalla marea azzurra, dopo Francia e Scozia, è stato il Galles che ha assaggiato il pane duro dell’impotenza in mischia e le randellate nei punti di incontro. Con Brex ancora migliore in campo, menzione speciale va quest’oggi a Capitan Lamaro che, soprattutto nei primi quaranta minuti, ha rubato più palloni che i quadri da Lupin, ciò in mezzo al solito numero industriale di placcaggi, esercizio nel quale si colloca tra i migliori al mondo. Un bel pugno sui denti ai troppi detrattori che da anni gli imputano una scarsa propensione alla leadership. Oggi Michele non ha giocato a rugby, ha giganteggiato riempiendoci di orgoglio. L’eredità ingombrante dell’epocale Parisse da questa sera trova così la sua casa più bella, quella di Lamaro.

Con Pani che nella meta messa a referto è sembrato il Tomba di Madonna di Campiglio e Garbisi che ha messo a punto un piede chirurgico, Menoncello si conferma diamante di inestimabile valore e Ferrari, al rientro dopo un lungo infortunio, ha aggiunto granito ad un pacchetto di mischia già eccellente che oggi ha ricordato quel pomeriggio benedetto a San Siro, quando a finire arati ai limiti dell’umiliazione furono i pari ruolo neozelandesi. Ed è tutto talmente bello che possiamo perdonare il calo di tensione finale che ha consentito al Galles di dare dignità allo score, con due mete in due minuti davvero evitabili. La strigliata che Quesada siamo certi non farà mancare, tuttavia, consentirà ad un gruppo che si sta cementando di aggiungere un altro tassello alla competenza necessaria a restare al vertice. Quello di non mollare mai, fino all’ultimo secondo di match. Piccolo peccato di gioventù all’interno di un torneo che ci restituisce con gli interessi le delusioni di anni di pane duro. Sì, siamo davvero felici.

Per tornare ai numeri, da aggiungere l’otto: da lunedì, infatti, l’Italia, scavalcando proprio il Galles, salirà in ottava posizione nel ranking mondiale. E chissà cosa avranno da dire ora i sedicenti addetti ai lavori che da tempo immemore sostengono l’inadeguatezza italiana alle dinamiche del rugby. Sopra di noi, solo sette nazioni in tutto il mondo. Per chiudere, tutta la magia di uno sport unico e meraviglioso in un’istantanea. Minuto cinquantasette, Italia avanti per diciotto a zero. I tifosi gallesi, consci della sconfitta che verrà, estraggono dal cilindro i cucchiai di legno e con l’autoironia di chi per definizione non perde mai iniziano a sventolarli in aria, ovviamente ridendo di gusto. Cucchiaio che, per i meno avvezzi, spetta metaforicamente alla squadra che giunge ultima in classifica e toccherà proprio a loro. Accadimento foriero di una certa umiliazione, eppure a queste latitudini e in questo gioco brutale ma per cuori grandi ci si scherza su, prima di scolare una birra tutti insieme. Unico, no?

Per i bilanci più articolati ci sarà tutto il tempo, adesso è il momento del terzo tempo più euforico possibile. È stato un cammino difficile quello che ci ha condotto fino a qui e spesso la tentazione di mollare tutto, una stagione nefasta dopo l’altra, è stata davvero forte. Abbiamo resistito, in un clima che a definire ostile si sbaglia per difetto, grazie ad una passione incrollabile. Ora, noi, popolo del rugby azzurro, ci godiamo la nostra rivincita. Che emozione.

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