Il menù di Natale del carcerato di Opera: tutto pesce, cuciniamo noi

Il racconto delle feste dietro le sbarre di Claudio

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“Quest’anno nella mia sezione c’e’ un menu a base di pesce che cuciniamo noi. Tutto rigorosamente congelato ma gustoso. Ci sono anche panettoni e pandori e
stavolta e’ concessa anche la pastiera da casa. Tutti fingiamo
di essere felici ma sogniamo di essere fuori”.

E’ il Natale in carcere raccontato all’AGI da Claudio Lamponi, 45 anni, che da
16 anni sconta la pena all’ergastolo nel carcere di Opera dove sta svolgendo un profondo cammino di rivisitazione del suo passato che l’ha portato anche al Giubileo dei detenuti nei giorni scorsi e a conquistare il tesserino di giornalista
pubblicista scrivendo su Mabul, il giornale dei reclusi nell’istituto lombardo.

“Il carcere e’ un luogo di chiusura, ma arrivano momenti dell’anno in cui il confine tra il mondo interno e quello esterno si fa piu’ sottile e, allo stesso
tempo, piu’ pesante – riflette -. Con l’arrivo del Natale,
l’atmosfera inizia a cambiare: le mura si colorano, regalando al
solito grigio qualche sfumatura di vita grazie a qualche addobbo
improvvisato”. E’ la fantasia la scintilla: “Spuntano i presepi:
alcuni nascono dall’immaginazione dei detenuti, sono composti da
cartoline arrivate da casa; altri, piu’ ingegnosi, sono
realizzati con cartapesta o tappi di bottiglia. Accanto a
questi, nelle sezioni, compaiono i presepi messi a disposizione
dalla direzione. Si fa di tutto per ricreare quel clima di
festa, anche se, a dire il vero, specialmente nell’ultimo
periodo, nei penitenziari italiani ci sarebbe ben poco da
festeggiare”. Il Natale dentro non e’ uguale per tutti, ciascuno
lo declina in base al suo vissuto.

“L’impatto della festa cambia profondamente da persona a persona. C’e’ chi conta i minuti sperando che le feste passino in fretta; chi, con una pena
residua minima, soffre ancora di piu’ per non poter condividere
questi momenti con gli affetti piu’ cari. Altri, invece, che non
hanno la prospettiva di una liberta’ imminente, cercano di
godersi questi giorni in totale spensieratezza tra fornelli e
dolciumi per poi mettersi a dieta dopo l’Epifania. I dolci in
carcere sono una rarita’ ma in questo periodo e’ possibile
mangiarli nelle feste di scambio di auguri organizzate dai vari
laboratori.

Nell’ultima settimana dell’anno, tra la nascita di
Gesu’ e il Capodanno, le sezioni si trasformano in vere e
proprie cucine professionali. Con i soli fornelli da campeggio,
noi detenuti riusciamo a cucinare piatti che, a volte, superano
in qualita’ quelli di molti ristoranti”. Ma il Natale in cella
non e’ solo cibo. Anzi. Claudio Lamponi ne sottolinea
soprattutto l’aspetto spirituale. “Molti di noi attendono la
grande Messa, spesso celebrata da un Vescovo o un Cardinale: una
testimonianza fondamentale della presenza della Chiesa anche nei
luoghi piu’ dimenticati della societa’.

Ricordo un anno in cui un detenuto, alla mezzanotte del 24, suono’ il campanello della
cella per chiedere all’agente di turno se poteva uscire un
istante: voleva solo aggiungere la statuina del Bambin Gesu’ nel
presepe della sezione, accanto a Maria, Giuseppe, il bue e
l’asinello”. Ed e’ anche un momento di lancinante mancanza: “La
sofferenza piu’ acuta resta quella dei colloqui. Vedere i
familiari che sorridono per farti forza, fingendo di essere
felici mentre sai perfettamente quanto manchi a loro, ai figli e
alle mogli, e’ un dolore silenzioso”.

Claudio Lamponi guarda con speranza al 2026. Scrive con passione su Mabul, partecipa alle attivita’ del carcere: “Vivo scavando nei miei errori con la
speranza, un giorno, di uscire dal tunnel”. Lo aspettano,
nell’anno che viene, un lavoro all’esterno e altre opportunita’,
una promessa di vita nuova: l’essenza del Natale.

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