Per la verità sono loro a farci visita oggi all’Olimpico. Abbiamo infatti il privilegio di sfidare a casa nostra i più bravi di tutti, gli irlandesi, compagine in questo momento senza rivali al mondo, emisfero sud incluso.
Che potrebbe significare un disastro nella disciplina che più meritocratica non si può ma, proprio perché di rugby si tratta, invece sarà una festa.
Intanto c’è da ascoltare l’Irleland’s call, l’inno che riunisce le quattro province irlandesi e che abbraccia idealmente tutta l’isola, dalla Repubblica all’estremo Nord. Lo sport che trionfa dove la cattiveria umana non ha saputo trovare soluzioni; momento toccante, semmai ce ne fosse uno, che ci ricorda – parafrasando Woody Allen – che il rugby è attività ludica da bestie giocata da uomini.
Poi, verosimilmente, ci sarà la marea verde a disegnare rugby d’autore con il colore dei prati delle campagne di Cork e ne saremo travolti. Tuttavia, se animati dal giusto piglio, di rimando saremo quegli alunni che fanno di una solo apparentemente incomprensibile lezione universitaria l’occasione per uscire dall’aula più preparati. Perché altre e più abbordabili sfide ci attendono all’orizzonte e abbiamo il dovere di farci trovare alla chiamata nella nostra miglior versione possibile. Un pomeriggio pedagogico, insomma.
Non ci sarà, purtroppo, Johnny Sexton, un mito vivente. La cui mancanza è pari alla visita del Louvre dopo che hanno rubato la Gioconda. Una noia fisica, un campione che fa i conti con il tempo che passa senza curarsi del suo blasone e un fisico da preservare. Peccato, vederlo da vicino è sempre uno sfacciato colpo di fortuna.
In compenso, riabbracciamo Garbisi che torna a prendersi il suo posto in mediana. Chi l’ha sostituito negli ultimi mesi lo ha fatto con grande dignità ma ciò non toglie che Paolino ci è proprio mancato. Menoncello al centro, Ferrari in prima e Bruno all’ala, sono le altre condivisibili novità proposte da Crowley rispetto alle due precedenti uscite di questo Sei Nazioni 2023. Il resto è il gruppo che ha dimostrato di aver compiuto un deciso salto di qualità e del quale, ora sì, possiamo fidarci a occhi chiusi.
Non siamo qui a vedere tappeti e, score alla mano, finirà male, forse molto male, perché l’Irlanda ci rispetta e cercherà di infliggere il passivo più severo possibile come impone un regolamento non scritto di un gioco meraviglioso. Noi, però, paura non ne abbiamo e non vediamo l’ora di sporcarci le maglie provando a complicare i piani distruttivi degli avversari. Poi, comunque vada, le birre per il terzo tempo ce le mettiamo noi.
Buon rugby a tutti.
Teo Parini