Non dobbiamo dimenticarla la storia di Mino Cavallotti ‘da’ Carpenzago, e di quel Mondo Piccolo- di Fabrizio Provera

Borghi, saghe, persone. Storie.

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“…Ecco il paese, ecco il piccolo mondo di un mondo piccolo piantato in qualche parte dell’Italia del Nord, là in quella fetta di terra grassa e piatta che sta tra il fiume e il monte, tra il Po e l’Appennino. Nebbia densa e gelata l’opprime d’inverno, d’estate un sole spietato picchia martellate furibonde sui cervelli della gente e qui tutto si esaspera, qui le passioni politiche esplodono violente e la lotta è dura, ma gli uomini rimangono sempre uomini e qui accadono cose che non possono accadere da nessun’altra parte….”.

Gli uomini rimangono sempre uomini. E potremmo finirla qui. Ma finirla no, non si può. Nei giorni in cui Mino Cavallotti consegnava la sua anima a Dio ponendo fine alla sua esistenza terrena, cominciava per chi scrive un umano e cristiano calvario che non mi ha consentito né di partecipare alle esequie né di fare quello che meglio so fare per non dimenticare, tenere vivo, cristallizzare una vita a suo modo paradigmatica, esemplare.

Mino Cavallotti da Carpenzago ha passato decenni di vita piena, intensa, rutilante, fatta di duro lavoro e intrapresa strapaesana (si fa, si produce, non si chiede allo Stato o ad altri) in un fazzoletto di case aggrumate a ridosso di uno dei punti più iconici di cui la vallata del Ticino è costellata. Incantevole lo scenario, inconfonbile il paesaggio agricolo fatto di cascine, marcite, mulini, campi che s’aprono magicamente verso il cielo. Piace, Carpenzago. Da tanti anni, ben prima che ci venissero a vivere i campionissimi Gianni Bugno e Clarence Seedorf. Non se ne avranno a male architetti e costruttori delle loro magioni se noi esprimiamo una romantica, reazionaria preferenza per le case che persone come Mino Cavallotti costruirono tanti anni fa, ormai. Varrà la pena prima o poi di ricordare l’opera insigne di un visionario come Romano Airaghi (sua la casa in mattoni che ancora oggi fa bellissima mostra di sè nella frazione robecchese, ma ovviamente non solo).

Mino Cavallotti volle per sua moglie Teresa e i figli Rita e Lele una grande, bella, iconica casa, inserita in quel paesaggio che da solo rinfranca dalle amarezze che quotidianamente la vita dispensa. Ma non basta. Vita di paese, vita di comunità, e allora se manca una piccola chiesetta- chè la Fede è segno connotante, religioso e civile, delle nostre terre- Mino Cavallotti ed altri aiutano a realizzarla. Rimane, ed attorno ad essa la scorsa estate sono passate più di mille persone. E’ la chiesetta di sant’Anna.

Mino Cavallotti ed una fede religiosa vissuta in modo non convenzionale, ma profondo e organico, dalla moglie Teresa e dalla figlia Rita. Mino Cavallotti che apparteveva a quella borghesia nata dopo il boom degli anni Sessanta capace di possedere il denaro, e non di esserne posseduta.

Poi è venuta la parentesi di Vigevano, poi gli ultimi anni, la necessità di essere accuditi. Ma niente e nessuno può aver scalfito quella rutilante pienezza di vita.

Ci resta da parlare di suo figlio Lele, del mio Lele. Beh è impossibile. Dobbiamo, devo rimandare a uno dei tanti scampoli della sua vita , così ve ne farete un’idea: https://ticinonotizie.it/je-suis-venturi-adieu-massimo/

Per tutto il resto, coi suoi eccessi, i furori, gli errori difesi con un candore ed un’ostinatezza sbaraglianti, il nostro Lele resta uno incantato dei prati suadenti di Carpenzago e delle sue utopie.

Lele Cavallotti figlio (e degno erede) di Mino, capace di trasformare un funerale in una torcida di samba. Con le Marlboro sotto la camicia. E la nostra Carla Colombo, e padre Carlo Valsecchi…

Mille vite, mille vie, mille strade, mille persone, i sorrisi e le lacrime.. ma il segno, indelebile, è quello del Mondo Piccolo. A cui, almeno una volta al giorno, noi che ci viviamo dovremmo volgere lo sguardo in modo meno disattento. E più pieno. Come faceva, ne siamo certi, Mino Cavallotti da Carpenzago.

Fabrizio Provera

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