Ricorsi e ricordi storici. L’ultima volta che l’Italia ha portato due tennisti nelle semifinali del Roland Garros fu il 1960. En passant, l’anno di nascita di uno che il gioco finirà per dominarlo, introducendo la specializzazione più spinta, Ivan Lendl.
Il tennis di quei giorni era tutta un’altra cosa, con il professionismo ancora da venire, avverrà otto anni più tardi la nascita dell’Era Open, gli attrezzi rigorosamente ricavati da tronchi e una diffusione sul pianeta piuttosto contenuta. Tuttavia, vincere non era facile nemmeno all’epoca e la coppia formata da Pietrangeli e Sirola scrisse in Bois de Boulogne una pagina azzurra importante, con il primo che sconfiggendo Ayala, già giustiziere del secondo, si aggiudicò il secondo Slam parigino. Sessantacinque anni più tardi la storia si ripete.
In piena golden age del tennis italiano – è notizia di ieri la vittoria nel torneo di doppio misto della coppia Errani/Vavassori con Sara pure in semifinale tra le donne insieme a Paolini – nella parte alta del tabellone, quella per regolamento presidiata dal numero uno del seeding, Jannik Sinner affronterà Novak Djokovic per un posto in finale mentre nella parte bassa sarà Lorenzo Musetti a sfidare il campione uscente Carlos Alcaraz. Con la possibilità di un derby nell’atto conclusivo di un Major come non succede dal 2015 quando, a New York, Flavia Pennetta sconfiggendo Roberta Vinci fece suo il titolo degli US Open. L’anno della lezione di tennis a reti unificate impartita da Vinci a Serena Williams lanciata verso la conquista del Grande Slam.
Capitolo Sinner. Dal rientro dalla squalifica per l’affare doping, Jannik ha distrutto malamente chiunqe gli si sia presentato davanti, tra punteggi severi e la sensazione di fare un altro sport. Fatta eccezione per Alcaraz che a Roma qualche settimana fa lo ha battuto, alimentando un filotto di successi dell’iberico negli head-to-head abbastanza lungo. A provare a sbarrare la marcia trionfale di Sinner sarà l’eterno Djokovic che, con trentotto primavere sulle spalle, disputerà la semifinale Slam numero cinquantuno e non serve aggiungere altro. Che non sia il giocatore invincibile del 2011 è cosa abbastanza ovvia ma il livello del serbo, che ha la possibilità di concentrarsi e preparare unicamente i tornei più importanti centellinando le energie, è comunque alto. Sufficiente, per esempio, per rimandare a settembre il solito sciagurato Zverev, che un cuor di leone non lo sarà mai ma sulla terra di Parigi trova sempre il modo di fare strada. Jannik è sicuramente favorito, favoritissimo per i bookmakers, ma fidarsi della parabola discendente di Djokovic, la cui furbizia nell’incanalare i match sui binari a lui più congeniali è proverbiale, può essere un suicidio. Lo sa bene Alcaraz che di recente s’è fatto sfilare dalle mani, su questi stessi campi, il torneo olimpico. Da attendersi un Novak camaleontico, conscio di non poter seguire oggi il ritmo infernale imposto allo scambio dall’azzurro ma con qualche strategia alternativa per le mani. Del resto, sono anni che il serbo arriva con la testa dove le gambe faticano a primeggiare. Sinner, nonostante sia bancato dai professionisti delle quote a uno e venti, ha l’intelligenza di sapere che la partita dovrà andarsela a prendere senza attendere regali che non ci saranno. E se nel 2025 quel che ha reso eterno uno come il serbo Jannik lo fa meglio, il tennis insegna che l’equilibrio di un match corre sempre su un filo sottile. Vincerà l’azzurro ma scordando i bagel in serie che l’hanno portato fin qui.
Capitolo Musetti. Una premessa è d’obbligo: non esiste in questo momento una combo più ricca di talento come quella che vede fronteggiarsi Lorenzo e Carlitos. Così tanto talento che preoccuparsi della conta dei quindici come se fosse un match normale è blasfemia nei confronti degli dèi del gioco che hanno scolpito in questi due ragazzi i caratteri cromosomici della bellezza. Insomma, se si tratta di giocare bene a tennis, questi due non li avvicina nessuno. Lo spagnolo, che non brilla almeno quanto Sinner in dedizione e solidità mentale finendo per esserne plastica antitesi, è giocatore epocale. Quelli che percorrono traiettorie non replicabili dagli altri. Se è centrato, considerato il livello odierno non propriamente da spellarsi le mani, non perde mai. Ma a rinfrancare le sacrosante ambizioni di Musetti è l’idea che la giornata del suo avversario possa tranquillamente non essere memorabile, in preda agli alti e bassi che lo rendono talvolta assai più umano di quanto non sia. Lorenzo, peraltro, sta disputando una stagione su terra a livelli forse insperati anche per chi, come noi, prova una venerazione per lui. Ha perso solo due partite, entrambe con Alcaraz ma senza sfigurare. A Montecarlo, per esempio, ha disputato, aggiudicandoselo, un primo set da favola, prima di cedere allo spagnolo e ad una noia fisica. Che Musetti sappia giocare a tennis come pochissimi altri sul pianeta è cosa nota da almeno un lustro, ma la sua versione attuale è finalmente completa. Perché il risultato di un lavoro eccezionale è stato quello di mettere a punto una condizione fisica strabiliante e i risultati conseguiti senza soluzione di continuità da marzo in poi sono soprattutto figli di ciò.
Musetti si muove come un ballerino con la resistenza di un maratoneta, condizione necessaria per poi attingere a piene mani e con efficacia al suo ventaglio inesausto di soluzioni balistiche. A ridosso della Top five, un Lorenzo sempre più Magnifico s’è decisamente fatto grande e spesso ci si dimentica che di anni ne ha soltanto ventitré e non tutti possono godere della medesima precocità. Alla seconda semifinale Slam in carriera dopo Wimbledon 2024, per l’azzurro, nonostante la diffidenza degli esperti e una quota alta intorno a sei volte la posta, la possibilità di garantire quest’oggi lo svolgimento di una partita vera, costringendo Alcaraz a ricercare la migliore versione di sé, è più che concreta. Ma, come già detto, è un match che relega il risultato e i suoi assilli alla piazza d’onore, abbondantemente dietro alla sempre auspicabile bellezza quale spot imperituro per il tennis.
Appuntamento, dunque, al primo pomeriggio per l’inizio delle semifinali del tabellone maschile. Tra le donne, invece, domani saranno la numero uno al mondo Aryna Sabalenka e la statunitense Coco Gauff a contendersi il titolo. Si vuole bene ad entrambe e, probabilmente, oggi è il meglio che passa il convento femminile, tuttavia, non essendo qui a vendere tappeti, è inevitabile ricordare come si abbia assistito ad atti finali parigini decisamente più ricchi di appeal. Una finale che la nostra Jas Paolini, senza il suicidio dei tre match point gettati alle ortiche contro una tutt’altro che irresistibile Svitolina, avrebbe potuto serenamente conquistare. Peccato, ma si rifarà.
Buon (Ital)tennis a tutti.