Pietruccio Montalbetti torna in libreria

In libreria "Storia di due amici e dei Dik Dik". Un racconto autobiografico che riporta alla luce gli esordi, l'amicizia profonda con Lucio Battisti e l'epopea dei Dik Dik: la storia di una generazione, scritta da chi l'ha vissuta.

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Cosa succede quando a scrivere è chi ha vissuto in prima persona l’inizio di un’epoca? Succede che il racconto si fa vivido, personale, nostalgico e appassionato. È quello che accade in “Storia di due amici e dei Dik Dik”, il nuovo libro di Pietruccio Montalbetti edito da Minerva (con una prefazione di Marco Buticchi), che è al tempo stesso un’autobiografia, un omaggio all’amico Lucio Battisti, e un percorso musicale e umano attraverso i decenni più travolgenti della musica italiana.

Con uno stile diretto e sincero, Pietruccio – fondatore e storico chitarrista dei Dik Dik – rievoca il tempo delle radio pirata, delle prime chitarre sognate e sudate, delle notti passate a provare nelle sale parrocchiali e dei lunghi viaggi in Cinquecento, con strumenti caricati fino al soffitto, pur di suonare in qualche balera di provincia.

Ma soprattutto, racconta Lucio. Non il mito, non il personaggio riservato che poi tutti avrebbero conosciuto, ma “l’uomo”, l’amico. “Quando sento la parola ‘amicizia’, mi viene in mente solo un nome: Lucio”, scrive l’autore. L’incontro con Battisti, avvenuto quasi per caso in uno studio di registrazione, dà il via a un rapporto profondo e duraturo, fatto di stima reciproca e condivisione. Un rapporto che precede la fama, e che proprio per questo è autentico, schietto, commovente.

“Lui suonava e cantava cose sue, alcune acerbe, altre sorprendenti. Mi chiese un parere e io, forse con un pizzico di benevolenza, gli dissi che erano belle. Ma una mi colpì davvero. Decisi di inciderla nel nostro primo disco. Era Se rimani con me. E fu il primo brano a portare ufficialmente la firma di Lucio Battisti”.

Questa storia è anche quella di una band che ha fatto la storia: i Dik Dik. Dagli inizi sotto il nome “I Dreamers”, alle prime audizioni alla Ricordi, dalle prove con l’amplificatore nel pianerottolo fino ai successi in classifica, il libro attraversa la parabola di un gruppo che ha segnato la colonna sonora di una generazione. “Sognando la California”, “Il vento”, “L’isola di Wight”: canzoni diventate inni, specchi fedeli di un’epoca fatta di ribellione, ideali, amori e viaggi interiori.

“I Dik Dik – scrive Marco Buticchi nella prefazione – hanno accompagnato la mia generazione: ci hanno fatto crescere, innamorare, contestare, sognare. E la meraviglia è che quel vento soffia ancora. Quelle canzoni sono leve invisibili, come direbbe Archimede, capaci di sollevare mondi interiori”.

Montalbetti racconta tutto con lucidità e ironia: i provini andati male, i produttori improbabili, le notti senza un soldo e la voglia incrollabile di “fare un disco”. Le pagine scorrono tra aneddoti gustosi, incontri fortuiti, piccoli grandi miracoli della vita. Come la madre di Pietruccio, che per sostenere il figlio durante le prove diventa una presenza costante nella sala parrocchiale. O come don Angelo, il viceparroco che firma una lettera di raccomandazione alla Ricordi pur di aiutarli a ottenere un provino. Una Milano popolare, viva, solidale, fa da sfondo a queste storie: una città in cui tutto sembrava possibile.

“Storia di due amici e dei Dik Dik” è un libro per nostalgici, una dichiarazione d’amore alla musica, all’amicizia, alla giovinezza vissuta intensamente. E anche un promemoria che, dietro ogni grande canzone, ogni mito, ci sono incontri fortuiti, passioni feroci, prove ed errori, e soprattutto persone.

“Lucio era timido, profondo, ossessionato dalla musica – ricorda Montalbetti -. In quella prima giornata passata insieme mi raccontò di suo nonno, che gli aveva costruito il primo flauto con le sue mani. Poi si addormentò, come fanno i bambini piccoli. Era un’anima bella. Non potevi non volergli bene”.

Un libro che emoziona, diverte, commuove. E che lascia in chi legge il desiderio di tornare a quei giorni in cui tutto era da costruire. Pietruccio Montalbetti ci consegna non solo un pezzo di storia della musica italiana, ma anche – e soprattutto – un pezzo della sua vita. E, per estensione, della nostra.

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