Penne vodka e caviale, filetto alla Voronoff, champagne: la Magenta da Bere allo Shilling del grande Pino Donatiello

Lo Shilling, dal 1976, e l'Antony Cocktail Bar dal 1981

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“Avete fatto bene a ricordare l’ Antony bar e il grande Giuseppe Pino Donatiello: aggiungo che il grande Pino negli anni 80’ aveva aperto anche il famoso “Shilling” in piazza Liberazione, un locale precursore del “Room”, dove anche a notte inoltrata, oltre a bere ottimi cocktail e distillati di livello, si potevano degustare le allora modaiole pennette vodka e caviale piuttosto che un filettino alla Voronoff cucinato alla lampada, con un servizio impeccabile e con quella eleganza che lo ha sempre contraddistinto”.

E ha fatto benissimo Silvio Barenghi a ricodarci ulteriormente, a darci uno spaccato di una Magenta che fu, e non c’è più, scintillante e rutilante. Nei servizi dedicati al Room di Giovanni Filippini e Giulia Galeotti abbiamo infatti omesso l’anno di apertura dello Shilling in piazza: pensare che nel 1976 in città ci fosse un posto dove sorseggiare champagne oppure ottimi cocktail, pennette alla vodka e il leggendario filetto alla Voronof… fa pensare a quanto fosse avanti Giuseppe Pino Donatiello, che fu aniama e creatore prima dello Shilling e poi dell’Antony, come ci ha ricordato lui stesso in una mail al nostro giornale.

“Confermo che il mio primo locale di Magenta è nato nel 1976; era lo Shilling American Bar, locale storico ed elegante, con Barman AIBES e IBA.Il primo vero locale del genere in città; poi nel 1981 nacque il Famoso Antony Cocktail Bar e piano bar.Pino. Siamo stati veri protagonisti per 20 anni”.

Il filetto alla Voronoff è un secondo piatto goloso e nutriente, insaporito con un delizioso condimento a base di panna, senape e salsa worcerstershire. Questa ricetta vanta una storia a dir poco curiosa e accattivante che non lascerà indifferenti gli appassionati di gastronomia! Pare infatti, che questo filetto di manzo sfumato al cognac venne ideato dal noto medico Serge Voronoff, vissuto tra il 1866 e il 1955.

Piatto simbolo degli anni Ottanta, le pennette alla vodka (con caviale oppure salmone) erano un must sia dopo una serata a Milano Marittima che nelle occasioni speciali per sorprendere gli ospiti. Con il passare del tempo, complice anche la demonizzazione della panna in cucina, le penne alla vodka hanno perso il proprio fascino, rimanendo nei ricordi d’infanzia di chi ora ha qualche capello grigio.

Negli anni Ottanta, il termine “Milano da bere” divenne un simbolo iconico che racchiudeva lo spirito di un’intera epoca in Italia. L’espressione nacque nel 1985 come slogan pubblicitario per il liquore Amaro Ramazzotti, ma presto si diffuse ben oltre i confini del marketing, diventando un modo per descrivere un periodo storico e culturale caratterizzato da ottimismo, modernità e consumismo.

Insomma, grazie a Pino Donatiello e allo Shilling (dove andava il jet set dell’allora Magenta, dal sindaco Psi Alfredo Cattaneo a tanti altri) ci fu, oltre a Milano, anche una Magenta da bere. Dopo gli anni di piombo e la crisi economica degli anni Settanta, il Paese stava vivendo un periodo di ripresa economica e di stabilità politica. Milano, in particolare, si affermava come il cuore pulsante di questa rinascita. La città si trasformò in un centro internazionale di affari, moda, design e cultura. Era il periodo delle grandi firme italiane che conquistavano il mondo, dei locali notturni esclusivi, delle sfilate di moda che dettavano tendenza.

Milano divenne il simbolo di una società che guardava al futuro con ambizione, pronta a godersi i frutti di un benessere economico mai visto prima. La “Milano da bere” evocava un’idea di città cosmopolita, dove l’aperitivo, la vita mondana e le relazioni sociali si mescolavano con il business e l’innovazione.

Il concetto di “Milano da bere” si legava anche a una certa leggerezza e spensieratezza, tipiche di quegli anni. Era un’epoca in cui il piacere personale e la ricerca dell’estetica avevano un ruolo centrale. Gli spot pubblicitari dell’epoca rappresentavano Milano come una città elegante, dinamica e sofisticata, dove la vita sembrava scorrere tra eventi esclusivi, incontri nei bar di tendenza e successi professionali.

Oggi, “Milano da bere” continua a essere una formula evocativa, usata per descrivere quel periodo irripetibile della storia italiana. Sebbene le connotazioni siano ambivalenti, rimane un richiamo potente a un’Italia che si reinventava, aspirando a un ruolo da protagonista sulla scena internazionale. In definitiva, “Milano da bere” rappresenta molto più di uno slogan pubblicitario: è un simbolo di un’epoca che ha segnato profondamente l’immaginario collettivo, tra luci abbaglianti e ricordi struggenti.

Ed ora, dopp aver reso omaggio al Room e alla storia che ha certamente rappresentato, non potevamo esimerci dal rendere il giusto tributo a un Maestro del Bancone come Pino Donatiello. Ora e sempre.

Fab. Pro.

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