Magenta, Ponte Vecchio. Catia Acri, una ragazza andata via- di Emanuele Torreggiani

Semplicemente, profondamente una vita. Di quelle che non scrive nessuno. Lavoro, casa, lavoro

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Ed era una ragazza. Una bella ragazza che veniva avanti lungo il suo andare annunciata dal sorriso. Il suo sorriso illustrava il candore della bontà. Era buona. E lo fu anche quando la vita le si mostrò con ferocia. Era buona per davvero. La conobbi e la vidi per tre anni, fu la tata di mia figlia. E quando stamane il carissimo Cristiano mi informa della morte, inviandomi la foto della pubblicazione funebre, mi scuote l’incredulità del rifiuto. Ma è così. Immediatamente, la memoria si dispone a palcoscenico e mi vedo, sono trascorsi sedici o diciassette anni, rincasare in un pomeriggio d’ottobre ad ora insolita.

Lascio il mezzo lungo la strada e in giardino, dirimpetto la finestra del salotto, commisurando la potatura di un alto pino austriaco, sento un gorgolio di risa, un ridere a cascata, un ridere a ruscello. Il ridere della felicità. Guardando in casa le vedo, sono sedute sul tappeto e stanno spadellando da una cucina giocattolo. E ridono, ridono sino alle lacrime e si abbracciano. Non sono entrato in casa, le ho lasciate lì cristallizzate in quella felicità che mi aveva sfiorato, e ora, mentre scrivo questa nota, mi tocca. L’ala della felicità che questa ragazza sapeva condividere con una bimba di due o tre anni. Non è cosa da poco. Al contrario, era, è, la sua verità, la sua natura umana profonda, autentica. La bontà che si vedeva, si sentiva, si toccava in quell’abbraccio. No. Non è stata la sua una vita pubblica o una vita politica. Semplicemente una vita.

Semplicemente, profondamente una vita. Di quelle che non scrive nessuno. Lavoro, casa, lavoro. Una vita comune, di quelle che non fanno scalpore, discussioni, polemiche. La vita di una ragazza buona. Semplicemente buona. Di quella bontà che fa vero il mondo, che fa bella la vita, che fa grande l’umanità. E la sua morte addolora profondamente. Procura una ferita. La ferita che mostra Gesù Cristo agli apostoli, in quell’orrendo costato di carne viva. Ed è già risorta. Cristo risorge e tutti noi si risorge. Si chiamava Catia Acri. Aveva sessantuno anni. Accolgano i suoi familiari tutti l’espressione del mio cordoglio.

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