Speciale USA: il ‘Big Tuesday’ raccontato da Max Colombo, direttamente dal Texas

Le elezioni del "Big Tuesday", a differenza di quelle di "Mid Term", tra due anni, cioè a metà del mandato presidenziale, valgono doppio

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Ed eccoci al “Gran giorno”, ovvero il “Big Tuesday”.

Oggi – non dimentichiamo – negli Stati Uniti si eleggerà non solo il presidente, ma saranno rinnovati completamente la Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato. Quindi le elezioni del “Big Tuesday”, a differenza di quelle di “Mid Term”, tra due anni, cioè a metà del mandato presidenziale, valgono doppio: un fattore fondamentale, perchè il nuovo presidente eletto dovrà lavorare con il nuovo Congresso, e non è detto che la maggioranza politica sia dalla sua parte. Anzi, spesso succede il contrario, proprio per le caratteristiche del sistema elettorale e per la stessa mentalità degli americani, che hanno ben radicata in sé l’esigenza di bilanciare i poteri dello Stato.

Sto girando il Texas: uno Stato grande oltre due volte l’Italia (il piú grande degli USA, Alaska a parte), con appena 30 milioni di abitanti. Questa é un’America diversa da quella cui siamo abituati noi italiani. Siamo nel profondo Sud e il Texas é molto lontano, non solo geograficamente, dalla mentalità degli “Stati vetrina”, come New York, Massachusetts o la California.

Qui si bada al sodo, senza lustrini e riflettori. Pieno di contraddizioni anche sociali, come del resto tutta l’America, il Texas ha conservato e conserva gelosamente la sua natura pionieristica e individualistica, di stampo profondamente religioso e calvinista. Qui le smancerie di Hollywood, i “fighetti” di Boston e i miliardari alla Bezos, Gates e Zuckerberg non sono certo i modelli da seguire. E non é un caso che il Texas stia attirando molti americani dalla California (dove la vita é costosissima), che decidono di venire a stare qui: semplici cittadini della classe media che si trasferiscono, armi e bagagli, dalla sera alla mattina. Ma sta attirando anche immensi capitali, che lasciano San Francisco per approdare qui, dove non solo le condizioni economico/finanziarie sono più favorevoli, ma l’amministrazione é più libera dalla burocrazia. Quella burocrazia contro la quale si é sempre opposto il candidato (e già presidente) Donald Trump e che invece vede il suo campione in Kamala Harris, che di questa burocrazia ossessiva é la rappresentante piú classica.

Scrivo questo perché, proprio sul confronto tra il liberale Trump – seguace della teoria di Ronald Reagan, grande presidente degli anni Ottanta, per il quale “il governo che governa meglio é quello che governa meno” e determinato oppositore della “Big Swamp”, la “grande palude” politica di Washington – e la californiana Kamala Harris, icona di questo tipo di America, centralista e illiberale, si decideranno il futuro presidente e il futuro dell’America.

Max Colombo

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