La resistenza del popolo ucraino interessa poco alla gente

“Ucraini arrendetevi, non disturbate il nostro benessere”, sembra essere il giro mentale ricorrente. Il caso dei 20 mila (*numero per difetto) bambini rapiti dai russi che non hanno trovato una giusta eco mediatica nel nostro Paese

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Non c’è niente da fare la resistenza del popolo ucraino aggredito dai russi, interessa poco, non fa audience. Lo rileva in un editoriale Marco Invernizzi, responsabile nazionale di Alleanza Cattolica (Perché non interessa il popolo ucraino? 1.12.25, alleanzacattolica.org).

Invernizzi inizia la sua riflessione dal 25 marzo del mese successivo all’invasione russa dell’Ucraina, quel giorno Papa Francesco consacrava Russia e Ucraina al Cuore immacolato di Maria, chiedendo la fine della guerra.

“L’iniziativa pontificia era importante, – scrive Invernizzi – nello spirito del messaggio di Fatima, che nel 1917 aveva annunciato la diffusione del comunismo, la persecuzione della Chiesa, la conversione della Russia e richiesto la consacrazione della Russia e del mondo, la conversione degli uomini, affinché potesse venire un tempo di pace”. Il Messaggio di Fatima fa capire che si apre per il mondo un tempo di grande sofferenza, “che non si è concluso nel 1989, con l’abbattimento del Muro di Berlino e con la fine dell’Unione sovietica due anni dopo, nel 1991. Nel mondo, infatti, continua una lotta fra la Chiesa e i diversi nemici dell’uomo, fra chi vuole la pace e la giustizia e chi vuole il proprio potere”.

Dopo la fine della Guerra fredda, era difficile distinguere il bene dal male, la giustizia dalla volontà di sopraffazione. E tuttavia, l’equidistanza di fronte a una guerra come quella segnata dall’invasione russa del 2022, dove era fin dall’inizio evidente che vi era un aggressore e un aggredito, sembrava un tradimento vero e proprio nei confronti di chi aveva subito l’aggressione.

Alleanza Cattolica comprese l’importanza di quanto stava accadendo e alla luce del messaggio di Fatima, prendeva chiaramente posizione a sostegno del popolo ucraino. Da allora sono trascorsi quasi quattro anni, la guerra è costata, sembra, un milione di morti all’esercito aggressore e centinaia di migliaia di soldati ucraini, la cui eroica resistenza non è tuttavia bastata a salvare i tanti civili uccisi dai bombardamenti russi che ogni notte colpiscono case, ospedali, infrastrutture, lasciando al gelo e al buio milioni di persone.

L’Ucraina ha resistito e ha respinto l’invasione. La Federazione Russa pensava in una facile conquista del territorio almeno fino alla capitale, ma ha dovuto ricredersi di fronte alla resistenza popolare e dell’esercito.

Come mai non è apprezzata la resistenza degli ucraini? In tanti, non hanno capito la posta in gioco. Alcuni pensano che l’Ucraina sia stata invasa perché voleva sottrarsi all’influenza di Mosca ed entrare nell’Unione Europea. Altri pensano che sarebbe stato meglio se gli ucraini avessero ceduto, o che comunque dovrebbero arrendersi, che la Russia è stata provocata, che la Nato non va bene perché difende gli interessi americani, che il riarmo europeo di fronte alla minaccia russa è contrario al bene comune, quasi che le spese per la Difesa non dovessero riguardare il bilancio del proprio Stato. Altri pensano che sia moralmente sbagliato aiutare gli ucraini perché questo diminuisce il nostro benessere. “Ucraini arrendetevi, non disturbate il nostro benessere”, sembra essere il giro mentale ricorrente.

Come mai avviene tutto questo? Secondo Invernizzi il motivo è perché ormai la guerra ha assunto le caratteristiche di una “guerra ibrida, basata sulla disinformazione, sulla demoralizzazione del nemico, come ha spiegato molto opportunamente il ministro della Difesa italiana Guido Crosetto in un non paper, cioè un documento che spiega che cosa significhi essere nel mezzo di una guerra ibrida”.

Questa nostra indifferenza verso il popolo ucraino emerge dalla mancanza di manifestazioni, petizioni, campagne pubbliche a suo sostegno, nonostante il governo italiano abbia preso posizione con fermezza e trasparenza a favore del popolo aggredito. Peraltro, ci sono incertezze e mancanza di determinazione anche tra le stesse forze politiche di governo, che non comprendono la gravità del momento storico, o addirittura hanno posizioni filo-russe.

“L’esempio più eclatante riguarda il caso dei ventimila bambini rapiti dai russi nelle zone dell’Ucraina occupate in questi quattro anni. La stampa ha una grande responsabilità, perché dedica paginate sulla “famiglia nel bosco”, suscitando un dibattito prima ancora di conoscerne i termini, mentre poco o nulla emerge su un fatto così grave e terribile come il rapimento dalle rispettive famiglie di migliaia di bambini che vengono rieducati in Russia, un fatto per il quale si sono mossi il Papa e il presidente dei vescovi italiani, card. Zuppi, ma che non turba più di tanto gli italiani in generale”.

Che cosa possiamo fare noi? Innanzitutto, prendere atto che la guerra c’è già, anche se non quella drammatica che si sta combattendo in Donbass, ma quella ibrida, fatta di propaganda, di informazione, nella quale tutti sono coinvolti e protagonisti, anche ciascuno di noi. Non è giusto chiamarsi fuori, non interessarsi, non prendere posizione.

Semplicemente, non è umano e tantomeno cristiano questo atteggiamento di ipocrita neutralità, che usa la pace contro la giustizia e la verità.

La Chiesa, come disse nel 2003 l’arcivescovo Renato Martino, rappresentante della Santa Sede all’ONU, «non è pacifista ma pacificatrice», cioè, vuole e cerca la pace, ma non rinuncia a dire la verità, perché soltanto la verità può portare alla pace. E la verità è che «attaccare le strutture civili in Ucraina è un oltraggio a Dio», come ha detto il cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, nell’omelia del 20 novembre ricordando le vittime dell’Holodomor, il massacro dei contadini ucraini perpetrato dai sovietici negli Anni Trenta del secolo scorso.

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