RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – “Egregio Direttore, Sono cinque anni che mia madre non c’è più. Era nata nel 1942: avrebbe oggi 83 anni, un’età che dovrebbe essere dedicata alla pensione e al riposo. Una donna cresciuta in un tempo in cui la pensione arrivava in età giusta, soprattutto per gli statali. Mio padre, invece, ha lasciato la terra a 80 anni, ripetendo sempre: “fin che strusuuuuu i oeeee”, cioè finché si riesce a trascinarsi.
Il lavoro pesante non si può fare fino a 84 anni. Eppure in Italia sembra che il simbolo del potere debba restare anche oltre la morte. “Largo ai giovani” è una frase che non ho mai capito: è davvero un invito sincero o una battuta per prenderli in giro? Perché i giovani arrivano, ma i vecchi parrucconi non mollano mai.
Nessuno ha il coraggio di accompagnare al giusto riposo i “mostri sacri” della politica. Sacri? Forse più dinosauri. Le vecchie riunioni politiche erano dominate da matusa che volevano far pesare la propria voce. Oggi la riconferma non è più eccezionale, ma diventa routine. Una parte non ha la forza di cambiare, l’altra aspetta solo di fare casino.
Così la democrazia rischia di diventare stallo. E allora si evocano dittatura, fascismo, complotti. In Italia i complotti sono sempre esistiti, ma la malafede sembra aumentare. Forse sarebbe il caso di cambiare una volta per tutte una Costituzione vecchia e immobile, scritta da uomini che defecavano come noi, ma in un momento storico diverso.
Alla fine, “largo ai giovani” resta uno slogan vuoto. I giovani servono solo per fare rumore, o al massimo per ricevere un contentino se sono parenti o amici. E intanto il Paese dei “senza palle” continua a trascinarsi, senza mai avere il coraggio di rinnovarsi davvero”.
Massimo Moletti




















