Un sovrano che prende posizione
In un’epoca in cui la politica europea sembra muoversi verso una sempre maggiore liberalizzazione dell’aborto, il Principe Alberto II di Monaco ha scelto di andare controcorrente. Con un gesto definito da molti “veramente regale”, ha posto il veto alla legge approvata dal Consiglio Nazionale che avrebbe introdotto la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza fino a 12 settimane, estendendo il termine a 16 settimane in caso di stupro e abbassando da 18 a 15 anni l’età del consenso parentale.
Il sovrano ha dichiarato di comprendere la sensibilità del tema, ma ha ribadito che “il quadro attuale rispetta ciò che siamo, in considerazione del ruolo che la religione cattolica occupa nel nostro Paese, garantendo al contempo un accompagnamento sicuro e più umano”.
La normativa vigente
Il veto del Principe blocca la nuova legge e lascia invariata la normativa attuale, che consente l’aborto solo in tre circostanze:
Stupro
Grave pericolo per la vita della madre
Malformazione del feto
In ogni altra situazione, l’interruzione di gravidanza rimane vietata.
La cornice costituzionale e religiosa
La Costituzione del Principato di Monaco riconosce la religione cattolica come religione di Stato. Questo elemento non è un semplice riferimento culturale, ma incide direttamente sulla visione antropologica e giuridica che ispira il legislatore.
La posizione del Principe Alberto II si inserisce in continuità con l’insegnamento della Chiesa cattolica, che ribadisce con forza l’illiceità morale dell’aborto diretto.
L’enciclica Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II lo definisce come “l’uccisione deliberata e diretta di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita”.
Un gesto che richiama la storia
Il veto di Alberto II ricorda quello del Re Baldovino del Belgio, che nel 1990 rifiutò di firmare la legge sull’aborto nel suo Paese. In entrambi i casi, non si tratta di un atto ideologico, ma di una scelta di coerenza antropologica e giuridica: la consapevolezza che la civiltà si misura dalla capacità di proteggere chi non ha voce.
Significato politico e culturale
In un’Europa dove l’aborto viene sempre più considerato una soluzione ordinaria, la decisione del Principe introduce un interrogativo scomodo: una società può dirsi giusta se priva di protezione proprio chi non può difendersi?
Il gesto del sovrano non è un residuo confessionale, ma un’affermazione di visione politica. La tutela della vita nascente diventa così un elemento di civiltà, un segnale che la democrazia non può ridursi a un mero calcolo utilitarista, ma deve fondarsi sul rispetto della dignità umana.
La dimensione personale e familiare
Alberto II appartiene a una dinastia legata da secoli alla fede cattolica. Sua madre, Grace Kelly, è ricordata non solo come icona del cinema ma anche come principessa devota. Negli ultimi anni si è persino parlato di un possibile processo di beatificazione, segno della profondità spirituale che ha caratterizzato la sua vita.
In conclusione il veto del Principe Alberto II di Monaco non è solo un atto politico, ma un segnale culturale forte. Ribadisce che la civiltà si misura dalla capacità di proteggere i più vulnerabili e che la vita nascente non è un bene negoziabile. In un tempo in cui la pressione culturale tende a ridurre l’aborto a questione di emancipazione femminile o di libertà individuale, Monaco ricorda che si tratta invece di un giudizio sulla dignità della vita che sta per nascere.




















