Magenta. “Ciao Giuseppe, hai combattuto come un leone”

La Città questo pomeriggio si è fermata per rendere omaggio a Giuseppe Cantoni.

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“Hai combattuto con il coraggio di un leone”. La voce tremante, rotta dal dolore, ma che va avanti nel ricordare Giuseppe. Su quanto è stato fatto insieme, su quello che avrebbe potuto essere e non è stato, ma nella convinzione d’incontrarsi di nuovo e di riprendere quella vita insieme che la malattia ha spezzato in modo così rovinoso.

E’ la moglie Maddalena l’ultima a prendere la parola al termine della funzione religiosa. Seppur provata, legge fino in fondo quel biglietto che custodisce gelosamente tra le sue mani e che assomiglia ad un testamento di quello che è stato Giuseppe Cantoni per tutti coloro che hanno avuto il piacere e la fortuna di condividere un tratto di vita insieme o anche semplicemente, un incontro o un’esperienza di lavoro.

Perchè il garbo, il sorriso, l’empatia e la capacità d’ascolto, erano doti che Giuseppe dispensava per tutti. Ad un certo punto la sua compagna di vita l’ha definito come un uomo d’altri tempi. E’ vero perché quelle buone maniere che Giuseppe sapeva usare con grande naturalezza non erano nulla di così scontato. Lui era fatto così. Non era finzione, in questo era molto genuino.

E che Giuseppe non fosse ‘un personaggio di plastica’ si è visto questo pomeriggio nella Basilica di San Martino. Pienissima. Tanti conoscenti, amici, persone che Giuseppe aveva conosciuto per motivi professionali o per il suo impegno in politica e nel sociale – ricordato anche nell’omelia di don Federico – ma anche tanti giovani, molti ragazzi. Che erano lì per testimoniare un segno di vicinanza e solidarietà alle figlie di Giuseppe (Eleonora, Alice e Giulia) ma anche ai suoi collaboratori.

Perché Giuseppe credeva molto nei giovani e nelle sue agenzie immobiliari, che aveva creato e portato avanti insieme ad Andrea Pellegatta, c’era tanto spazio per chi voleva crescere in questa professione.

Molti di questi avevano gli occhi lucidi, per una persona che prima che un ‘capo’ era un amico più grande che poteva dispensare consigli preziosi.

Tanti i ringraziamenti da parte della moglie Maddalena per chi non li ha mai abbandonati in questi mesi terribili. Quelli della malattia, dello smarrimento più totale, che Giuseppe ha cercato di affrontare sempre a testa alta e con dignità. Gli angeli custodi dell’Hospice, la dottoressa Laura Garavaglia, i familiari, Andrea e tutti quelli che hanno cercato di dare forza e coraggio. Perché sapere morire non è una cosa affatto semplice.

Don Federico per la funzione ha scelto due passi di Giovanni. Uno di questi in particolar modo in cui si faceva riferimento a Tommaso che con le sue debolezze e i suoi dubbi tremendamente umani, apre uno squarcio sul mistero della vita. Già, perché andarsene così nel fiore degli anni? La domanda lecita più che mai, è lì chiara e semplice. La risposta… per chi ha fede ha provato a darla il parroco. Usando le parole di Gesù ‘Vado a prepararvi il posto nella casa…’.

Un modo per dare speranza e conforto a chi resta e si chiederà ogni giorno della sua esistenza perché gli è toccata questa sciagura. Resta impressa, quasi plastica, l’immagine dell’attestato d’affetto. In tanti, tantissimi hanno voluto bene a Giuseppe. Sono rimasti lì per diversi minuti sul sagrato della Basilica, anche quando il carro funebre era partito, destinazione cimitero di strada Pontevecchio, quasi che non volessero accettare l’amara realtà.

Un abbraccio senza fine. E questo è un dato di fatto più che mai concreto e che, probabilmente, vale più di tante parole.

F.V.

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