Aldo Belletta, il socialismo d’antan e l’epoca (sepolta dallo zeitgeist) dei Circoli- di Emanuele Torreggiani

"Via Pretorio. In quegli anni asfalto sfogliato e sterrato. Pure al circolo, nei circoli, si andava tessendo quella tela umana che è caratura della comunità"

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Sempre che salutasse, sempre accompagnando al sorriso il gesto del capo a deferenza, per chiunque, cifra stilistica di un’educazione antica e severa. Inappuntabile, si avrà a scrivere di lui ora defunto, nei suoi completi e spezzati dalla riga dei calzoni a piombo su scarpe lucide a radica. Aldo Belletta. Socialista, di quel gloriosissimo Partito Socialista Italiano che fu, si esprimeva con piena dimestichezza del congiuntivo e misura di educazione, dai banchi del Consiglio Comunale nei decenni che furono la Magenta degli anni a trapasso tra i Sessanta e Settanta. Ma più ancora che uomo di partito, il signor Aldo Belletta fu Carlo, indimenticabile la figura imponente del padre che tanta parte ebbe nella conduzione del Vecchio Ospedale Fornaroli, era uomo di circolo.

Il Circolo. Che parola!, profonda quanto il tempo, ora caduta nel disuso, pure i circoli, che nacquero all’alba della metà dell’Ottocento, erano libere associazioni di uomini che si riunivano per fini politici, cattolici, culturali, di mutuo soccorso… il Nostro vi si dedicò con viva passione e completo disinteresse. Disinteresse che dimostrerà poi, nei decenni che saranno, sia in Pro Loco che nell’Università del Magentino. Il Circolo dei Socialisti insisteva lungo la via Pretorio che sfocia in piazza Carlo Fontana, primo sindaco del dopoguerra, socialista per l’appunto. La via poi non era che un sentiero da tre braccia, ora in lastricato dal richiamo medievale, e la piazza altro che un largo dedicato.

In quegli anni asfalto sfogliato e sterrato. Pure al circolo, nei circoli, si andava tessendo quella tela umana che è caratura della comunità.
L’Aldo Belletta ne fu tra i sostenitori e leali amministratori, sino alla fine ed alla fine del P.S.I. E si richiama così il suo autentico disinteresse che dimostrò anche quando, invitato da chi scrive, ad un colloquio sulla Novaceta che andava incontro alla tempesta, azienda in cui aveva speso la sua intera vita lavorativa, tratteggiò, con garbo ma severa competenza, i limiti di un sistema non certo imputabile al confine cittadino o nazionale quanto piuttosto alla delocalizzazione verso latitudini ove il costo del lavoro era incompetibile e quindi, di là da ogni grida più o meno d’occasione, il destino era segnato, come fu. Chiuso il circolo, sepolto un periodo storico la cui grandezza umana non è stata ancora compresa, perlomeno così ritiene chi scrive, il Nostro ha proseguito nella Cosa Pubblica, applicandosi all’organizzazione e amministrazione, dentro la Pro Loco e l’Università del Magentino.

Questa sua costante dedizione al disinteresse, oggi, anni di tronfia grida e vanagloria, risulta per quello che è: eccezionale. Accolgano i famigliari, la sua consorte ed i suoi figli, soprattutto Cristiano che ebbi studente in decenni lontanissimi, l’espressione del mio cordoglio.

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