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“She leads”, con piĆ¹ donne al comando innovazione e Pil +12%

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Ecco libro Sole 24ore-4.Manager. Cuzzilla: Agire su rinnovi contrattuali

MILANO – Colmare il divario tra donne e uomini in ogni ambito della vita privata e pubblica consentirebbe di avere una crescita del Pil del 12%. Ma i dati sono ancora poco confortanti: una donna su due ĆØ inoccupata, mentre tra i manager e donne sono appena il 28% e la maternitĆ  ĆØ ancora un ostacolo alle carriere. Lontana anche l’equitĆ  retributiva, con uno scarto del 13% rispetto ai colleghi uomini. Per questo prende forma il libro edito dal Sole 24 Ore “She Leads: la paritĆ  di genere nel futuro del lavoro”, scritto da Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager e 4.Manager insieme con Andrea Catizone, Avvocata sui diritti della persona e delle discriminazioni e a cura della giornalista Silvia Pagliuca. Il volume, promosso da 4.Manager, associazione bilaterale Confindustria-Federmanager e presentato ieri a Milano nella sede del Gruppo 24 Ore, indaga le ragioni del gender gap denunciando le fragilitĆ  attuali ed evidenziando le possibili vie di miglioramento per una ‘rivoluzione possibile’, per diffondere una cultura aziendale piĆ¹ equa e inclusiva.

“Gender gap- spiega Silvia Pagliuca, giornalista curatrice di She Leads- significa vivere in un Paese in cui il tasso di occupazione femminile ĆØ tra i piĆ¹ bassi in Europa, il 50,8%, in cui a 5 anni dalla laurea le donne guadagnano il 20% in meno rispetto ai colleghi uomini di pari livello, in cui essere madri ĆØ un ostacolo alla realizzazione della carriera. La percentuale di occupazione tra i 25 e i 49 anni passa, infatti, dal 72% per le donne senza figli al 53% per le donne che hanno un figlio under 6. E ovviamente c’ĆØ un impatto anche in termini di reddito: i salari lordi annuali delle mamme lavoratrici sono inferiori di 5.700 euro rispetto alle lavoratrici che non sono mamme”.

Parlando di posizioni manageriali, inoltre, i dati dell’Osservatorio 4.Manager mostrano come quelle femminili siano ferme al 28% del totale, quota che si riduce al 19% se consideriamo le posizioni regolate da un contratto da dirigente. Il ruolo di presidente del Consiglio di amministrazione, invece, ĆØ rivestito solo per il 12,2% da donne, percentuale che si abbassa all’11,9% tra gli amministratori delegati. Eppure la ‘diversity’ fa bene, in termini di produttivitĆ , sostenibilitĆ , innovazione e benessere della forza lavoro. Ad esempio, le imprese a conduzione femminile presentano un punteggio piĆ¹ alto sul grado di digitalizzazione rispetto alle imprese a conduzione prioritaria o esclusiva maschile.

“Ridurre i divari di genere e essere protagonisti di un cambiamento- commenta Stefano Cuzzilla, Presidente 4.Manager e Federmanager- oggi non ĆØ solo auspicabile ma necessario. Dobbiamo diffondere una cultura d’impresa piĆ¹ inclusiva. E’ ormai nei fatti, le imprese che hanno una governance mista sono piĆ¹ competitive e aperte all’innovazione. Uno dei punti importanti su cui soffermarsi ĆØ il rinnovo dei contratti di lavoro. Devo dire che la lungimiranza di Federmanager e Confindustria hanno permesso di fare dei passi in avanti che hanno un profondo significato sociale, oltre che contrattuale. Uno tra tutti aver diviso, anche formalmente, la malattia dalla tutela della maternitĆ  e paternitĆ . ContinuerĆ² a lavorare perchĆ© siano superati quegli ostacoli che alimentano le asimmetrie di genere nel mondo del lavoro. ContinuerĆ² a lavorare per soluzioni di welfare integrativo e di conciliazione vita lavoro, oltre che alla promozione della salute e della genitorialitĆ . Non possiamo continuare a tenere in panchina una parte cosƬ importante del capitale umano”.

Ma il problema della disuguaglianza di genere ĆØ presente anche nelle istituzioni pubbliche. “I dati statistici relativi alla presenza delle donne in magistratura- spiega Francesca Nanni, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano- dimostrano che tra i magistrati in ruolo, il 27% circa dei direttivi, il 45% circa dei semidirettivi e il 58% dei magistrati con funzioni ordinarie sono donne. La percentuale di donne con incarichi direttivi sale, se guardiamo ai soli uffici giudicanti, al 33,9% contro il 31% dello scorso anno, mentre, per quanto attiene a quelli requirenti, soltanto nel 23% dei casi un magistrato donna ha responsabilitĆ  di comando. Tale squilibrio vale anche per gli incarichi semidirettivi, che sono assegnati a donne nel 48,7% dei casi fra i giudicanti, e soltanto nel 33% delle volte negli uffici requirenti”.

Oggi, perĆ², sono sempre di piĆ¹ gli strumenti che il legislatore mette in campo per raggiungere la paritĆ  di genere. In questo, sta giocando un ruolo cruciale il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che promette di generare un aumento dell’occupazione femminile del 4% entro il 2026. Il Parlamento Europeo, inoltre, ha lavorato affinchĆ© entro la metĆ  del 2026, tutte le grandi societĆ  quotate riservino alle donne almeno il 33% del totale dei posti di amministratore. In Italia, invece, la novitĆ  piĆ¹ rilevante ĆØ la Certificazione della paritĆ  di genere, con cui le imprese potranno valutare il proprio impegno in termini di capitale umano ottenendo importanti benefici. Le imprese, infatti, potranno godere di un esonero dal versamento dei contributi previdenziali che sarĆ  determinato in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna impresa. Entro giugno 2026, si stima che almeno 800 Pmi potranno essere certificate e circa 1.000 aziende riceveranno le agevolazioni fiscali.

“La Certificazione sulla paritĆ  di genere- sottolinea l’avvocata Andrea Catizone- fa uscire dal cono d’ombra il tema della gender equality perchĆ© fornisce alle imprese una serie di strumenti per cambiare la cultura aziendale sui temi della diversitĆ  e dell’inclusione. Oggi si ĆØ capito che l’assenza delle donne dal mondo del lavoro crea un disvalore per l’intero paese. Con la certificazione, invece, si ĆØ voluto dare alle imprese dei meccanismi premiali che possano introdurre una serie di azioni che ne modifichino la modalitĆ  di approccio rispetto al lavoratore, all’orario di lavoro, all’organizzazione delle progressioni di carriera, al linguaggio che viene utilizzato e a come si gestiscono i rapporti dentro le imprese”.

Un esempio di come la Certificazione sulla paritĆ  di genere incida sulle politiche aziendali viene proprio dal Gruppo 24 Ore. “Il Sole 24ore- spiega infatti Mirja Cartia d’Asero, Amministratrice Delegata Gruppo 24 Ore- ĆØ il primo media ad aver acquisito la certificazione di paritĆ  di genere giĆ  a dicembre scorso e di questo siamo particolarmente fieri. Non lo abbiamo fatto come un punto di arrivo ma come un punto di partenza: ĆØ come fare le analisi del sangue, ci siamo misurati sulle tematiche principali come la paritĆ  di genere in azienda a tutti i livelli, anche quelli apicali, il gender pay gap, e altre iniziative che favoriscano la possibilitĆ  di dedicare il proprio tempo con determinazione sia all’avanzamento professionale per tutte le donne, sia nei momenti di maternitĆ  sapendo di poter tornare in un ambiente sano che aspetta a braccia aperte la lavoratrice che torna. Abbiamo previsto contributi di mille euro per ogni nuovo nato contribuendo quindi alla retta degli asili nido, iniziative sulla mobilitĆ  urbana e tante altre, ad esempio la formazione interna”.

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