Venerdì, ad Arona, i funerali del grande inviato Ettore Mo

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ARONA Sara’ celebrato venerdi’ 13 ottobre alle 15 nella Collegiata di Santa Maria ad Arona, in provincia di Novara, il funerale di Ettore Mo, il giornalista inviato di guerra per il ‘Corriere della Sera’, autore di molti reportage sui fronti caldi del mondo. Mo e’ morto la sera di lunedi’ a 91 anni nella sua casa di Dagnente, sulle colline del Lago Maggiore. Oggi e domani e’ allestita la camera ardente presso la Casa Funeraria Rossi ad Arona.

Era stato tra i primi a intervistare lo ayatollah Khomeini appena arrivato al potere in Iran, il primo a entrare nell’Afghanistan invaso dai sovietici e a raccontare la strage libanese di Sabra e Chatila, per poi finire sui fronti caldi del Kurdistan, dell’Iraq, della Cambogia e della Bosnia: Ettore Mo, considerato il principe degli inviati di guerra, è morto all’età di 91 anni, dopo una lunga carriera che lo ha visto protagonista dei principali eventi di politica estera. Affermatosi come uno dei massimi conoscitori dell’Afghanistan, firma autorevole che ha conosciuto e intervistato alcuni fra i protagonisti del Novecento (da madre Teresa di Calcutta a Herbert von Karajan, fino a Luciano Pavarotti, a cui aveva concesso una delle ultime interviste ormai malato), Ettore Mo – nato a Borgomanero (Novara) 1º aprile 1932 – dopo aver conseguito la laurea in lingue, nel 1962 si recò a Londra per intraprendere la carriera giornalistica: si offrì come collaboratore di Piero Ottone alla redazione della capitale inglese del “Corriere della Sera”, quotidiano a cui è rimasto sempre fedele, e su cui ha scritto fino al 2011.

Tornato in Italia nel 1967, Ettore Mo lavora prima a Roma e poi a Miano, occupandosi di musica e teatro, e infine curando le pagine di cultura e spettacolo del quotidiano milanese. Nel 1979 l’allora direttore Franco Di Bella lo nomina inviato speciale e il primo incarico che gli affida è quello di recarsi a Teheran dove era appena tornato dall’esilio parigino ed aveva preso il potere l’ayatollah Khomeini. Sempre nel 1979 Mo compie il primo viaggio in Afghanistan, paese per il quale ha nutrito un amore particolare e di cui è diventato uno dei massimi conoscitori, iniziando a seguire la guerra delle brigate dei mujaheddin contro l’esercito d’invasione sovietico.

Negli anni successivi ritornò numerose volte in Afghanistan, entrandovi anche da clandestino e travestito da mujaheddin, percorrendo le sue montagne con ogni mezzo. Ha incontrato ed intervistato più volte Aḥmad Shah Masud, il “Leone del Panshir” (il loro primo incontro risale al 1981), il leader laico delle milizie locali tagike che volevano scacciare i sovietici e che erano contrarie ai gruppi radicali islamici pashtun che ben presto formeranno il nocciolo duro delle formazioni militari talebane. Nei suoi ultimi viaggi in Afghanistan, sino a pochi anni fa, Ettore Mo insisteva sempre per portare un fiore sulla tomba di Massud, assassinato dai militanti di Al Qaeda due giorni prima degli attentati dell’11 settembre 2001. Come inviato speciale Ettore Mo è stato un testimone eccezionale di tante guerre, dal Nicaragua alla Cambogia, dalla Liberia alla Bosnia, ed è stato un maestro ammirato da tanti colleghi, grazie anche al suo stile di scrittura chiaro, asciutto e senza fronzoli. “Non c’è niente di più di una guerra per raccontare il dolore e la crudeltà del genere umano. Nella guerra succede davvero di tutto, tutta la natura umana si rivela. Buona o cattiva che sia”, spiegava Ettore Mo.

Nominato nel 2023 Grande Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana, Ettore Mo ha ricevuto oltre trenta riconoscimenti per la sua professione di inviato: ha conquistato tra gli altri il Premiolino, il Premio Max David, il Premio Saint Vincent, il Premio Hemingway, il Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi, il Premio Jack London, il Premio Luigi Barzini all’inviato speciale, il Premio È giornalismo, il Premio Montanelli per la scrittura, il Premio Corrado Alvaro, il Premio Bruce Chatwin, il Premio Estense. Molti dei suoi reportage per il “Corriere della Sera” sono diventate pubblicazioni. Tra i libri di Ettore Mo: “La peste, la fame, la guerra. Afghanistan Kurdistan Iran Iraq Medio Oriente Cambogia India Centro America” ( Hoepli, 1987); “Kabul Kabul. Cronache della guerra afghana” (con Valerio Pellizzari, Vallecchi, 1989); “Sporche guerre. Dall’Afghanistan ai Balcani le avventure e gli incontri di un grande inviato” (Rizzoli, 1999); “Alla guerra in bicicletta” (Rizzoli, 2000); “Gulag e altri inferni. Un grande viaggiatore tra le rovine della storia” (Rizzoli, 2001); “I dimenticati. Un grande cronista nei mondi al margine della globalizzazione” (con le fotografie di Luigi Baldelli, Rizzoli, 2003); “Treni. Nove viaggi ai confini del mondo e della storia” (Rizzoli, 2004); “Ma nemmeno malinconia. Storia di una vita randagia” (Rizzoli, 2007); “Lontani da qui. Storie di ordinario dolore dalla periferia del mondo” (Rizzoli, 2009); “Diario dall’Afghanistan” (con le fotografie di Luigi Baldelli, Transeuropa Edizioni, 2012).

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