Mario Mayta, peruviano di lingua quechua, nipote del leggendario Mayta Capac che nacque in quel tempo privo di calendario. Mario Mayta, classe 1986, nato a Pacasmayo, regione di La Libertad, Perรน, discese in quarantottโore dai seimila metri al bagnasciuga del Pacifico. Lui sbracciava nel ventre di sua madre che mai udรฌ in voce. La ragazza sfinita dalla fuga fino alla battigia lo diede alla luce e con naturale semplicitร morรฌ. E fu sepolta nella terra vestita comโera. Mario Mayta imparรฒ a guidare il camion direttamente dal padre Libre. Il cui nome stupefacente gli era stato imposto da quel nonno favoleggiato che il nipote mai vide. E di cui saprร molto avanti nella vita da un libro, che mai egli avrร letto, per altro. Padre che, lui ricorda, lo teneva stretto in grembo affidandogli il volante del Dodge WC-63 (dotato di verricello Braden) riattato a trasporto uomini e tabacco dagli ammassi del consorzio agricolo al pontile dโimbarco sul diaccio Pacifico. Dodge la cui vendita, alla morte del padre Libre, morto annichilito dalla fatica, gli consentรฌ, incassando millecinquecento dollari americani, anno 2007, lโacquisto di un biglietto Lima – Rio de Janeiro con la Wayra Perรน e da lรฌ un volo Rio – Roma Fiumicino con Aerolineas Argentinas.
Perchรฉ Roma?… quando, molto avanti negli anni, glielo chiedevano intendendo perchรฉ lโItalia. Italiani brava gente, chi altriโฆ e ridevaโฆ Mario Mayta. Rideva.
Sbarcato nella capitale di un mondo scomparso, con visto turistico e seicento euri in tasca, seguรฌ in ferrovia per Bologna dove un suo compagno di scuola elementare, quando si rincorrevano sul bagnasciuga del Pacifico, attendeva alla facoltร di medicina. Ma il danaro, come egli consapevolmente presumeva, aveva scavato, tra i due, che furono bimbi, invisibili fosse oceaniche. Il giovane futuro medico, un biondo del sud, lo ricevette, con lo sdegno smorzato di un bianco anemico, sul pianerottolo della casa in affitto. E lรฌ Mario Mayta rimase per un paio dโore, circonfuso dagli aromi del mezzodรฌ, davanti ad una porta chiusa. Colse dallโinterno una voce femminile e sorrise di felicitร per il suo amico dโinfanzia. Infine venne accompagnato, passi misurati dal silenzio, ad un ufficio con vetrata, WorkNow, che dava su un porticato. Sorrise, i denti sani bianchi e forti ereditati dal nonno. Alla vetrina tappezzata di richieste di lavoro scorgeva occhi sgranati sillabare annunci.
Quellโammasso di carne umana, alghe tra i marosi, fluttuava. E da lรฌ, sempre con furia di liquidazione, Mario Mayta fu destinato, in un breve giro di telefonate, allo Stop Grill dove avvierร lโapprendistato linguistico servendo birre crude dal marchio contraffatto. Dellโamico dโinfanzia un cenno di saluto. Qui si distinguerร per aver riportato a casa, in via dei Giudei, nel cuore di una notte canicolare, una ventenne lady, in completo Burberry Stile, figlia di un notaio erede di notai e di una pediatra erede di pediatri. Mario Mayta, sguattero, o piรน comunemente, schizzo, era intento a smistare, seguendo lโordine previsto, i sacchi della spazzatura sul retro del locale. Dai finestrini aperti di una Mini, parcheggiata di traverso, uscivano folate di pianto e lezzo di sudore aspro. Il ragazzo alla guida russava. Lei si era vomitata e pisciata addosso. Mario Mayta frugherร nella micro borsetta abbandonata in quel grembo per recuperarne lโindirizzo. La prenderร in braccio e la reggerร tra le braccia, fermandosi quandโella era scossa dai conati, ore quattro del mattino, dentro lโeco di duemila passi rimbombanti sotto portici deserti, una certosa abbandonata per sempre. Se qualcuno lo vide nessuno lo fermรฒ. Fosse anche solo per insultarlo. E Mario Mayta comprese, in quel viaggio alla fine della notte, che si trovava in un paese cattolico che aveva scacciato Dio. E che quei portici ammalorati e intarlati, che cingevano e attraversano tutta la cittร antica, erano il lascito di una grande, immensa civiltร perduta per sempre. Gli erano succeduti esseri sconfitti, vinti e in fuga verso un inferno senza pena.
Sconcertato, non aveva trovato alcun cognome, suonรฒ allโunico campanello il โ38. Cosรฌ un numero con un apostrofo che allora non comprese. Il portoncino di legno di noce, e negli anni imparรฒ che aveva tre secoli, si aprรฌ dolcemente e unโaria che mai aveva udito, prima di quella notte che albeggiava, lo avvolse. Il suo primo suono di pianoforte mai udito prima. Fryderyk Franciszek Chopin, Polonaise, nellโesecuzione di Vladimir Horowitz, ebreo russo di Kiev o forse di Berdicev quando lโUcraina era Russia. Cosรฌ, molti anni dopo quella notte gli dirร sua figlia Anna aggiungendo che a Berdicev cโera stato un massacro di ebrei eseguito dai nazisti, massacro poi occultato dai sovietici e infine scoperto da uno scrittore dapprima uomo sovietico, poiโฆ poi concludendo la sua esistenza di uomo ideologico, semplicemente un russo e un russo ebreo. E fu condannato, fiero di essere ebreo figlio di una madre abbattuta con un colpo alla nuca davanti ad una fossa, allโesilio in patria. Si chiamaโฆ i grandi scrittori non muoiono mai papร โฆ non muoiono mai come non muoiono mai i padriโฆ bisogna parlare di loro sempre al presenteโฆ si chiama Vasilij Grossman ed ha scritto il piรน grande romanzo del Novecento, papร , il piรน grande del Novecentoโฆ Vita e Destino. E ti prego papร leggilo, leggilo primaโฆ prima di tutti gli altriโฆ e lei, Anna, la sua Anna gli sorrise. Quei denti bianchissimi ereditati dal nonno progenitore. Gli sorrideva volgendo il capo allโimbrunire, in quel laggiรน abissale che sempre li univa nelle loro piccole conversazioni domestiche. Mario Mayta comprese che Anna intendeva dire prima di morire. E la ragazza si era impaurita e vergognata di quel pensiero. Che non era piรน pensiero, ma un osare la veritร .
Sulla soglia del โ38, nella cornice di legno di noce, un uomo adulto. Sul viso la matrice del padre di lady Burberry Stile che nellโagitata sonnolenza ubriaca vomitรฒ lโultimo conato sulle pantofole di morbido marocchino. Senza minimamente scomporsi lโuomo la prese nelle sue braccia. Ora sorreggeva lโadolescente e insieme la bambina che era stata e che sarebbe stata per sempre ai suoi occhi. E dentro il battito del suo cuore di uomo e padre. Lโuomo fece un cenno inequivocabile. Mario Mayta entrรฒ. Il padre sorrideva scaricando le immagini terribili che lโavevano accompagnato in quelle ore di veglia. Di attesa. Il vano, abitato da trecento anni, aveva la frescura di una tomba nella quale nessuno mai, seppure deposto, era morto per sempre. Una cattedrale. Mario Mayta sedette dentro la musica mentre il padre conduceva la figlia salendo per le strette scale di scintillante ciliegio. Due vecchi in tight osservavano Mario Mayta sotto il sole cocente di unโaia inghirlandata di un casale spianato nel febbraio del 1945 da un bombardamento dirompente delle fortezze volanti angloamericane. Quando arrivavano oscuravano il sole e noiโฆ noi scappavamo spinti dal rimbombo che tremava la terraโฆ fuggivamo a rintanarci dove si potevaโฆ come i ratti, cosรฌ Ovidio Marzoli, nato contadino poi nella vita fabbro, riandando a quei giorni lungo la Linea del Po. Lo osservavano, i due vecchi in tight, con quella fierezza che avevano mostrato in un giorno di sole consegnandosi. Ciascuno con la valigia di pelle in mano. Il casale non fu mai piรน ricostruito. Volontariamente lasciato andare alla malora non del bombardamento quanto dalla rovina che ebbe inizio nel 1938. Tripudio di sterpi, rovi, foglie riarse e cocci di terre, serpi. Sacrario di famiglia. Ancora il giorno precedente il notaio si era recato alle grandi pietre volutamente al battito della mezza per respirare quella torrida aria di fornace che, egli sempre immaginava, aveva accompagnato i due vecchi fieri che camminavano affiancati su di una neve compatta e grigia e sanguinolenta dove le loro tracce si erano perdute nella transumanza verso il cielo. E non gli interessavano, anzi ne sorrideva, le offerte continue che gli erano state fatte e gli proponevano per lโacquisto di quelle terre letteralmente lasciate andare, cosรฌ gli dicevano. Sono il mio tempio, egli rispondeva consapevole di non essere per nulla compreso. Sono un capitale lasciato alla malora e poi non รจ un bel vedere quel casale tutto in rovina, sfondato da neve e ghiaccio e pioggiaโฆ Ma cosa importa. In quale pagina Jean Genet aveva scritto che i crimini di cui un popolo si vergogna costituiscono la sua vera storiaโฆ
Mario Mayta colse bisbigli, lโacqua che scorreva. Lโuomo ridiscese, vestito. Lo fece accomodare in uno studio fasciato di libri che Mario Mayta mai tanti immaginava che ne esistessero. E gli fu indicata per sedere una poltrona di pelle trapuntata. E una bottiglia di acqua. E un bicchiere. Il ragazzo bevve con lโeducazione dellโautentica povertร .
Stava seduto immerso nellโodore dellโuomo nel tempo: tabacco, cuoio, cera di legno, carta macerata nellโinchiostro. Capรฌ che il notaio li aveva tutti letti quei libri ed era cosรฌ lโultimo testimone di una storia che stava sfociando nellโinfinito oblio del presente. E che la sua manifesta solitudine si nutriva di quelle pagine. Come un malato cronico di medicine. Non per guarire, ma solo per vivere.
Mario Mayta si guadagnerร un visto di soggiorno. La validazione della patente B e lโesame C+E e traverserร gli Appennini con la certezza, come gli espressero di un lavoro a libri alla PratoInternational s.n.c., il cui amministratore delegato era un cugino di secondo grado del notaio, dove gli affideranno un Man TGX sulla linea Prato-Marsiglia-Brest-Kiel e ritorno.
Schizzo, da schizzo di merda per il colore marrone della sua pelle, tre anni dopo questa storia, lui, che si esprime in un buon italiano e declina un comprensibile francese, si legherร con Laura Massai di Vaiano. Ragioniera con contratto a tempo determinato su una maternitร alla PratoInternational s.n.c. Figlia di un contadino e di una tessitrice. Lascerร le rotte autostradali per iniziare a ristrutturare la vecchia masseria e trasformarla in agriturismo con cucina di specialitร toscane e andine. E annessa sala di lettura. Avranno poi una figlia, Anna. Anna che, attendendo la prima liceo, leggerร a se e al padre, allโimbrunire sotto il porticato, la Storia di Mayta. Non saprร mai piรน nulla dellโamico dโinfanzia, nรฉ del notaio nรฉ di sua figlia in Burberry Stile. Si puรฒ ipotizzare che Mario Mayta morirร molto vecchio. Appoggerร il capo al muro bianco e rimarrร lรฌ, come un dio scolpito dentro la pietra. Sarร un giorno di sole. I suoi nipotini giocavano a rincorrere le lucertole.
E.T.