Turbigo ha ricordato Sergio Ramelli

La conferenza del 16 maggio

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Una conferenza patrocinata dall’Amministrazione Comunale venerdì 16 maggio ha reso omaggio allo studente diciottenne ucciso perché appartenente al MSI – Fronte della Gioventù dopo un’aggressione subita il 13 marzo 1975: quel giorno, alla dichiarazione del consigliere missino Tomaso Staiti di Cuddia che ne diede notizia, dai banchi del consiglio comunale di Milano scattarono gli applausi.

Quest’episodio, emblematico della complicità politica che nella Milano degli anni ’70 garantì l’impunità della violenza e del terrorismo di stampo comunista, sembra appartenere ad un passato che i numerosi omaggi pubblici a Sergio Ramelli hanno sconfessato come marchio d’infamia da non ripetersi.

È proprio in questa cornice che a Turbigo nei giorni scorsi è stato presentato il libro – fumetto di Marco Carucci edito dalla casa editrice Ferrogallico – dal titolo “Sergio Ramelli. Quando uccidere un fascista non era reato”.

La serata è stata introdotta dai saluti istituzionali di Fabrizio Allevi (Sindaco di Turbigo), Andrea Azzolin (Assessore), Christian Garavaglia (Consigliere Regionale) e Carlo Iannantuono (in rappresentanza dell’Amministrazione Comunale di Castano Primo).

Filmati e immagini hanno invece caratterizzato l’intervento introduttivo di Valerio Zinetti, il quale ha spiegato il significato dell’iniziativa nell’ambito degli eventi promossi per il cinquantesimo anniversario della morte di Sergio Ramelli (avvenuta il 29 aprile del 1975).

Sullo sfondo tre volti: Carlo Borsani (Medaglia d’Oro e giornalista assassinato da partigiani e vilipeso il 29 aprile 1945 in Piazzale Susa a Milano); Sergio Ramelli; Enrico Pedenovi (consigliere provinciale missino assassinato il 29 aprile 1976 da un commando di Prima Linea). Significativi esempi di una scia di sangue che l’antifascismo militante a Milano lasciò nel trentennio che va dall’immediato dopoguerra a alla fine degli anni ’70.

La serata ha voluto rimarcare il significato del suo titolo, cioè abbinare il ricordo di Sergio Ramelli come esempio di “coraggio della libertà”. Da studente e da militante Sergio Ramelli dimostrò il coraggio delle proprie idee e del proprio amore per l’Italia in un contesto ostile e pericoloso per la sua incolumità personale, fino all’estremo sacrificio. Emblema di una volontà che una nuova generazione deve tenere come stella polare a fronte delle aggressioni mediatiche che le idee alternative al pensiero unico “politicamente corretto” subiscono quotidianamente ancora oggi. Un metodo di aggressione culturale mutuato dai metodi che i gruppi paramilitari di estrema sinistra degli anni ’70 hanno attuato nei confronti della Destra.

Oltre a ciò l’iniziativa ha voluto offrire degli spunti per una riflessione sulla vera e propria guerra civile che caratterizzò gli anni di piombo e sulle morti violente legate alla politica nel dopoguerra. In segno di riflessione è stata infatti menzionata anche la figura del militante comunista di Castano Primo Giovanni Ardizzone, morto nel 1962 diciannovenne a Milano durante le manifestazioni (sfociate in scontri con la Polizia) in solidarietà alla Cuba di Fidel Castro aggredita dagli USA. Con un piccolo particolare da molti dimenticato: nel 1958, il giovanissimo castanese – prima di approdare alla sinistra e dopo un’esperienza all’Azione Cattolica – era iscritto alla sezione missina di Castano Primo. Segno che la disumanizzazione del nemico politico allora come oggi non aveva alcun fondamento se non quello di perseguire una divisione generazionale funzionale al mantenimento degli assetti di potere vigenti.

“Sergio Ramelli caduto per l’Italia” è la scritta sulla targa di via Paladini a Milano, nel luogo dove fu colpito da quelle chiavi inglesi agitate dai militanti di Avanguardia Operaia che lo portarono ad una morte agonizzante.Sicuramente caduto perché l’Italia del futuro fosse migliore della distopia che sognavano i suoi assassini.

Per questo oggi la sua figura appartiene a tutti gli Italiani.

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