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Tre anni, una vita. Di Emanuele Torreggiani

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Sulla battigia della spiaggia di Bodrum, località dell’Anatolia, oggi Turchia un tempo la Grecia ionica, che significa Pietro (da Quel Pietro fondatore) e anticamente Alicarnasso che diede i natali a Erodoto, il mare color turchese restituisce il corpo di Aylan Kurdi, tre anni, in fuga dalla Siria con la sua mamma, il suo fratellino di cinque anni ed il suo papà. Rimane vivo solo il papà. Il corpo del piccolino, raccolto con la cura di un padre da un sergente del’esercito turco che pattuglia l’arena, sta facendo il giro del mondo. Intendevano passare in Grecia, lì oltre il mare a poche miglia, per poi giungere in Germania. Erano curdi.

 

Se si osservasse con attenzione il luogo, si potrebbe vedere potente la mano del fato nella collimazione spirituale. Alicarnasso ove nacque Erodoto, il primo storico nella Storia del mondo. Pietro, che passò di lì, testimoniò di Cristo e seminò una chiesa poi puntò verso la capitale del mondo che era ed è Roma. E ancora, quando Bodrum era Pietro, insiste il maniero, mantenuto impeccabile, a strapiombo sulla scogliera che eressero i Templari, che poi passò ai Gerosolimitani ed infine ai Maltesi. E tutt’intorno il mare turchese che vira, quando soffia il vento di Levante, quello amato da Re Salomone, in squarci di verde smeraldo. Colori, il verde ed il turchese, che ritroviamo fondativi nella tradizione spirituale islamica. Emergono in Bodrum le tre vie intraprese dall’Europa nella sua complessa geografia. Quella latino germanica, quella greco bizantina e quella islamico mediterranea. (Così seguendo la lezione di Jacques Le Goff). E sia. Oggi leggiamo, la per me insopportabile retorica, che la coscienza del mondo occidentale sarebbe scossa dalla foto di Aylan Kurdi, morto a tre anni per annegamento.

No, perdonatemi, non è vero. Il mondo occidentale, cui pienamente Bodrum appartiene, non è scossa né dalla morte di un bimbo né dalla morte di un milione di bimbi. Perché la vita di un bimbo vale la vita di un milione o di mille volte un milione di bimbi. Non è una questione materiale ma ontologica. Finché il mondo occidentale non si riconosce nella sua storia, l’essere seduto sulle spalle di giganti, la morte di Aylan Kurdi, tre anni, sarà mera cronaca, un numero, e non Storia. La morte di un bimbo, come qualunque morte innaturale, non è mai un simbolo. Ma assassinio. E noi non abbiamo bisogno di simboli che mascherano la nostra coscienza paludosa. Ma di verità. Erodoto non scrive simbolicamente, narra fatti. Pietro non fonda simbolicamente, impianta la possibilità della verità in questa vita. Il piccolo bimbo col fratellino e la sua mamma non sono morti simboliche. Sono la morte. Che non è mai simbolica.

 

Emanuele Torreggiani

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