Simone Cristicchi incontra Ticino Notizie alla vigilia del Festival di Sanremo. L’intervista di Monica Mazzei

La sua nuova canzone e molto altro in questo intenso, lungo racconto

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L’artista porta a Sanremo un brano dedicato a sua mamma, in una canzone toccante dedicata alla madre, molto voluta da Carlo Conti.

Ma in questo report avrete l’occasione di conoscerlo molto più da vicino, in tutte le sue sfacettature ed in lati di lui inediti. Racconto inoltre la genesi dell’album in uscita il 14 febbraio: “Dalle Tenebre alla Luce”, titolo anche di uno spettacolo teatrale.
A Sanremo, per la serata delle cover, si esibirà con l’artista e compagna Amara ne “La Cura di Battiato”.

Simone Cristicchi è il poeta della gente: le sue parole dipingono sicuramente molti di noi, e ci fanno sentire riuniti in una grande famiglia, perché alcuni legami non sono di sangue, ma nascono come stelle dall’anima, per poi unirsi come anelli di una catena lunghissima. Immagino questi filamenti che durante Sanremo, si alzeranno da ogni casa, e si fonderanno con le note del suo brano.

In apertura conferenza stampa, nella quale si è messo a nudo, Simone Cristicchi conferma di aver fortemente voluto questo incontro con i giornalisti, nonostante ultimamente soffra di un forte affaticamento alle corde vocali: “Ho sempre avuto un grande rapporto con i giornalisti e voglio assolutamente incontrarli, perché al contrario di tanti artisti, amo anche il contraddittorio”.

Simone porterà al 75esimo Sanremo il brano “Quando sarai piccola”. Nella serata delle cover invece, si esibirà con Amara, ne “La Cura” di Battiato. Il nuovo brano sanremese tra l’altro, è inserito nella speciale edizione dell’album “Dalle Tenebre alla Luce”, che uscirà il prossimo 14 febbraio, in vinile, CD e digitale.

Dopo questa introduzione, seguono lunghi applausi che definirei scroscianti d’affetto.

La poesia.

“Credo nello sguardo della Gioconda, e nei disegni dei bambini… Nell’odore dei panni stesi. Di quello delle mani di mia madre. Credo che quando la barbarie diventa normalità, la tenerezza sia l’unica rivoluzione. Credo che la vera gioia, sia riuscire a sentirsi parte di un panorama incantevole, pur non essendo altro che minuscoli granelli di sabbia. Credo che la lingua di Dio sia il silenzio, ed il suo corpo, la natura. Credo alla potenza del soffione, del piccolo fiore selvatico, che cresce ostinato, e anche in mezzo a mille difficoltà, riesce comunque a farcela, credo nelle stelle cadenti… Quelle che poi si rialzano e vanno avanti. Credo nel pesce fuor d’acqua, perché è l’unico che poi si è evoluto. Credo che chi non vive il presente, sarà sempre imperfetto, pure da trapassato: perché la vera sfida è debuttare ogni giorno. Tutto il resto è repertorio. Credo che non sia la bellezza che salverà il mondo, ma siamo noi che dobbiamo salvare la bellezza. Credo nell’amore sprecato, buttato via, in chi sa donarsi senza chidere niente in cambio, e che la parola ‘amore’, se la dividi in due, diventa tutto il contrario della morte: “A-Mors”, che significa: “Voglio che tu non muoia mai”. Credo che sia molto meglio un anonimo per bene, che un mediocre di successo. Credo che alla fine del nostro viaggio, non ci sarà chiesto quanti soldi abbiamo guadagnato, o quante calze abbiamo comperato; ma quanto amore e quanta bellezza ci sono in più, dopo il tuo passaggio su questa Terra… E credo che non ci sia peggior peccato che non stupirsi più di niente… Che tutta la scienza, la cultura, l’intelligenza del mondo, non bastano a spiegare questo grande mistero in cui tutti siamo immersi. Il miracolo di questa vita è che va avanti nonostante tutto e non si ferma. Si trasforma ogni secondo. E tutto il resto che non sappiamo e non capiamo, lo chiederemo agli alberi… Grazie a tutti per essere qui!”.

Con la lettura di queste sublimi parole, accompagnandosi al pianoforte e facenti parte della sua lirica “Credo”, Simone ha dato il benvenuto ai giornalisti, meritando un altro scroscio di applausi pieni di calore.
“Benvenuti in questo luogo surreale e bellissimo, che ho iniziato a frequentare da un po’, del mio amico Antonio Marras (stilista italiano), mondo di questo poeta visionario, pazzo, con il quale abbiamo deciso di collaborare per la prima volta, realizzando gli abiti che io indosserò sul palco di Sanremo. È un artista incredibile che non si occupa solo di moda e abiti, ma esprime tutta la sua arte in innumerevoli modi. Quindi ho deciso di invitarvi qui, in questo luogo pregno della sua visione del mondo”, spiega il cantautore.

“… Io ho pensato molto a questo nostro appuntamento, siete tantissimi e vi ringrazio, per questo brano che era fermo in un cassetto da cinque anni, e forse aspettava il momento per essere cantato a milioni di persone. Per presentarvela vi dirò che è vita mia, è vita vissuta, ed è per questo che io mi sentirò nudo sopra quel palco. E non appena comunicai il titolo: “Quando sarai piccola”, mi sono arrivate centinaia di email di persone toccate da questo argomento. Per questo motivo, ho deciso di leggervi per la prima volta il mio racconto che ho intitolato “Happiness, la ricerca della felicità”, dove raccolgo una serie di storie, legate al tema della felicità. In questo libro c’è qualcosa che in qualche modo precede la scrittura di questo brano. Per questo, ora ve ne leggerò un pezzo”.

Il libro, la mamma e la fede.

Detto questo, Cristicchi si lancia nella lettura appena annunciata:

“Esiste un luogo freddo, asettico, in un certo senso agghiacciante, dove il tempo è sospeso eppure scorre velocemente nei suoni dei monitor. Quelli sono i luoghi più sacri che un uomo possa visitare. Un limbo terreno dove si manifesta il grande mistero della vita che contempla la morte. Ci si entra uno per volta, nel silenzio irreale, dopo aver atteso ore, magari pregando ognuno a modo suo…”.

Simone si addentra nell’umana attesa che ognuno di noi prova, quando entra nella realtà della malattia e della morte, di un cenno da parte di quella mano invisibile che dia un senso al caso e al destino. Riconosce che i miracoli non avvengono quasi mai, e ti auguri che conti il merito e non la fortuna. Pensieri maturati in una fredda sala di terapia intensiva. In un giorno qualunque sua mamma Luciana viene colpita duramente da una emorragia cerebrale, ad appena 63 anni, da poco si stava godendo la pensione. Si godeva tre figli e gli adorati nipotini. Per puro caso è sola in casa e se ne accorsero molto tardi.
Simone era in autostrada di ritorno da un concerto.
All’ospedale avrebbero detto ai figli che la madre era clinicamente morta. I pensieri vagano sui sacrifici di una madre che rimasta vedova, non si era mai risposata e si era spesa interamente per i figli. Fuori di lì il mondo va avanti come sempre… Simone vive il rimorso di una telefonata sbrigativa di pochi giorni prima: “Scusa mamma, sto facendo le prove…”. Si sente impazzire all’idea che queste siano state le loro ultime parole. Con la mente vaga ancora, e ricorda a 10 anni, l’ultima sgridata del padre, perché suonava troppo forte il pianoforte… Pochi minuti prima che lo portassero via…

“Io penso che un attimo prima tutto sia ancora possibile, mentre un attimo dopo, niente ha senso. Intanto un ottantenne riprende conoscenza, mentre un 16enne si spegne… Contemporaneamente un flusso incredibile di preghiere si mette in moto per mia mamma, suore, buddisti, gente comune: tutti pregano che lei si risvegli…”

“Non abbandonammo il suo capezzale per un solo istante per 5 notti e 5 giorni… Poi il medico ci chiamò e quando pensammo il peggio, ci guardò negli occhi e ci disse che nostra mamma si era risvegliata!… Nel nostro stupore, il medico ci dice qualcoa di straordinario: ‘Se debbo dire la verità, non ce lo sappiamo proprio spiegare!’.”

Poco tempo dopo, un chirurgo di Milano mise in sicurezza per sempre la vena difettosa di sua mamma.

Quando si risvegliò non fu però più la Luciana di prima… La loro mamma era tornata bambina…
È ancora con loro, amatissima come una nonna speciale, dai nipotini. Ricorda tutto, anche le ricette, e con la sua carrozzina è sempre in prima fila ai concerti romani di Simone.
Sorride sua mamma, nonostante il diritto sacrosanto che avrebbe di essere arrabbiata.

A questo racconto commovente e così intimo, seguono altri applausi fortissimi, in una sala affollata non di semplici giornalisti, ma come di ascoltatori ad una orazione, che diventa inno di vita e di amore e di fede.

Sanremo 2025, Carlo Conti ed il brano.

Si susseguono le risposte di Simone alle domande dei giornalisti:

“Come dicevo, questa canzone era ferma da 5 anni. È stata scritta proprio quando ci fu la prima quarantena. E mi hanno sconsigliato tutti di inserirla in questo album! (sorride) Tutto l’album “Dalle tenebre alla luce” vale molto, ma questo brano, “Quando sarai piccola”, aveva in qualche modo superato gli altri e bisogna aspettare il momento per farlo ascoltare. Il momento è arrivato adesso. Carlo Conti l’ha voluta, l’ha scelta. Carlo ne ha compreso il valore, che non è solo portare al festival una bella canzone, ma molto di più. È vita vera ed è una canzone quasi terapeutica, che penso possa sensibilizzare su un tema universale. Per me è una missione bellissima. Al di là del risultato finale, credo di avere già una vittoria spirituale. L’ispirazione ha qualcosa di trascendente, magico, misterioso, è qualcosa che non so spiegarmi. Ho cercato in questo testo di non essere retorico: è un attimo scadere nel patetico. Io ed Amara non l’abbiamo scritta perché puntavamo a Sanremo. Ma dall’entusiasmo di tutte le persone che l’avevano ascoltata, abbiamo capito che aveva una forza potentissima. Ci eravamo concentrati prima di tutto sulla tenerezza e di impotenza. Infine la rabbia. C’è un verso in cui canto la rabbia di vederla cambiare. Se la costante dell’Universo è la trasformazione, noi dobbiamo accettarlo come il fluire naturale.

Il concerto mistico per Battiato all’Arena di Verona invece, è diventato un appuntamento da oltre 4 anni. Un successo incredibile, con tantissimi artisti italiani. Franz Cattini manager storico di Battiato mi si avvicinò, e insieme abbiamo pensato di omaggiare quella parte spirituale mistica, quindi non un tributo al suo repertorio, ma concentrandoci soltanto su quelle canzoni famose come “Le Sacre Sinfonie del Tempo”, come “La Cura”, appunto, solo quel tipo di repertorio, insomma. E così è nato “Torneremo ancora”, che è il titolo della sua nuova canzone, ed insieme ad Amara abbiamo creato questo grande spettacolo con grande rispetto, nel quale il protagonista è stato ancora Battiato: su quel palco c’è lui nella sua essenza. E quindi quando è stato il momento di decidere chi dovesse essere ad accompagnarmi a Sanremo nella serata delle cover, per me è stato automatico pensare a Franco con Amara, mia compagna di viaggio e compagna di vita. L’unico che cantò “La Cura” sul palco di Sanremo fu Battiato nel 2007, che fu l’anno in cui vinsi. Altra coincidenza meravigliosa, è il fatto che il fonico che seguirà le serate in cui sarò presente, è il fonico storico di Franco. Mi sento protetto. Mi sento al sicuro anche perché accanto a me su quel palco avrò un’artista, una donna dal talento e dal carisma straordinari, e soprattutto una persona pura, un’artista che ha reso la mia vita meravigliosa: ricordo che è l’autrice di riferimento di Fiorella Mannoia, per lei ha scritto brani come “Il Peso del coraggio”, “Che tu sia benedetta”, e tantissime altre e lei stamattina è qui.

Prende la parola Amara: “Sono tanto emozionata, sono felice di ritornare in un posto che mi ha vista bambina e mi rivede donna. Prima di tutto io sono emozionata e felice di affiancare un’anima gigante come quella di Simone”.

Riprende la parola Simone:

“Sono fedele a me stesso. Questo è il superpotere più grande in un ambiente come il festival, del quale conosco le dinamiche”, spiega Simone e chi gli chiede se non si senta un pesce fuor d’acqua come quello della sua poesia, “E ringrazio Carlo perché ha portato molti cantautori a Sanremo quest’anno, non ci sono solo io. Ci saranno anche novità del cantautorato italiano. Negli ultimi anni la figura del cantautore era stata un po’ meno considerata e noi porteremo avanti la bandiera”.

La nascita dell’album.

Continua così Simone: “Voglio raccontare un aneddoto, su quest’album, “Dalle Tenebre alla Luce”, che era pronto in realtà da tanti anni. Sono le canzoni che io ho scritto per i miei spettacoli teatrali. L’ultimo brano è dedicato alla figura di San Francesco e si intitola:
‘Franciscus il Folle” ed è dedicata agli uccelli. Ho avuto 60 repliche tutte sold out. Allo Strehler di Milano abbiamo avuto tantissime repliche. Queste canzoni erano rimaste pronte, già arrangiate e prodotte, fino a quando ho avuto un grave incidente domestico, tagliavo rami con una motosega… Volevo costruire uno steccato. Ho preso fuoco, praticamente… E nello spazio dello spavento, mi sono agitato, sono inciampato e ho battuto la testa su una pietra molto aguzza, lasciandomi una bella cicatrice sulla fronte. Per fortuna, il chirurgo che mi ha operato è riuscito a fare un piccolo capolavoro nascondendo tutto. Ma nel momento in cui mi sono ripreso da questo incidente, il primo pensiero è stato (picco di entusiasmo e di solennità nella voce): pubblico l’album! Quindi… Non so se sono impazzito del tutto (ride), o forse sono rinsavito… L’incidente è stato il motivo per il quale è uscito il mio disco. Avevo questa idea di non voler più perdere tempo. Oggi ci siamo e domani non ci siamo più… E ho voluto lasciare questa firma di luce nell’oscurità. Niente di meglio di questa foto astronomica per la cover di questo album: è una Nebulosa nel momento in cui esplode, una stella che sta morendo, lasciando dietro di sé questa luce meravigliosa. In gergo, in Astronomia, si chiama l’Occhio di Dio. Pensate che ci sono voluti 11 anni per fare questo scatto! L’ho scelta per la cover del mio album, perché erano 11 anni che non pubblicavo un disco. Nella vita ci vuole pazienza e non bisogna avere fretta di dire le cose. Oggi in discografia secondo me si corre un po’ troppo. Bisognerebbe pubblicare album e singoli solo quando si ha davvero qualcosa di importante da dire.
Ho scelto una musicalità orchestrale, molto minimalista. L’elettronica sarà pressocché inesistente.

L’album “Dalle Tenebre alla Luce”

Credo che la vita sia, per citare Dante Alighieri, una trasformazione, un viaggio alchemico. Dove dobbiamo attraversare le nostre ombre e le nostre inquietudini, quindi l’inferno che ci abita e tutta la parte che noi non vogliamo vedere. Dante ci invita in questo viaggio nelle tenebre perché solamente osservandole, possiamo trasformarle in qualcos’altro. Mi viene in mente la morte di mio padre, quando avevo 10 anni e io ho trasformato quel dolore e quella ferita attraverso la creatività.
Cominciai a disegnare, a scrivere poesie e fumetti. Io nasco come disegnatore, in realtà.
E attraverso la creatività riesco a trasformare quell’ombra dentro di me in luce.
Questo percorso è comune a tutti. Dobbiamo passare anche attraverso una fase di trasformazione, che è il Purgatorio dantesco.
Riuscire a sublimare anche la parte violenta, la parte nascosta in noi, per avvicinarsi a qualcosa di puro.
Nel XXXIII Canto del Paradiso, raccontava la visione di questa luce immensa, in cui Dante “ficca il suo viso”, questa pretesa di osservare e di raccontarci quello che c’è dall’altra parte, della realtà.
È bellissimo questo richiamo alla nostra vita, la metafora del viaggio. Dall’ombra alla luce, dalla materia allo spirito.
In questo disco è molto presente questo tema.

Lo so che è qualcosa che oggi va controcorrente. Ma io non mi sono mai posto il problema di essere fuori moda. La cosa bellissima in questi anni, è che sono riuscito a creare un’isola a parte.

Io non pubblico facilmente dischi e neanche su piattaforme: dovete venire ad ascoltarmi in teatro. Dopo l’incidente ho però voluto lasciare incise queste tracce. E così è nato un album il cui titolo è anche lo stesso dello spettacolo dedicato a Dante Alighieri.
Dentro c’è la mia visione dell’amore, la mia visione della vita, e anche della morte e ci sarà quest’altra perla in aggiunta che darà più valore alle altre tracce. (“Quando Sarai Piccola”).

L’empatia di Simone per gli esclusi e le ricerche sulla Seconda Guerra Mondiale.

La mia empatia verso i fragili come nel brano “Ti regalerò una rosa”, mi viene da un’attitudine che ho avuto fin da bambino. Se io non avessi trovato lo sfogo dell’arte, sarei stato un ragazzo e un uomo molto violento, chiuso in me stesso. Ho passato quasi due anni della mia vita chiuso in una camera a disegnare. Non volevo vedere più nessuno. Rifiutavo qualsiasi forma di aiuto. Gli unici miei amici erano questi personaggi colorati e divertenti. Se non avessi trovato quella valvola di sfogo, sarei ancora chiuso in quella stanza, a disegnare un mondo perfetto, dove niente di brutto mi potesse accadere.

La musica e l’arte sono state la mia salvezza. Per questo motivo mi sono sentito sempre vicino agli esclusi e agli emarginati, ai malati di mente e anche agli anziani. Non è poi la prima canzone dedicata agli anziani che io scrivo, ce n’è un’altra intitolata “L’ultimo walzer”: è una storia d’amore, è come un acquarello, una sorta di cortometraggio, e racconta un amore che nasce in una casa di riposo.
Con gli anziani ho lavorato tantissimo, soprattutto per le mie ricerche storiche, testimonianze legate alla Seconda Guerra Mondiale, io ho fatto una trilogia dedicata prima alla Guerra di Russia cui partecipò mio nonno Rinaldo, che rientrò con un piede congelato. Il secondo spettacolo dedicato agli anziani, è stato “Mio Nonno è morto in guerra”, dove ho raccolto 60 piccole storie, intervistando 90enni sparsi nelle case anziani: mi chiamavano “il terrore delle case di riposo!” (ride).

Il 3. capitolo di questa trilogia, è “Magazzino 18”, che ho scritto con Jan Bernas. Era dedicato all’esodo degli italiani dall’Istria. Mi sono avvalso di molte testimonianze di molti esuli anziani.

Simone e la sua compagna, l’artista Amara, che lo accompagnerà anche a Sanremo.

La mia compagna Erika mi ha molto aiutato e senza di lei me la sarei vista brutta. Viviamo immersi in una campagna in cui c’è pochissima gente, siamo quasi degli eremiti. Lei è il mio angelo custode e mi ha salvato la vita. Viviamo una vita meravigliosa fatta di arte e di scrittura. C’è la sua presenza anche in questo brano che porto a Sanremo. Lei è una penna straordinaria.

Simone e i giovani.

Facevo uno spettacolo al Teatro Vittorio Emanuele. Praticamente, 900 studenti sono “deportati” a vederlo (ride).
Entro davanti ad una platea nella quale si lasciano aereoplanini, si sputano addosso, e via così… Mi sono detto “Non riuscirò mai ad intrattenere questi ragazzi!”. Faccio per andarmene e in quel momento si abbassano le luci. Di colpo, silenzio assoluto.
Penso: “Se ne sono andati?”.
Invece sono tutti lì ad ascoltare un monologo di oltre 40 minuti. Comincio a vedere delle lucine che si accendono sparse. Vedo illuminati per pochi secondi anche dei volti. Ed io penso: “Non sono riuscito ad intrattenerli…”. Finisce lo spettacolo ed il giorno dopo, mi arriva una mail con scritto: “Egregio signor Cristicchi, siamo gli allievi della scuola superiore di Avellino e abbiamo viato il suo spettacolo ieri. Volevamo ringraziarla perché ci siamo emozionati ascoltando una storia che non conoscevamo. Volevamo scusarci per quelle persone che durante lo spettacolo controllavano continuamente il loro cellulare: erano i nostri professori!”.
(Risate).

Simone e la follia e la paura generazionale del domani.

Questo interesse è nato perché nella via dove ho abitato per molti anni, ci abitavano oltre a me altri tre matti (sorride). Ogni giorno li incontravo in strada e cercavo di entrare in contatto con loro in qualche modo. Mi resi conto che ognuno di loro aveva un modo diverso di vedere la realtà, a volte distorto e a volte molto poetico. Siamo portati a pensare che l’artista sia un po’ folle, ma è una speculazione filosofica. Credo che la follia, che poi ho ritrovato molte volte nel mio percorso artistico, sia un tema molto delicato ancora oggi, secondo le ultime statistiche è aumentata ed è aumentato il consumo di anti depressivi anche nei più giovani. Siamo in piena epidemia di solitudine. Oggi i medici oltre agli psicofarmaci, prescrivono relazioni umane! Ogni generazione prima della nostra era proiettata sul futuro e aveva fiducia nel domani. Oggi tra guerre nucleari e pazzi sanguinari, e guerrafondai che governano il mondo, e intelligenze artificiali stupide, noi non riusciamo nemmeno ad immaginare il nostro domani! Questa è la misura del disastro. Noi dobbiamo contrapporci, avere una resistenza. Lo possiamo fare in tanti modi. Puntiamo sulla luce e su questa piccola scintilla, che c’è nell’oscurità. Come diceva San Benedetto, in una scritta che lasciò in una grotta dove si ritirò a vivere da eremita: “Sono nella notte oscura, ma ci sono le stelle”. Ed io sono fiducioso che oggi dobbiamo ritrovare l’umanità che ci abita e quella scintilla divina che è presente in ognuno di noi. È come trovare tanti piccoli frammenti di stelle che ci uniscano tra noi.

Applausi finali.

Le foto sono di:

C. Amendola

Link estratto intervista con più giornalisti:
https://youtu.be/j_6mvgZawFU?si=_159B3bmItKiw_m_

Monica Mazzei
Freelance culturale
TicinoNotizie.it

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