In un contesto di crescenti difficoltà del Servizio Sanitario Nazionale, la spesa sanitaria delle famiglie ha superato i 40 miliardi di euro nel 2023, registrando un incremento del 26,8% tra il 2012 e il 2022.
Tuttavia, la spesa out-of-pocket non rappresenta un indicatore affidabile per valutare le mancate tutele pubbliche, sia perché circa il 40% riguarda prestazioni a basso valore, sia perché è frenata dall’incapacità di spesa delle famiglie e dalla rinuncia a prestazioni per reali bisogni di salute. Di conseguenza, l’ipotesi ventilata dalla politica di ridurre la spesa out-of-pocket semplicemente aumentando quella intermediata da fondi sanitari e assicurazioni non appare realistica.
È quanto emerge dal Report dell’Osservatorio Gimbe sulla spesa sanitaria privata in Italia nel 2023, commissionato dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute (Onws) e presentato oggi al Cnel. Lo studio ha analizzato il peso economico crescente sostenuto dalle famiglie e le criticità del sistema della sanità integrativa.
“Abbiamo affidato alla Fondazione GIMBE – spiega Ivano Russo, Presidente di Onws – un’analisi indipendente sulla spesa sanitaria delle famiglie, con l’obiettivo di identificare la quota che può essere realmente intermediata dalla sanità integrativa”.
“L’aumento della spesa out-of-pocket non è solo il sintomo di un sottofinanziamento della sanità pubblica – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – ma anche un indicatore delle crescenti difficoltà di accesso al SSN. L’impossibilità di accedere a cure necessarie a causa delle interminabili liste di attesa determina un impatto economico sempre maggiore, specie per le fasce socio-economiche più fragili che spesso non riescono a sostenerlo, limitando le spese o rinunciando alle prestazioni”