Sono finiti i tempi in cui il medico di famiglia veniva, senza problemi, in casa per le visite. Oggi non è più così, nemmeno se hai 39.5 di febbre, hai passato una notte d’inferno a vomitare e non ti reggi in piedi. Ne sa qualcosa una donna di circa 40 anni di Robecco sul Naviglio. Ma il suo è soltanto uno dei tanti esempi che si possono raccogliere.
“Martedì notte verso la una le mie condizioni peggiorano con vomito e dissenteria – racconta – la febbre è salita a 39.5 e, alle 6.30, non riuscivo a stare in piedi. Ho pensato di andare in pronto soccorso. Ma dicono sempre di non affollare i pronto soccorso e di rivolgersi al medico di base. Così ho fatto”. Il risultato è stato pessimo. La risposta che la robecchese si è sentita dire alle 8 del mattino l’ha lasciata senza parole. “Gli ho spiegato la situazione – racconta – chiedendogli se potesse venire a visitarmi a casa considerato che io non ero in grado di spostarmi. Mi risponde di prendere un buscopan e che sarei potuta andare verso le 11 nel suo studio”. Ma la donna non può andare nel suo studio. Anche per recarsi in pronto soccorso avrebbe dovuto chiamare un’ambulanza. La risposta del medico era che le visite domiciliari erano riservate agli anziani e alle persone allettate.
“Questo l’ho capito e lo considero anche doveroso, vista la mole di lavoro che hanno i medici di base – continua – Ma come potevo andare nel suo studio se non riuscivo a reggermi in piedi? Luogo dove, tra l’altro, c’è una sala d’attesa fredda. Ripetono di non recarsi al pronto soccorso per non affollarlo, ma come è possibile in una situazione del genere?”.