Il 2 dicembre c’è stato il sold out al LAC di Lugano, per il live della Premiata Forneria Marconi, al secolo PFM, che, con una formazione di 9 elementi sul palco, ha suonato per oltre due ore, reinterpretando in chiave elettronica, pop-rock e folk-rock, i successi di Fabrizio De André, riportandone in vita attraverso la musica il vissuto prima di tutto umano e poi artistico.
Oltre due ore di pura musica e pochissime parole, come sempre nello stile della PFM.
Nella formazione di questi live, si sono aggiunte importanti guest star: Flavio Premoli, fondatore PFM; Michele Ascolese, chitarrista storico di Faber; e Luca Zabbini, leader dei Barock Project.
Della collaborazione con la PFM, Faber in passato disse che si trattava di “… una collaborazione tra due modi completamente diversi di concepire ed eseguire canzoni. Un’esperienza irripetibile perché la PFM ha contribuito alla storia della musica italiana”.
Come tutti sappiamo, se estimatori di Faber, la sua musica e poetica sono particolarmente divisibili in “capitoli”, attraverso i quali l’interprete e cantautore genovese parla dell’animo e della natura umana, senza nulla risparmiare alla crudezza della realtà.
Non vi si trovano quindi unicamente quei brani d’amore tanto densi e sempre un po’ (io trovo) “romanzati” come in paragrafi di un racconto, che spesso sembrano derivati da altre epoche… Ma le rabbie come l’autocommiserazione, la compassione, la vigliaccheria, le gelosie e persino la vendetta, che nel cuore umano albergano…
E del suo capitolo incentrato sull’amore per Dio, cosa dire?
Franz Di Cioccio sul palco ha voluto ricordare che lui e Fabrizio hanno avuto un rapporto di amicizia profonda, nella quale si parlava di tutto, e che entrambi vi portavano la propria vena di follia.
Con queste parole ha introdotto uno dei capitoli cari a Faber: Dio, appunto.
“Non so se esiste ma so che prima o poi tutti ne avremo bisogno”, disse FDA.
“Per lui Gesù a parte tutto ciò che si possa dire, che fosse un profeta o un figlio di Dio, ecc, era prima di tutto un rivoluzionario, per via del suo modo di pensare”, ha detto Di Cioccio.
“Di Gesù però Fabrizio amava sottolineare l’aspetto umano, perché se consideriamo quello divino, diventa di più difficile comprensione”, ha continuato.
Sul palco hanno preso quindi avvio le note di brani come “La buona novella”, “Il Ritorno di Giuseppe”, “Il Testamento di Tito”, “L’Infanzia di Maria”. Tutti brani che infatti mettevano in luce l’aspetto più terreno di queste figure.
Largo spazio dunque ai brani ispirati dalla particolare “religiosità – non religiosità” di Fabrizio, eterno indeciso se credere o meno, ma volto ad una spiritualità universale che in qualche modo ci lega tutti sulla Terra.
Il Brano di apertura è stato però “Bocca di Rosa”, uno dei brani ironici e profani manifesto del cantautore, che finisce con la famosa beffa durante la sfilata cittadina, per una libera amante molto amata e molto popolare, sino a tributarle una vera adorazione.
Tra i brani più tragici, “La Guerra di Piero” e poi “Andrea”, sempre sulla guerra ma non solo, perché già negli anni Novanta Fabrizio anticipò i tempi, dichiarando che quelli che venivano considerati ‘diversi’ andavano ormai accettati, ed il soldato protagonista del testo, amava segretamente un altro commilitone.
È poi il turno de “Il Pescatore”, un brano metaforico ed anarchico, come il Gesù amato da Fabrizio.
Le venature umane e più disperate, sono riaffiorate con titoli come il celebre “Amico Fragile”; ma “Un Giudice” resta quella perla di vendetta, anticipata in apertura… ‘La statura di Dio’ difatti nessuno la conosce.
“La canzone di Marinella” personalmente, a me rimanda sempre ad un personaggio shakespeariano, sarà perché la dolce protagonista annega in un fiume… Ma se proprio di una Ofelia musicale non si tratta, pare ormai da molto tempo, che si possa considerare ispirata ad un fatto vero di cronaca nera: un femminicidio, per l’esattezza…
La morte tragica di una ragazzina di appena 16 anni e già prostituta.
L’aspetto coinvolgente dell’esecuzione di questo brano, molto caro a Faber, è stata la scelta di inserire la sua voce mentre la cantava: “Siamo tutti qui nel ricordo di qualcuno. Chissà se è qui? Forse lo è… Con lo spirito!”, ha detto Franz nell’annunciarlo.
Fabrizio si sentiva coinvolto dalla condizione femminile, dai suoi dogmi, offese, umiliazioni e pregiudizi dell’epoca. Da questi sentimenti era nata “Rimini”, dedicata all’errore di un’estate di una giovane ragazza, che perderà la sua ingenua fanciullezza in quell’anno.
Tanto “femminile” dunque nel live di sabato e tanti spunti sociali.
Nei brani d’amore, ha fatto capolino “Giugno ’73”, che va benissimo in questi giorni di dolore per la fine brutale di una giovane: altro non è che il percorso di accettazione della fine di un amore. Non trovate che Fabrizio abbia fatto davvero storia? Una storia che riesce a riflettersi in quella di tutti noi?
“È STATO MEGLIO ESSERCI LASCIATI CHE NON ESSERCI MAI INCONTRATI”, sarà infine la conclusione dell’autore che assimila la conclusione di quella relazione.
Si ritiene che il testo sia autobiografico.
Per il grande finale, richiesto a furor di platea, da un pubblico in piedi ad acclamare il loro ritorno sul palco, la PFM ci ha riservato due suoi brani tra i migliori: “È festa!” ed una versione strumentale di “Impressioni di settembre”.
Il tour sta registrando il sold out ovunque. Le prossime date li vedranno suonare ad Aosta, e sono già fissati appuntamenti sino al 2024, come a marzo a Bergamo.
A cura di Monica Mazzei
freelance culturale
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