Papa Francesco, la riflessione di Carlo Borghetti: riduttivo e sbagliato chiamarlo ‘brav’uomo’

Il pensiero del consigliere regionale del Pd, cattolico democratico

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FRANCESCO NON ERA UN “BRAV’UOMO”. LE NOSTRE COSCIENZE LO SANNO BENE.

Ho aspettato tutto il giorno a scrivere due parole mie sulla scomparsa di Papa Francesco, perché ogni parola mi sembrava banale o superflua.

Eppure abbiamo già tanto bisogno di ricordarlo in modo autentico, perché in questo mondo che corre alla velocità dei social è un attimo dimenticare i suoi messaggi più forti e scomodi -ispirati al Vangelo- indirizzati a credenti e non credenti in questi anni rispetto alle vicende del mondo.

Lo dico al di là del suo magistero più squisitamente ecclesiale incentrato sui messaggi della misericordia di un Dio che perdona sempre, dell’amore per i poveri, della giustizia sociale e della cura per il creato.

Lo dico perché in queste ore sto leggendo e sentendo tante parole che rischiano di ridurre Francesco all’immagine di un Papa “buono“ o di un “brav’uomo“…

Soltanto ieri, invece, nelle sue omelie per la Pasqua, Papa Francesco ha detto ancora parole forti, quasi un testamento, come quando ha ripetuto ancora una volta alla comunità internazionale che “nessuna pace è possibile senza un vero disarmo” e che “l’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo”.

Ancora ieri ci ha ricordato che a Gaza c’è “una drammatica e ignobile situazione umanitaria” e che al contempo “preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo”.

E ha ripetuto il suo costante appello alle parti in conflitto: “Cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente che ha fame”.

Non dimentichiamo le sue parole sulla “cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone” e ci “porta all’indifferenza verso gli altri, anzi alla globalizzazione dell’indifferenza”.

In spregio all’opinione pubblica di gran lunga prevalente, sui migranti e sulle “periferie geografiche ed esistenziali” Papa Francesco ha detto che “nessuna efficace soluzione umanitaria al pressante problema delle migrazioni di massa può ignorare la nostra responsabilità morale, con la dovuta attenzione al bene comune, per accogliere, proteggere, promuovere e integrare coloro che bussano alle nostre porte in cerca di un futuro sicuro per loro stessi e per i loro figli”.

Sul lavoro Francesco ha detto che “la cultura dello scarto s’è insinuata nelle pieghe dei rapporti economici e ha invaso anche il mondo del lavoro. Lo si riscontra là dove la dignità umana viene calpestata dalle discriminazioni di genere. Perché una donna deve guadagnare meno di un uomo? Lo si vede nel precariato giovanile: perché si devono ritardare le scelte di vita a causa d’una precarietà cronica? O ancora nella cultura dell’esubero. E perché i lavori più usuranti sono ancora così poco tutelati? Troppe persone soffrono per la mancanza di lavoro o per un lavoro non dignitoso”.

Potremmo continuare a lungo con tante altre citazioni letterali tratte dagli interventi di Francesco. Scomode, soprattutto per la politica e per i decisori politici. Perché se è vero che un Papa può parlare senza la necessità di dover trovare mediazioni tra le parti o dover trovare i soldi nel Bilancio, è vero anche che chi ha davvero a cuore il bene comune e governa con coscienza non può ignorare le verità espresse da Papa Bergoglio, perché lui ha “semplicemente” messo sempre l’uomo e la sua dignità davanti alle ideologie.

Non era un “brav’uomo” o un Papa “buono”: indicava strade giuste. E le nostre coscienze lo sanno bene. A noi, per chi condivide, la responsabilità di ricordarlo “autenticamente”, e la responsabilità di tradurre in azioni coerenti il ricordo.

Carlo Borghetti
Rho, 21 aprile 2025

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