Si e’ aperta ma e’ stata subito aggiornata a luglio, l’udienza preliminare per la vicenda della gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo, per la quale la Procura della Repubblica di Novara ha chiesto il rinvio a giudizio per don Zeno Prevosti – sacerdote ormai senza alcun ruolo e al quale la Diocesi ha imposto di “astenersi dall’esercizio pubblico del ministero sacerdotale”- e per quattro suoi collaboratori.
L’accusa ipotizzata e’ di truffa ai danni dello Stato e falso, e per tre degli imputati, anche di violenza privata. E’ il caso del residence “Cristina” , riconducibile a una societa’ di cui il sacerdote era socio insieme ad alcune delle altre persone coinvolte. Secondo l’accusa la societa’ avrebbe riscosso contributi pubblici non dovuti per l’accoglienza di profughi, ottenuti tramite la presentazione di fatture false o gonfiate, con ordini fasulli di prodotti che avrebbero dovuto essere utilizzati nel centro di accoglienza, e sui quali venivano chiesti e ottenuti rimborsi dalla Prefettura.
Il residence, tra l’altro, secondo l’Asl che aveva effettuato un sopralluogo, non aveva i requisiti igienico-sanitari necessari. E nel corso delle indagini erano emerse anche diverse altre irregolarita’, a cominciare da quelle relative alla tenuta dei registri delle presenze. Questo procedimento e’ il secondo filone di indagine, nata tra il 2018 e il 2019, sulla prostituzione che sarebbe stata esercitata in un altro centro di accoglienza per migranti, sempre riconducibile alla societa’ del sacerdote. In quel primo filone la posizione di don Zeno era stata archiviata: non e’ stato infatti dimostrato, come sosteneva invece l’accusa, che il sacerdote fosse a conoscenza dei traffici a luci rosse che sarebbero avvenuti nella struttura. Nello stesso filone hanno gia’ patteggiato una pena i gestori del residence e sono stati assolti i quattro custodi.