La gran vampa del meriggio a crogiolo. L’aurifera litta in bava di vento. Baruffe di mulinelli. Le pietre vive di lucertole e serpi. Gli arsi cardi selvatici. Il geometrico rigore delle ombre dagli angoli taglienti. Presagio di ogni destino. Il mare in bascula. Blu e schiumante. Ancestrale. Supini si allacciano e si legano e si stringono. Si avviluppano bianche gambe ai lombi in vigore. E vanno. Vanno con il candore dei bimbi che corrono nei prati e corrono lungo le salite e corrono giù sino alla battigia e ridono. Ridono. Ridono. E vanno. Oltrepassano confini. Vanno. Vanno. I corpi sono immersi in abisso. Ne sgorga la pura fonte di solide acque inesauste. E in quell’attimo, unico e irripetibile, le mani senza peso degli amanti impastano poesia. Grande nella misura di Dio e feconda al canto degli aedi. Si chiudono gli occhi. Si avvinghiano al capo. Si serrano a morsa. Così il loro sguardo cieco si apre a luce distesa. Priva d’ombre. Più lucente dell’alto sole. Si morsicano labbra al gusto dolce del sangue. E cadono. Cadono. Cadono spossati in grembo. Suggendo. E così dissetano. Paghi. In quell’atomo, sazio di tutto il tempo che mai sarà esteso nell’universo, la materia fonde. E dona felicità e pace. Un corpo puro. Vedono gli amanti dove pascola felice il leone. La pace si fa giorno e si fa notte. Creazione
Emanuele Torreggiani