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Maternità surrogata, dominio del dio mercato, politica ancella- di Emanuele Torreggiani

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Reale, utile, certo, preciso, positivo; così Augusto Comte (1789 – 1857) illustra siano i principi della scienza nella sua indagine del reale. Nasce il positivismo, scuola in netta opposizione all’idealismo ed ai suoi correlati: soprattutto metafisica e romanticismo.

Facendo attenzione agli anni trascorsi, tanti apparentemente, s’era al primo albore dell’era industriale, gli attributi di Comte illustrano in modo esemplare la tecnica del nostro tempo. Essa è reale, utile, certa, precisa e positiva: io sto scrivendo questa nota seduto al tavolo di un bar, nel bel sole di marzo, posto lungo il napoleonico Corso Sempione, mentre le mannequin vanno e vengono, altere e affamatissime, e posso, volendolo, richiamare dalla rete, il campo codificato, cui sono in connessione: un dizionario di etimologia, uno stralcio del ‘Corso di filosofia positiva’ (appunto Comte!) o una distrazione ludica. Mentre scrivo mantengo in sottotono: ‘Preludio e fuga in re minore’ di Jan Sebastian Bach eseguita al pianoforte da Vikingur Ólaffson. Lo posso perché usufruisco della tecnica allo stato puro: reale, utile, certa, precisa, positiva.

Dio, nella sua infinita bontà, ha concesso che sieda nel medesimo bar cui, più di quarant’anni fa, iniziai a scrivere la mia tesi di laurea: un tascapane di ruvida tela militare pesante di libri, sempre e comunque insufficienti, una risma di fogli di protocollo, una matita rossa/blu, una gomma per cancellare, una Parker 51 (la medesima posta ora sul taccuino ove rapidamente fermo un pensiero e scorgo la curiosità degli astanti ad un tal oggetto desueto) una boccetta di inchiostro. Ora, nel mio portatile pesante quanto un’anima vagula blandula, hospes comesque corporis, posso richiamare in presenza, da una nuvola o nebulosa o buco bianco, tutti gli articoli e gli scritti che, a vario titolo, mi hanno accompagnato. Lo posso perché ho il denaro sufficiente, invero modesto per le nostre latitudini, che mi consente di usufruire della tecnica. Della sua potenza titanica. Addirittura, in battuta diretta, mentre è partito Glenn Gould (1932 – 1982) con le Variazioni Golberg ed in sottotraccia si ode appena il suo canticchiare, un affettuoso mugolio, lui morto da decenni eppure ancora vivo, qui ed ora, ed una signora, molto milanese nella veste e nel tono, mi domanda di chi sia questa musica “davvero super” e, alzandomi dalla seggiola, le indico il sito, immediatamente, le sue dita vissute con la doppia fede in anulare, sigillo di vedovanza, mentre le ruota al polso un Cartier art déco al vedere stupendo, scarica il brano ringraziando con il candido sorriso riflesso della sua lontanissima infanzia: impianto esemplare. Tecnica & Danaro. Ah!, il Sommo Goethe, l’ultimo uomo universale ad aver camminato su questa terra, al crinale dei suoi anni s’incastrava in bocca una dentiera di legno per masticare un magro pasto già sminuzzato dalla fantesca e, per mitigare quell’antro osceno, parlava in pubblico celando la mandibola con un ventaglio spagnolo, l’uomo cui siamo debitori di una rotta che dovrebbe sigillare il nostro cammino: “Comunque si manifesti l’amore è raro”. Segnavia carminio che, sia scritto con ferma umiltà, dovrebbe sostenere queste righe ‘messe giù’ (milanesismo) dal cronista di campagna. E indicando la siamese congiunzione commerciale in Tecnica & Danaro si disvela il perimetro del nostro abitare: produttore e consumatore. In sintesi il libero mercato eletto a dominio del mondo. L’Impero dove ‘Dio è morto’, o meglio, sussiste quale simulacro della divinità: l’arte sacra che è, sia pur sublime, altra cosa rispetto la divinità. Ed anch’essa, infatti, è oggetto di mercato. Il danaro, Vespasiano, col cinismo del suo tempo ateo, non se ne fece scrupolo, riconoscendone la totopotenza; unito indissolubilmente alla Tecnica, produce la possibilità di comprare tutto ciò che è comprabile. Dunque e perché no?, la maternità sgravata dalla fatica, dal rischio, dal pericolo della propria maternità. La maternità surrogata: reale, utile, certa, precisa, positiva. La macchina, dalla produzione al consumatore, è in atto. Non si può arrestare. Nessuno può fermare danaro e tecnica. Perlomeno alcuna società liberale, quale la nostra, che ha eletto a libero mercato ogni suo costume. Si colga, al riguardo, l’involontaria comicità nel dichiarare come negli ospedali non vi siano più pazienti ma clienti. Il “cliente del cancro, il signor Vitangelo Moscarda, è stato sorteggiato per un ciclo gratuito di radioterapia”, si potrebbe, al riguardo, celiare a paradosso della estrazione dei buoni spesa commerciali. E sia. Abbiamo così accontentato il caustico Karl Kraus nel suo “Gli ultimi giorni dell’umanità”. Celiare appunto, ma non impedire. Ed è così. Il conformismo imperante, malattia mortale, di questi giorni, nel consueto, bassissimo, dibattito politico, lo evidenzia. Può nulla la politica. Nulla. Grida, alla stregua di rissa, per lo più. Tanto più che la politica, questa politica, è figlia, sempre minore, del libero mercato. L’ha sposato ed eletto a suo totem. A suo impalatore. E il libero mercato non conosce tabù. Il mercato governa la politica. Ed è talmente potente il mercato che, in caso di proibizionismo, accumula ancora più lauto guadagno. Si potrà dire, talvolta si dice, che queste ragazze, le madri mercificate, sono povere. Ovvio.

Il leone affamato del mercato ha bisogno di una manodopera a basso prezzo, sempre. In attesa di una struttura transumana capace di riprodurre il tabernacolo materno occorre accontentarsi del ventre povero. E comunque qualcosa pure ci guadagnano le povere madri e qualcosa è sempre meglio che niente, questa è la morale del libero mercato. Il capitalismo, in fondo, è compassionevole. Ed è talmente compassionevole che tiene nel suo alveo sia i favorevoli che i contrari. Contiene maggioranza e minoranza, consenso e dissenso. Li contiene nel perimetro dello spettacolo: la televisione ch’è sempre strumento, potente, di tecnica e danaro. E fattura. Più alte le grida più cresce il fatturato, pubblicitario. E li contiene tutti nell’assunto precostruito: il libero mercato è il mondo libero. Slogan. Ora però accade, è la natura, che il bambino prenotato nasca e arrivi. Come non si può impedirne la gestazione, è un fatto, i fatti hanno la testa di legno, così non se ne potrà impedire il deposito presso la proprietà legittima e certificata. La burocrazia è stata pagata. Quindi va registrato. Il bimbo è lì, deve mangiare, bere, evacuare, sarà certamente accudito da una fantesca diversamente ariana, ma necessita di uno statuto giuridico, l’anagrafe. La politica è chiamata a guardare la realtà del libero mercato che ha costruito ed eletto a suo tiranno. Non può esimersi. Lo dovrà riconoscere. È imperativo categorico del mondo, ateo, che ha eletto a potenza titanica, anagogica, la tecnica e il danaro.

Il capitalismo, non consente deroghe. E non si derogherà. Le grida odierne sono funzionali alle tribù che compongono lo spettacolo contenuto nel perimetro del capitalismo. Il tributo e la legge di Cesare, l’Impero di Tecnica & Danaro, vanno osservate, poi si adori pure il Carneade di turno. Carneade, la politica odierna.

di Emanuele Torreggiani

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