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Dall'archivio:

Mario Draghi, tutti allineati (e todos caballeros)- di Emanuele Torreggiani

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Perché il Mario Draghi si sia dimesso appare un mistero. Ha la maggioranza del Parlamento. E si dimette. Lui saprà, dovrebbe dire il perché. Se fosse l’uomo di cui si dice. Invece tace. Va al Colle e rassegna le dimissioni, con una maggioranza solida.
Sarà il caldo, la bolla africana. Sarà quel che sarà però è, e mai si vide dimettersi un presidente dell’esecutivo con tanto di maggioranza. Subito è partito il tam tam contro Giuseppe Conte, quasi che quest’ultimo, l’avvocato del popolo per usare uno stilema più da Lady Oscar che da rivoluzione francese, ne sia il responsabile. Quando invece è l’ultimo a volere le elezioni, l’ultimo visti i chiar di luna e dei sondaggi e della nuova legge castrante tutti i gruppi parlamentari. Per dirla tutta nessuno vuole le elezioni prima della scadenza di sorte, neppure chi, fratelli d’italia, le invoca a ritornello sul tono di quell’enfatico ‘siam pronti alla morte’, ma è meglio cantare che ti passa.

 

Però la colpa, in un paese di praticanti non credenti, basti vedere lo sconcio delle chiese ammalorate, non si scrive responsabilità ma colpa. Dunque la colpa è di Conte. Poveretto. Ma Draghi detiene la maggioranza. E non ne vuole più sapere. Mah. E nessuno lo scrive. Non mi meraviglio. Mai s’era vista una informazione così supina, supina supina, priva di pensiero critico, buona solo a rilanciare le veline del pensiero principale che oggi indica nel 5stelle il male di tutti i mali di questo paese. Essi, i pentastellati, rappresentano un partito eguale ad ogni altro, eguale nella pochezza di una classe dirigente incapace di ogni verità. Ma addossare ogni male a costoro ed al loro avvocato mi pare indecente. Il solito esercizio caproespiatorio che anticipa la mattanza post elettorale. Come se, via loro, il paese magicamente uscirebbe dalla palude malarica con un vigoroso colpo di reni da lottatore di sumo. Idiozie. E miseria tutta italiana. Purtuttavia rimane il mistero di un presidente del consiglio che si dimette pur avendo la maggioranza. Perché? Nessuno se lo domanda. Tanto meno i giornalisti, diconsi, che abdicano al pensiero critico e imbracciano il megafono della comunicazione propaganda. Che pena. Il peggio nei prossimi giorni.

Emanuele Torreggiani

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