Le parole verranno dopo. Inizia con la proiezione di un filmato l’incontro, voluto da ANPI Magenta, per riflettere e interrogarsi sulla vicenda dell’ambasciatore Luca Attanasio, assassinato in Congo nel febbraio ’21.
Davanti agli occhi dei numerosi presenti all’Ideal, il pomeriggio della scorsa domenica, si snoda una sequenza di immagini di luoghi di miseria – per le condizioni di sfruttamento cui è sottoposta la popolazione, i bambini in particolare – miseria dovuta – un paradosso – alla ricchezza di miniere di oro, diamanti e coltan (minerale importante per l’industria tecnologica) presenti nella regione Nord Kivu, teatro di annosi conflitti fra chi vuole impossessarsene, di lotte fra vari gruppi ribelli, tra cui l’M23 sostenuto dal Rwanda, e i soldati della Repubblica Democratica del Congo. Conflitti che la missione delle Nazioni Unite non riesce a impedire. A colonna sonora un brano cantato da Miriam Makeba.
Poi la musica ispirata a e da quelle immagini proseguirà con le note eseguite al piano elettrico dalla musicista Eugenia Canale. Note che, a intervalli, scandiranno lo svolgersi dell’appuntamento con Salvatore Attanasio, padre del giovane diplomatico italiano.
Ora veniamo alle parole. Dapprima quelle, sempre attraverso un video, di Renato Varriale, Direttore Generale per risorse e innovazione del MAECI, e del padre saveriano Pietro Rinaldi, che fu missionario nella Rdc. Entrambi conobbero bene Luca Attanasio. Il primo ne ricorda la significativa carriera diplomatica e il particolare impegno per la cooperazione internazionale; il secondo la grande umanità, la generosità, l’aiuto concreto portato ai più bisognosi, ai più deboli, soprattutto ai tanti minori abbandonati e indifesi.
Quindi a parlare è il papà. Occhi chiari, un viso dall’espressione pacata, ma non arrendevole, avvia il proprio intervento con la sintesi di quanto accade quel 22 febbraio.
“Non si è trattato di un fallito tentativo di rapimento a scopo di riscatto come si scrisse sui giornali allora, ma – asserisce – in seguito a indagini, svolte in forma privata dai nostri avvocati, sono emerse prove che si è trattato di una vera esecuzione … aspettavano Luca, quello che non conosciamo ancora sono il movente e i mandanti. Mio figlio era una persona che con il suo stile evidentemente aveva creato qualche squilibrio”. Lo affermerà più avanti, Salvatore Attanasio, ricordando quanto detto da amici congolesi: “Luca è arrivato in Congo e ha guardato il Congo con occhiali congolesi, non occidentali”.
I Ros inviati nello Stato africano non poterono recarsi nella zona della tragedia, ritenuta pericolosa, perché non venne loro data protezione né dalle NU né dalle autorità congolesi. Non poterono raccogliere testimonianza alcuna da parte degli abitanti del luogo, non poterono vedere la jeep, nulla.
“E già questa cosa non quadra. Ci si è basati solo – continua il relatore – sulle testimonianze dei due funzionari del World Food Programme, di cui uno italiano, essi pure sul convoglio. A loro carico l’accusa della Procura di Roma “di omicidio colposo per aver falsificato il documento di viaggio”. Avevano omesso di adempiere ai doveri imposti dai protocolli di sicurezza dell’Onu e dello Programma stesso. Il nome dell’ambasciatore e del carabiniere Vittorio Iacovacci non furono comunicati, “quindi niente autoblindata, né scorta in testa e in coda al convoglio”.
Perché non fu data la protezione dovuta? “Questo speravo potesse emergere dal processo che si sarebbe dovuto svolgere a Roma”, asserisce Attanasio. Ma l’aver accettato da parte del nostro Ministero degli Esteri, quale “prassi”, la richiesta di immunità diplomatica per i due funzionari immediatamente avanzata dall’ONU e non averne, invece, preteso la revoca, “ha portato il Gup a pronunciare la sentenza di non luogo a procedere per difetto di giurisdizione … né la Procura di Roma ha fatto poi l’annunciato ricorso”.
Perché lo Stato, come scritto dal giudice a chiare lettere nella motivazione della sentenza, l’unico che avrebbe potuto richiedere la revoca dell’immunità presso le NU, non lo ha fatto? Perché si è comportato così? Perché non ha difeso ‘due uomini di Stato’? Ecco le domande cui Salvatore Attanasio vuole trovare risposta.
“E’ una questione etica. Non si voleva aprire una questione con le Nazioni Unite, ma l’immunità diplomatica non può essere il lasciapassare per qualsiasi misfatto, per i marò non fu così. Ciò rivela tutta la debolezza di Roma nel contesto internazionale”, stigmatizza.
“Perché coprire un triplice omicidio? (insieme all’Ambasciatore e al carabiniere fu ucciso anche l’autista congolese ndr) Cosa si deve nascondere? Porteremo avanti la nostra battaglia di civiltà – conclude – quanto accaduto non rende onore al Paese che Luca e Iacovacci hanno onorato. I tanti politici incontrati mi hanno promesso tutti di ricercare la verità, ma come la cerchi con il silenzio?”. All’incontro, coordinato da Domenico Cuzzocrea e Elisabetta Bozzi di Anpi Magenta, è intervenuta l’assessore Maria Rosa Cuciniello.
Franca Galeazzi