Legambiente: Lombardia prima a livello nazionale per le esondazioni fluviali, Milano tra le città. Seveso caso simbolo

"Finché il Seveso rimarrà sotterraneo Milano non potrà dirsi sicura, le vasche di laminazione sono un rimedio tardivo, il quadro appare troppo compromesso"

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Pubblicato ieri il rapporto Città Clima 2023 – Speciale Alluvioni, che mostra un paese sempre più aggredito dalla crisi climatica negli ultimi quattordici anni, la serie storica presa in esame dai redattori dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente (2010- 31 ottobre 2023). La Lombardia è purtroppo protagonista delle casistiche, con il fiume Seveso segnalato come caso di studio a livello nazionale per il rischio idrogeologico.

Milano è la città italiana con la maggiore frequenza di esondazioni fluviali nel periodo in analisi (almeno venti eventi registrati solo tra Seveso e Lambro), mentre la regione nel suo complesso si attesta al terzo posto dopo la Sicilia e il Lazio per gli allagamenti da piogge intense (sessantasei eventi), mentre è prima per le esondazioni fluviali (trenta casi). Il report cita anche l’evento che ha colpito Milano nella notte tra il 24 e il 24 luglio 2023, quando la città ha perso cinquemila alberi in pochi minuti per i venti che hanno raggiunto i 100 Km.

“I fenomeni come quelli che hanno colpito la Lombardia sono inseriti in una serie storica in chiaro peggioramento” commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “C’è sicuramente bisogno di maggiori competenze per amministrare i territori in regime di cambiamento climatico, ed il caso del Seveso è in questo senso emblematico: in meno di dieci anni per ben tre volte si sono verificati eventi che hanno allagato il centro città, quando in passato le esondazioni erano sempre limitate ai quartieri nord. Anche le vasche di laminazione rischiano di essere inefficaci: non bastano le opere di difesa, serve una pianificazione territoriale che traguardi il ripristino della permeabilità dei suoli metropolitani, oltre che degli ambiti fluviali che la città ha nascosto sotto l’asfalto.”

Il fiume Seveso

Il Seveso è un corso d’acqua che non si presta a banalizzazioni. Intanto perché il Seveso è il vero ‘fiume di Milano’, ma non si vede. Perché è sotterraneo in tutto il territorio comunale, per cui la vera opera necessaria per rimetterlo in sicurezza sarebbe riportarlo alla luce. Piuttosto complicato ovviamente, ma ragionamenti dovrebbero andare in questa direzione, modificando le scelte insediative e recuperando le dismissioni per ripristinare la valle fluviale.

Tutte azioni che “costano”. Costa recuperare e bonificare aree dismesse per trasformarle in aree di espansione fluviale (anche perché sono tutte aree che, a Milano, sono fortemente appetite dalla speculazione immobiliare). Si sceglie, quindi, la soluzione più semplice, che è scavare vasche “al posto” delle aree verdi superstiti (pochissime, quasi inesistenti) lungo il suo corso nel tratto a monte. A novembre 2023 è entrata in funzione la prima vasca, 250.000 mc di capacità, realizzata a spese di oltre 50.000 mq di un bosco urbano piantato negli anni ’90 a Bresso, nel Parco Nord Milano.

Sicuramente si tratta di un’opera utile, sebbene realizzata con un elevatissimo costo in termini ecologici e paesaggistici. Il problema è che questa vasca avrebbe dovuto essere l’ultima, e non la prima, del sistema di sicurezza del capoluogo lombardo: essa è concepita per attivarsi per onde di piena brevi, quali quelle scatenate da un violento ma localizzato temporale estivo. Una piena generata da piogge abbondanti ma estese, come quella che ha invaso la città lo scorso 31 ottobre, porta verso Milano volumi di acqua di svariati milioni di metri cubi, che riempirebbero la vasca in poche decine di minuti, se non trattenute più a monte, dalle altre vasche del sistema.

Di queste, la più importante è sicuramente la vasca di Varedo-Paderno: un invaso artificiale che, quando sarà realizzato, potrà contenere oltre 2 milioni di mc d’acqua. Ma la realizzazione di quest’opera, che fra l’altro sarebbe accompagnata dalla bonifica di terreni contaminati dallo stabilimento dismesso della SNIA di Varedo, è ancora in alto mare.

Più avanzato, nonostante svariati problemi nell’esecuzione delle opere, è l’invaso di Senago, che però potrà contenere solo 800.000 mc, una parte dei quali derivanti dalle piene di altri torrenti che scendono dal pianalto argilloso delle Groane. Un invaso fortemente contestato dai comitati locali, visto che si tratta di un invaso ‘fuori linea’ rispetto al torrente Seveso, che dista oltre 5 km: è comprensibile che le comunità locali, che non sono rivierasche del corso d’acqua, siano scese sul piede di guerra quando è stato detto loro di farsi carico delle piene del torrente, in quanto i comuni rivieraschi, al contrario, avevano cementificato tutte le aree libere disponibili…

Fra l’altro, il fatto che l’invaso sia fuori linea, ne depotenzia fortemente il ruolo: le acque di piena che esso potrà accogliere, infatti, non potranno eccedere la portata del canale adduttore: si tratta di 60 mc/sec, una portata che è meno di un terzo di quella di picco di un tipico evento di piena del Seveso. Significa che il grosso dell’onda di piena non potrà essere intercettato dall’opera idraulica. Altre vasche e aree di espansione completano il sistema che, a regime, dovrebbe avere una capacità complessiva di circa 4 milioni di mc.

Tutto bene? Ni. Il sistema, per come progettato, se e quando sarà a regime dovrebbe essere in grado di proteggere Milano dagli eventi alluvionali che generano enormi disagi e danni ai quartieri settentrionali. Stiamo parlando di gestire onde di piena come quelle, estremamente devastanti, che negli ultimi dieci anni si sono ripetute in almeno tre occasioni (due eventi nel 2014 e uno nel 2023). Ma questi eventi si sono caratterizzati per piogge certamente importanti, ma ben al di sotto dei 100 mm nell’arco delle 24 ore.

Poca cosa in rapporto a eventi di natura catastrofale quali quelli che recentemente hanno colpito altre regioni, con volumi di pioggia dell’ordine di diverse centinaia di mm. Ad esempio, una pioggia di 250 mm scaricherebbe, sulle sole superfici coperte di cemento e asfalto del bacino del Seveso, un volume di oltre 15 milioni di metri cubi d’acqua, quattro volte superiore alla capacità di tutte le vasche. L’onda di piena che ne verrebbe generata riempirebbe le vasche nell’arco di poche ore, lasciando defluire i volumi in eccesso che finirebbero, inesorabilmente, per piombare su una città in cui il torrente è racchiuso in un tubo sotterraneo di portata ridicolmente bassa.

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