sabato 23 Settembre 2023

Le 14 stazioni di Sergio Chiodini – di Emanuele Torreggiani

Quattordici fermate, prima di ripartire. Si ha una promessa da mantenere ed ancora strada da fare prima di arrivare, strada da fare prima di arrivare. E nella ripetizione l’appuntamento non è più in un luogo, o spazio o volume, dentro un perimetro, ma in quell’universo che appare, per quanto in gran parte sconosciuto. di Sergio Chiodini, preziosa edizione de Il Segnalibro. Quattordici pagine per quattordici cronache dei giorni vissuti nelle stazioni lungo la strada da fare, come illustra Robert Frost da cui ho mutuato l’inizio di questa mia scrittura.

Affresco di cronaca in cui l’autore interpreta, con il linguaggio poetico, quindi l’unica lingua prossima alla verità, la morte di suo padre. L’esperienza vissuta, comune a tutti eppure per ciascuno nuova e irripetibile, così è la morte, viene narrata grazie alla materia prima di ogni tentativo di espressione: il dolore. Il dolore infatti è il soggetto autentico dei quattordici canti. E si dimostra, il dolore, matrice iniziale di ogni fare poetico. La concretezza della lingua trasmette, al lettore, un proprio dolore intimo perché si innalzi a dolore condiviso. L’arte nasce da lì. Dal crogiolo costantemente arso dalla morte. Il cui stampo produce dolore.

Sergio Chiodini (al centro)

Compatire il dolore, è operazione artistica. L’uomo, semplicemente un uomo, vuole trasmettere il suo sentire. Compatire significa null’altro che il patire insieme riconoscendosi, nel dolore, fratelli. Fratelli nell’essere uomini. Ora, se ci soffermiamo un istante, scrivendo essere, l’essere assume una concretezza quasi di ghisa. E lo è, di ghisa, quando la narrazione è forte e diventa parola pesante. Parola irrinunciabile. Qui l’essere, la nostra essenza, si mostra nudo. Noi lo raffiguriamo il nudo, ma il nudo che vediamo è il corpo nudo. La nudità dell’essere la cogliamo quando ne sentiamo la sua espressione: dolore, amore. Il sentire che ci fa considerare che possiamo essere uomini. La nostra verità che ci mette a nudo. Ecco (a mio avviso) nel libriccino Sergio Chiodini, apprezzato docente di letteratura al liceo Salvatore Quasimodo, mettendosi a nudo con la lingua poetica della verità ha disvelato il nostro essere. Nel dolore e nell’amore. E sia il dolore che l’amore assumono valore di luce, illuminano il nostro essere nel suo stato di grazia. E nella grazia si comprende di quanto noi, poi, si sia deboli, e quindi uomini. Infatti, caratteristica dell’uomo e della sua libertà unica, ci si riconosce fratelli solo nell’essere: dolore e amore. Non nel fare della vita quotidiana. Se così fosse, se il fare coincidesse con l’essere, questa terra sarebbe il paradiso. Ecco, paradiso, quell’universo il cui riflesso s’intravvede talvolta nelle belle nottate limpide di tramontana. E ci si perde nella strada da fare prima di arrivare.

Quattordici sono le stazioni di Cristo. Gesù Cristo, l’imprescindibile soggetto artefice imprescindibile della tutta cultura nostra. Richiamando sulle sue spalle i millenni dell’ellenismo Cristo, il figlio di Dio quindi Dio, trasforma la tragedia della morte nella stazione quindicesima, la Rivelazione della Resurrezione. Se Cristo è risorto anche io risorgo, scrive San Paolo ai Corinzi. Anche Sergio Chiodini.

Emanuele Torreggiani

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