Tra i miei studi di questi anni provo un certo interesse per le opere di alcuni uomini e donne, che la Chiesa riconosce come santi, alcuni vengono chiamati “santi sociali”, quasi tutti vissuti nella città di Torino.
Questa volta ho cambiato, la mia attenzione è rivolta ad una donna che è vissuta a Roma, anche questa una nobildonna, Teresa Orsini Doria. Nel mio consueto raid alla Consolata sulle bancarelle ho trovato proprio un sintetico libretto che tratta la vita e le opere di Teresa. “Da ricca che era…Vita e opere di Teresa Orsini Doria”, San Paolo (2006) scritto dalla storica torinese Cristina Siccardi.
Nell’introduzione di Alessandro Pronzato, Teresa Orsini viene definita una “donna fuori da tutti gli schemi”. Una donna fuori dal comune, affascinante, intelligente, corteggiata, invidiata, ma soprattutto di una generosità, intraprendenza, sensibilità, dedizione, che lasciano sbalorditi. La mia curiosità per questo tipo di santità mi ha spinto a leggere il testo di 143 pagine, composto di dieci brevi capitoli. Teresa nacque a Gravina il 23 marzo 1788, era la primogenita del principe Domenico Orsini e della principessa Faustina Caracciolo. Il periodo storico che ha vissuto la giovane principessa è quello della Rivoluzione francese che porterà morte fra la nobiltà e popolo cristiano del tempo. La Siccardi oltre a presentare la straordinaria figura di Teresa e poi anche del suo sposo, si sofferma sul periodo storico che causò persecuzione e martirio per la Chiesa, sia in Francia, ma poi anche in Italia, con l’invasione napoleonica. Roma fu invasa e depredata dei suoi tesori, il centro della Cristianità venne trasformato in una repubblica giacobina e due Papi in successione furono deportati. Interessante il riferimento alle lacrimazioni delle “madonnelle” per le vie di Roma, si arrivò a contare 122 immagini miracolose in tutto lo Stato Pontificio. Il 2 ottobre 1808 la giovane Teresa si sposò con il principe Luigi Doria Pamphilj Landi, un nobile romano. Da questa unione nacquero quattro figli, di cui si prese cura la principessa in persona.
In una Roma carente di servizi sanitari e case di accoglienza per i più indigenti , Teresa Doria Pamphilj “non esitò con il consenso del marito a mettere a disposizione i suoi beni”, senza però trascurare la famiglia e l’educazione dei propri figli.
Le porte dei suoi palazzi, sia a Roma che ad Albano, erano sempre aperte per chi desidera, chiedere consiglio o aiuto morale economico. Fu una donna intelligente, colta, aperta alla conoscenza, all’estetica e alla musica. Teresa Orsini che amava l’arte, il bello, ha finanziato anche scavi archeologici. “Rimanendo ferma al proprio posto, onorando il nome della propria famiglia, partecipando anche agli impegni e doveri sociali che la sua posizione comportava, – scrive la Siccardi – Teresa fu vera Dama di sangue, di spirito e nella carità trovò la dimensione ideale della sua persona”. Il suo impegno si svolse principalmente negli ospedali romani, nella Roma Papalina dalle mille contraddizioni, come rileva Cristian Siccardi nei due capitoli dedicati alla situazione sociale della capitale. La penuria di cibo, la cattiva alimentazione dei suoi abitanti, le gravi malattie come il tifo petecchiale, fattori che contribuivano a una diffusa mortalità del 40% della popolazione. In questa situazione, “la domanda di assistenza era di gran lunga superiore alla risposta delle strutture civili di soccorso”. Ecco che Teresa coglie l’urgenza di intervenire in prima persona per assistere i bisognosi, i malati, le ragazze di strada. La principessa fondò diverse istituzioni a cominciare dal laboratorio a cui le inferme guarite all’ospedale san Giacomo, trovavano lavoro per mantenersi. Da una sua malattia Teresa si convinse che doveva servire e assistere i malati. Si occupò nel 1820 anche della fondazione delle suore di carità per l’assistenza domiciliare in un quartiere di Roma. Successivamente, per dare risposte alle scarse istituzioni sanitarie, Teresa decise di dare vita alle Suore Ospedaliere della Misericordia. “Le sue figlie dovevano portare nelle sale del dolore il balsamo dell’amore di Cristo”. Teresa non voleva fare un’azione filantropica in favore dei bisognosi, come poteva accadere per altri nobili romani. “Per la principessa Orsini la risposta al suo soccorrere gli altri era Cristo: aveva posto alla base delle sue azioni il suo amore per il signore Gesù e in questo fu appoggiata dal consorte Luigi. Insieme fondarono una chiesa domestica che si dilatò oltre i confini delle loro stanze e la loro unione si alimentò giorno dopo giorno, riuscendo a trasformare realtà impossibili e invivibili in realtà umane e dignitose”.
La nostra grande benefattrice romana riuscì insieme a suo marito Luigi “a donare a Roma un luogo d’amore e di accoglienza, di conforto e di vera e propria salvezza a tanti individui altrimenti destinati a morire senza dignità”.
Teresa sottolinea la Siccardi aveva respirato nella fanciullezza l’atmosfera francescana, da qui la sua umiltà e la sua immensa semplicità di cuore nell’aiutare il povero e il bisognoso.
I due sposi si aiutavano a vicenda utilizzando le loro risorse caritative ed evangeliche. “Luigi seguiva l’apostolato dell’amata Teresa tanto negli ospedali quanto fra la gioventù più a rischio”. E’ fuori di dubbio che i due coniugi romani sborsarono ingenti somme di denaro per aiutare i diseredati. Il testo della Siccardi evidenzia che i due principi, nel loro concepire il sacramento del matrimonio, nella loro sete di cristianità e nella loro ferma fede, ricordano molto un’altra coppia di sposi vissuta negli stessi anni, in Piemonte. Si tratta dei marchesi di Barolo, Giulia Colbert e Carlo Tancredi Falletti di Barolo. A suo tempo mi sono occupato di queste due figure, in particolare della marchesa, presentando l’opera di suor Ave Tago, “Giulia Colbert di Barolo. Madre dei poveri” (Libreria Editrice Vaticana 2007). Due coppie, nobili di nascita, che andrebbero studiate a fondo, entrambi lanciati nelle opere di carità. E soprattutto la Chiesa dovrebbe accelerare la canonizzazione delle due coppie per proporli ad esempio a tutti i credenti. Il mondo di oggi ha fortemente bisogno dell’esempio di “italiani seri” come questi sposi che si sono instancabilmente donati all’umanità bisognosa di aiuto.
Il cardinale Camillo Ruini il 13 novembre 1998 durante la cerimonia di apertura del processo diocesano della serva di Dio Teresa Orsini, disse: “Teresa poteva ben vantare l’avvenenza fisica. Ma una bellezza ancora più grande era quella che promanava dalle sue qualità morali”. Il cardinale sottolinea come la principessa non esitò con il consenso del marito a mettere a disposizione i suoi beni per i bisognosi, senza trascurare la propria famiglia. Peraltro tutto il suo instancabile impegno verso gli altri non poteva che minare la sua salute. Infatti la nostra principessa il 3 luglio del 1829 a soli 41 anni lasciò questo mondo. Consumata dall’amore per gli altri, non a caso Teresa Orsini è conosciuta come “martire della carità”.
DOMENICO BONVEGNA