Continua il mio tour tra i “giganti” della Chiesa che hanno operato nella Carità,
quelli riconosciuti come santi, beati, venerabili, e altri non riconosciuti. A suo
tempo ho cominciato con il beato Faa di Bruno per arrivare ora a quelli più o
meno conosciuti conosciuti presenti nel libro di Antonio Maria Sicari, “I Santi
nella Carità. Figli, discepoli, amici di Vincenzo de’Paoli”, Editoriale Jaca
Book (1999). Il testo presenta ai lettori una serie di uomini e donne legati da un
filo conduttore, quello di essere impegnati totalmente con gli ultimi, con i più
deboli, con i poveri, gli emarginati. Sicari inizia il suo studio presentando San
Vincenzo De’ Paoli (1581-1660), che potrebbe essere il padre che ha iniziato la
grande opera di assistenza dei poveri di ogni tipo. Seguono i suoi figli spirituali:
Santa Luisa De Marillac (1591-1660), Santa Caterina Labourè (1806-1876),
quindi i discepoli: Santa Elisabetta Anna Seton (1774-1821), Beato Federico
Ozanam (1813-1853), Santa Maria Crocifissa di Rosa (1813-1855), Beato
Pier Giorgio Frassati (1901-1925). Infine gli Amici: San Francesco di Sales
(1567-1622), San Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842), San
Giovanni Bosco (1815-1888), Beato Luigi Orione (1872-1940).
Pier Giorgio Frassati
“I santi nella carità – scrive Giovanni Burdese nell’introduzione – sono stati
coloro che hanno esaltato nella loro vita e nelle loro opere la figura del
Redentore, nell’atteggiamento della misericordia. Quelli riportati in questo
volume non sono beninteso né gli unici discepoli, né gli unici amici di san
Vincenzo […]”. Sono quelli che padre Sicari ha selezionato secondo i suoi
innumerevoli studi, essendo un vero cultore della vita dei Santi, come
testimoniano i numerosi libri sui santi che ha scritto. Praticamente nel testo
padre Sicari riproduce “una non piccola parte di quella grande corrente
spirituale, debitrice alle intuizioni di san Vincenzo”, che fu “il genio della
carità”, e la sua vita “un vangelo aperto” come ebbe a dire san Giovanni Paolo
II.
La teologia di san Vincenzo è semplicissima: é la carità di Dio, resa visibile
nell’Incarnazione. Il suo linguaggio è comprensibile da tutti: servire è regnare.
Ha operato su diversi fronti da quello laicale a quello prettamente religioso, in
ogni ambito della società del suo tempo. Chiamò la sua prima associazione
laicale, formata da nobili “signore”, semplicemente “Dame della Carità”,
secondo la tradizione che risale al Medioevo. Tra le sue dame che imboccavano
i poveri negli ospedali troviamo duchesse e principesse e perfino la regina Anna
d’Austria e la principessa Maria di Gonzaga, futura regina di Polonia. Era il
periodo in cui Moliere attaccava le “preziose ridicole” che oziavano nei salotti,
piene di riccioli e di cosmetici. Ma se abbandonava i suoi pregiudizi forse
poteva conoscere “centinaia di nobildonne che curavano con le loro mani i
poveri pidocchiosi del quartiere […]”. Del resto tra le dame di carità di san
Vincenzo, c’era quella nobildonna Luisa de Marillac, divenuta sua stretta
collaboratrice al servizio dei poveri, sempre da laica. San Vincenzo imparò ad
essere responsabile dei poveri, nella casa dei ricchi nella Francia scristianizzata,
attaccata contemporaneamente da tre nemici: il protestantesimo, l’ignoranza
religiosa, il nascente giansenismo.
Santa Elisabetta
“Vincenzo riuscì in ciò che nessuno: era riuscito a realizzare: assieme a Luisa
de Marillac radunò alcune ragazze del popolo che intendevano consacrarsi al
Signore, pur restando nel mondo, a completo servizio dei poveri dei derelitti:
nacquero così ‘le figlie della carità’ che vennero chiamate particolarmente ‘le
suore grigie’”.
Vincenzo e Luisa hanno fatto centinaia di “suore grigie” che venivano impiegate
nei luoghi e nel mondo dove c’era tanta sofferenza. Negli ospedali, che
diventavano un inferno quando si diffondeva la peste come nel 1636.
Nell’impegno di accudire i cosiddetti bambini trovatelli, ogni anno sono
centinaia nella sola Parigi ad essere abbandonati. Poi ci sono i carcerati e i
galeotti; nelle carceri di allora si marciva da vivi. Vincenzi diventa cappellano
dei galeotti destinati ad essere inchiodati con una catena ai remi delle navi. Le
suore devono fare di tutto con questa gente, in questi ambienti, senza falsi
pudori, senza atteggiamenti schifiltosi. Costrette a subire calunnie, bestemmie,
linguaggi grossolani. Per Vincenzo bisogna essere come “i raggi del sole che si
posano continuamente sopra l’immondizia, e nonostante questo non si
sporcano”. Dopo i galeotti bisogna occuparsi di curare i soldati, impegnati nelle
tante periodiche guerre. Quello che Sicari evidenzia nel testo è che il nostro
santo aveva una soluzione per ogni problema. In tutta quella massa di poveri,
diseredati e fannulloni, riuscì a far gustare il lavoro, a creare dei “centri di
riabilitazione al lavoro” (quanto sarebbe necessario oggi san Vincenzo).
Addirittura Vincenzo organizzò delle “piccole case” in cui mendicanti, marito e
moglie, avessero il diritto di vivere assieme. In pratica Monsieur Vincent
divenne quasi un ministro del regno che interloquiva con re e regine. Alla morte
del re, la regina Anna lo scelse come consigliere e così Vincenzo divenne un
potente personaggio pubblico, una specie di Ministro per l’assistenza sociale.
A questo punto Vincenzo si servì di questa carica per rafforzare tutte le sue opere:
moltiplicare le missioni, fondare seminari, dotare ospedali e opere caritative.
Vincenzo si è adoperato a difesa della Verità, conducendo una lotta senza
quartiere contro l’eresia allora dilagante del giansenismo. Quest’opera veniva
considerata decisiva, e più importante di ogni altra.
Certamente non starò qui a presentare tutti i “santi” proposti da padre Sicari.
Cercherò di sintetizzare, di cogliere dei particolari importanti. San Vincenzo e
Luisa de Marillac, “sono destinati l’uno all’altro, ancor di più di quanto accade
in un matrimonio”.La Marillac ha avuto una vita difficile, intanto è nata da una
relazione irregolare del padre (non si conosce neppure il nome della madre). In
passato i biografi, scrive Sicari, nascondevano questa “macchia”, ma la Chiesa
per farla santa non ha opposto nessuna obiezione. La donna ha sposato un
borghese, segretario della regina, ha avuto un figlio, ben presto cadde in una
crisi esistenziale, ponendosi infinite domande sulla propria vita, sulla sua
vocazione di madre e di sposa. Padre Sicare cerca di spiegare il doloroso
tormento che affliggeva la donna. Cercava una sua strada, ma non riusciva,
perché ancora nella Chiesa di allora non esisteva. Cercava di curare la nevrosi
che la tormentava. Sicari racconta come Dio si servì della malattia di Luisa per
curare l’intera Chiesa. Alla fine Luisa capì qual era il suo compito, s’immerge
completamente nel mondo della carità, mettendosi in viaggio per visitare e
organizzare confraternite, suggerendo nuove forme di aiuto per i poveri e
l’educazione delle bambine. A noi sembra normale oggi, ma Sicari ci invita a
metterci nel tempo in cui viveva la Marillac: “una vita così, per una
nobildonna sola e priva di qualsiasi protezione, non era soltanto avventurosa:
era socialmente inconcepibile”.
Sicari conclude la parte dedicata santa Luisa delineando la “mistica dei poveri”,
presente in Vincenzo e Luisa, che diedero origine alla loro opera più importante.
Tutto un servizio per i poveri, ognuno doveva contribuire secondo il proprio
stato, ma qualcuno doveva dedicarsi interamente ai poveri. Ecco sonate le
“serve dei poveri”, che vivono nel mondo, in mezzo alla società di allora, in
un’epoca in cui non esiste la suora come la conosciamo noi.
Santa Caterina Labourè, umiliata dagli uomini ed esaltata da Dio. La
conosciamo come la veggente che apparsa la Madonna che gli ha indicato la
Medaglia miracolosa. E’ la “santa del silenzio”, come la definì Pio XII.
Tra i discepoli di san Vincenzo, la prima figura evidenziata dal libro c’è Santa
Elisabetta Anna Seton, nacque a New York, è la prima santa americana e Dio
volle che essa sperimentasse quasi tutte le vocazioni: sposa, madre di cinque
figli, giovane vedova e poi, contemporaneamente, educatrice dei suoi ragazzi e
madre Fondatrice (legata con i voti) del primo istituto religioso d’America. La
sua vita scrive Sicari è molto simile ad un romanzo, simile a quella dei pionieri
d’America. Sarebbe interessante farla conoscere ai “cattolici della domenica”
che spesso vivono una sudditanza psicologica nei confronti del mondo
relativizzato, politicamente corretto. Per la verità quasi sempre la vita di questi
“santi”, ha delle caratteristiche similari, tutti subiscono tragedie, forti contrasti
con il mondo dove vivono e spesso anche persecuzione, come la nostra Anna
Seton, che dalla Chiesa protestante episcopale passa poi alla Chiesa cattolica di
Roma. In quel tempo, precisa Sicari, convertirsi al cattolicesimo significava
morire socialmente.
Il secondo discepolo preso in esame da Sicari è il beato Federico Ozanam, una
figura straordinaria, un laico, prima studente, poi professore della Sorbona a
Parigi, che ha operato perché la fede diventi cultura. Ozanam amico delle grandi
personalità del tempo, fu attratto dall’opera della “Società di san Vincenzo de’
Paoli”, che si occupava della sofferenza sociale dei poveri di Parigi. Quando era
studente, provocato dal socialista Saint Simon, che lo interrogava su quali erano
le risposte dei cattolici per i poveri. Organizzò gli studenti in “Conferenze di
carità”, dette poi di san Vincenzo de’ Paoli e cominciarono a portare ai poveri
di Parigi tutto quello di cui avevano bisogno. Alle “visite ai poveri” si
aggiungeranno col passare degli anni: fondazione di asili, patronati, orfanotrofi
e centri per adozioni, ricoveri per anziani, scuole per i poveri, scuole per i
giovani carcerati, scuole per militari, cucine economiche, casse di risparmio,
dispensari, biblioteche popolari, centri gratuiti di consulenza legale, circoli
ricreativi, centri di accoglienza per ex carcerati, centri di formazione
artigianale, uf ici di collocamento…Ogni sof erenza sociale, ogni povertà e
ogni bisogno troveranno qualche risposta nella ‘Società di San Vincenzo de’
Paoli’, la cui peculiarità sarà quella di non essere un istituto religioso tra gli
altri, ma un’opera interamente laicale”. Di fronte a questo elenco così
dettagliato quale riflessione si potrebbe fare, la Chiesa si è sempre occupata
degli ultimi, lo ha fatto attraverso uomini e donne eccezionali che si sono
rimboccati le maniche e hanno operato senza troppi scrupoli. Al contrario delle
istituzioni, spesso deficitari. I Santi della carità sono la migliore risposta a tutti
quei soloni del sapere che scrivono e parlano infangando la Chiesa attribuendo
le peggiori infamie.
Altra figura osservata è Santa Maria Crocifissa Di Rosa, santa bresciana,
vissuta nel periodo dei cosiddetti “Santi sociali” torinesi, alcuni presenti in
questo libro come il Cottolengo, don Bosco, Murialdo. Qualche anno fa, il
cardinale Giacomo Biffi, introducendo un libro sulla storia della Chiesa
dell’800, rispondeva agli attacchi contro la Chiesa: Lo Spirito di Dio, riesce
sempre a mandare gli ‘evangelizzatori dei poveri’, che rianimino la fede delle
nostre campagne e soccorrono tutte le sventure. Anche questa Paola Di Rosa era
di famiglia nobile, suo padre Clemente ha segnato la storia di Brescia. Questa
donna si è occupata anche lei di ospedali con una straordinaria capacità
imprenditoriale. Per tutto quello che ha fatto, hanno scritto che aveva nelle vene
il sangue di una manager lombarda.
Beato Pier Giorgio Frassati. Anche questo giovane torinese proviene da una
famiglia conosciuta a Torino, suo padre senatore, ambasciatore d’Italia a
Berlino, ha fondato il quotidiano La Stampa. In questo profilo di Frassati, si
evidenziano alcuni passaggi della sua breve vita molto significativi, un giovane
per nulla bigotto che si interessa dell’associazionismo laicale nella Chiesa, ma
anche di politica partitica, fino ad avere scontri fisici con altri giovani avversari.
Naturalmente anche lui ha avuto una propensione per aiutare i poveri, gli ultimi
della società, senza mai risparmiarsi, fino a contrarre una grave malattia che lo
portò a morire in pochi giorni. Sicari è molto critico con alcuni che manipolano
la vita dei santi, in particolare questa di Frassati che è un cristiano tutto d’un
pezzo: il termine “laico” e “cristiano” si equivalgono in maniera assoluta per
una persona battezzata.
Non posso dilungarmi, l’ho promesso. Infine padre Sicari si occupa degli
“Amici” di san Vincenzo e propone quattro profili di santi, tra i più noti della
Cristianità: S. Francesco di Sales, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, san
Giovanni Bosco e San Luigi Orione, canonizzato nel 2004 da Giovanni Paolo II.
Ognuno di questi si è occupato degli ultimi, degli emarginati del loro tempo,
creando straordinarie opere in Italia e in tutto il mondo.