Accade quaggiรน, in quel casolare ultimo a mezza lega dal bosco dove, di lร dagli alberi, scorre il fiume dalle frementi acque acciaiose in un letto a sassicaia di quarzo travolto nello scorrere di millenni cangianti e la rongia, adiacente le porose mura, smuove da anaconda le alte erbe della scesa in cui sโannidano retori grilli. Al vertice dei pioppi cicale irridenti. Per lโovunque una brezza smuove a onde il mare verticale del mais diviso dalla serpentinaย strada quale intuรฌ Mosรจ dirimpetto le acque. La brezza alterna composta, nella forma divina, tonico alito e fiato di ventre. Lโestate si matura. Apparizioni di allocchi, agguati di serpi, guizzi di ramarro, scarti di lucertole, foglie incartocciate, sciami conici di mosche, mantellati pipistrelli ingordi. Il disperato raglio. Ma la notte salda il silenzio, quando noi si arriva discendendo il serpentino catrame verso quelle luci a costellazione raminga.
Lasciamo gli abitacoli intrisi di fumo e sparsi di cenere e incediamo, le nostre scarpe lustre che caracollano per marmi e moquette, sulla breccia di un quarzo immemore che non restituisce traccia, al portico spiovente dove una preziosa chellerina ci accoglie collโinnocente sorriso carico diย divertitapazienza. Sono arrivati allโora prossima della chiusura. Si, lโora nostra. Mentre ci accomodiamo allโaperto, quali remoti principi di regni defunti, sulla paglia di seggiole sgrossate a colpi dโascia, versiamo dal secchio argentino di ghiaccio il nostro vino consueto, cascate di bolle, senza per altro avanzare pretese, la cucina รจ chiusa, noi sโaccetta, con gioia luminosa, dal fondo della padella rovente uova e pancetta e tagli di salumi e spacchi di formaggi. Noi quattro o cinque o tre o due, o me solo, si riconverte la luce diurna dentro la notte, nel suo silenzio fetale. E sulla brezza arriva il canto polifonico dellโacqua laggiรน, di lร dagli alberi. Attendiamo lโinverno, quando accade allโora nostra. Quando la bruma ormai monta ad altezza dโuomo e il silenzio veste abissi vertiginosi e lรฌ, smarriti, lo sentiamo. Appena un frullo: la terra che ruota sul suo asse. Grazie Stefano Viganรฒ.
Emanuele Torreggiani