E venne il giorno del ritorno alle origini o, più prosaicamente, di una politica di riposizionamento che il padrone di Facebook, Instagram e Wapp, ha imboccato con l’inizio del nuovo anno.
Ne abbiamo già scritto questo pomeriggio pubblicando integralmente, nell’articolo del nostro direttore editoriale Fabrizio Provera, l’intervento di Marc Zuckerberg.
Pur accogliendo più che positivamente la svolta del ‘Signor Meta’ alcune riflessioni sono d’obbligo.
La politica restrittiva imboccata dai suoi social aveva creato più di un malumore. Tanto che alcuni utenti – come scrive testualmente lo stesso Zuckerberg – si vedevano di continuano ‘censurati’.
Contenuti cancellati perché rientravano nelle strette maglie che Facebook aveva creato inizialmente come degli ‘anticorpi’ alle fake news e a chi voleva utilizzare i social promuovendo contenuti violenti, contro la parità di genere e discriminanti, ma che alla lunga questo rigore si era trasformato in un nemico della libertà d’espressione.
Un tagliola in cui anche una gruppo editoriale come il nostro che fa dell’essere glocal e dell’essere per la sua visione di libertà d’espressione, il suo ‘valore aggiunto, più di una volta è caduto. Sovente senza capirne nemmeno le ragioni.
Abbiamo notato in modo esponenziale come negli ultimi mesi la ‘censura’ fosse cresciuta in modo esponenziale.
L’avviso ‘contenuto rimosso’ è iniziato così ad apparire più volte in modo preoccupante anche nel corso di una medesima giornata rispetto ad articoli che teoricamente non avevano nulla di pericoloso per la comunità, oltre che per i lettori, se non quello di informare.
Un meccanismo che Zuckerberg in primis ha capito che si sarebbe potuto ritorcersi contro. Anzi il meccanismo si era già innescato ….
Anche perché i ‘social network’ vivono dei contenuti che i media, oppure, anche gli stessi liberi cittadini, in autonomia, o in comunità, pubblicano alimentando così questa moderna e super geniale ‘catena di Sant’Antonio’.
Che senso avrebbe se quello che taglia la catena è proprio l’autore di questa grande intuizione? Ergo il ritorno alle origini.
Anche perché le comunità locali, i milioni di persone che non avevano voce, hanno trovato proprio in Facebook all’inizio e poi negli altri social il loro miglior ‘megafono’. In altre parole una inesauribile fonte di contenuti che certo andava governato, moderato, ma non certo bloccato. Perché questo potenzialmente stava diventando il pericolo reale.
C’è poi una questione prettamente politica, benchè nel suo ‘storico discorso’ il capo di Facebook non nomini quasi mai questo termine o semmai dica l’esatto contrario affermando un ritorno per le sue piattaforme ai contenuti civici.
Ma di fatto, Zuckerberg non è mai stato visto come un “amico” di Donald Trump. Anzi. Tanto che il presidente degli Stati Uniti d’America negli USA si è dovuto costruire una comunicazione a sé stante e ha trovato sponda solo nel fondatore, tra le altre tante cose che fatto, di Space X (ex Twitter ndr).
In altre parole, il ‘ritorno alle origini’ del proprietario di Facebook , Instagram e Wapp ancora una volta è un perfetto mix tra buona comunicazione imperniata di principi e valori (apparentemente tali) e una “realpolitik” che sa di tanto sano pragmatismo alla luce della situazione socio politica venutosi a creare non solo negli States ma nell’Universo Mondo.
In questo il nostro plauso a Zuckerberg: lettura e analisi del nuovo contesto, impongono nuove soluzioni e nuove risposte.
F.V.