Il ricordo del professor Carlo Vallardi

Membro di una famiglia che aveva alimentato la cultura italiana per secoli, Carlo Vallardi – come un suo prozio – si allontanò dall’editoria che aveva fatto la fortuna della sua famiglia, per seguire la sua passione per la medicina.

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Carlo Vallardi è stato un professore molto noto nel territorio dell’Altomilanese al punto da ispirare il proverbio: “Ta salva no nanca al Vallardi”.
Ne ha raccontato la storia – contenuta in una recente pubblicazione del Centro Studi territoriali ‘Athene noctua’, La generosità che fa la differenza – giovedì 11 dicembre 2025, Giuseppe Leoni alla presenza di uno scarso pubblico. Pochi ormai ricordano la figura e l’opera di un grande uomo che ha salvato tanta gente dalla tubercolosi (Tbc, alias tisi, mal sottile). Ma a fare il bene si trova sempre qualcuno che rema contro perché l’invidia è una serpe che esce dalla bocca e mangia il cervello (così come l’ha rappresentata Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova), per cui il professore è finito a Mauthausen per la delazione di alcuni colleghi dell’ospedale.
Membro di una famiglia che aveva alimentato la cultura italiana per secoli, Carlo Vallardi – come un suo prozio – si allontanò dall’editoria che aveva fatto la fortuna della sua famiglia, per seguire la sua passione per la medicina.
Medico di gran fama, primario dal Fatebenefratelli a soli 27 anni non mancò mai di far sentire la sua profonda umanità nei diversi campi in cui ha operato: in primis a Mauthausen dove si adoperò per dare un soffio di vita agli internati.
Infatti, sfollato a Padregnano nel 1943, dopo il pesante bombardamento di Milano, fu arrestato il 2 marzo 1944 e qualche giorno dopo caricato su un treno: destinazione Mauthausen. Fu liberato il 5 maggio 1945, più morto che vivo, per cui dovette rimanere in ospedale per alcuni mesi. Riuscì a scamparla!
Il periodo repubblicano lo vede in prima linea nell’amministrazione comunale di Milano (assessore ai servizi socio-sanitari) dove si diede da fare per riorganizzare il presidio sanitario nel territorio, affrontando anche epidemie a Lodi e a Buscate.
Nel1956 fu chiamato guidare la lista democristiana a Turbigo, ma non riuscì a battere il sindaco della Liberazione (comunista), Luigi Bianchini.

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