Alberto Sinigaglia, milanese, presidente della Fondazione Arca che nell’ultimo anno ha dato aiuto a 25mila persone servendo oltre due milioni e mezzo di pasti, conosce bene la Stazione Centrale
MILANO – E spiega che cosi’ com’e’ ora l’ha vista raramente non per una questione di sicurezza, pero’, come suggerirebbero recenti episodi di cronaca tra cui la violenza sessuale denunciata da una donna marocchina, ma per il numero di persone che non hanno un tetto e che ci vivono.
“Secondo le stime nostre e di altri osservatori, l’aumento dei senza dimora dopo la pandemia e’ stato del 20 per cento. Le cause sono tante: sfratti, poverta’, la forbice sociale che si allarga a Milano, le separazioni aumentate col Covid. Se poi dovesse essere abolita dal governo la protezione speciale per i migranti si aprirebbero le porte dei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria, e moltissimi altri disperati finirebbero in stazione”.
Dal suo punto di vista, Sinigaglia ci tiene a sottolineare che non c’e’ un’equazione senza tetto e straniero uguale delinquente. “Ci possono essere molte ragioni per cui si finisce in strada ma la nostra esperienza dimostra che ci sono molte persone che non hanno la forza di rialzarsi ma tante altre invece si’ come dimostrano 127 uomini e donne che col nostro aiuto hanno trovato casa e lavoro l’anno scorso”.
Su Fadil Monir, il marocchino di 26 anni in carcere per lo stupro, Sinigaglia dice di non voler ne’ condannare ne’ giustificare ma “certamente chi compie un atto del genere deve essere disperato e spesso la droga e l’alcol tolgono le protezioni alla mente soprattutto a chi e’ molto giovane e ha forti impulsi sessuali”.