Con questa settimana, cari lettori, diamo avvio ad una nuova rubrica sulle colonne virtuali di Ticino Notizie. Proprio perchè il nostro quotidiano on line è per definizione ‘glocal’ non potevamo non pensare di trattare anche un tema certamente intrigante e stimolante qual è la geopolitica e le relazioni internazionali. E lo facciamo attraverso i contributi di Matteo Grassi. Matteo, laureato all’Università Cattolica di Milano, condivide con noi la passione per la politica e le relazioni internazionali. Alcuni dei suoi articoli sono stati anche ripresi da riviste specializzate. Partiamo da un tema quanto mai attuale, ovvero il delicato scenario medio orientale e il conflitto siriano con la lotta al Califfato. Buona lettura!
Settimane fa è giunta notizia dell’annuncio via Twitter del presidente ‘Donald Trump’ riguardo ad un ritiro, seppur rallentato in quattro mesi di tempo, delle truppe statunitensi dalla Siria. Ora ci si domanda quali potranno essere gli sviluppi nella zona più calda degli ultimi anni dopo il ritiro dell’esercito stelle e strisce, chi gioverà più di altri dal vuoto di potere creatosi e chi invece è ora in seria difficoltà? Quali saranno le future mosse dei principali player in campo, Putin ed Erdogan su tutti?
Ritirare le truppe dalla Siria ha un grosso significato, ribadito anche dal presidente Trump, ovvero la sconfitta dell’Isis e quindi il venir meno della causa principale per la quale gli Stati Uniti si erano mobilitati in Siria. Questa decisione ha due effetti immediati: Il primo è strettamente propagandistico, ovvero, la sconfitta del califfato rappresenta per il presidente un successo in politica estera da mettere nel fortino elettorale, si può dire che dopo Bush jr e Obama, Trump sia il primo presidente ad aver vinto una guerra in medio-oriente, annuncio che, non a caso, arriva negli stessi giorni dello “shutdown”, forse per allentare anche tensione sulla Casa Bianca.
In secondo luogo questa decisione è coerente con il pensiero “trumpiano” isolazionista, dopo i dazi alla Cina, ribadita fortemente la volontà di costruire un muro che chiuda il confine messicano, adesso la volontà di riportare in patria i propri soldati può essere vista come una dilazione del motto “American First” che ricorda molto quello degli anni ’20, solo che oggi, a differenza di allora, gli USA sono una potenza in overstretch.
Come muterà la situazione?
La cosa certa è la difficolta in cui versa oggi la Francia, ai tempi Parigi aveva deciso di mandare in Siria una manciata di circa duecento soldati in aiuto del popolo curdo e ora, senza il principale alleato in campo, dovrà compiere una scelta difficile e coraggiosa. Proprio i Curdi sono la parte più debole delle forze in campo, bersagliati da Erdogan in politica interna, offrono al presidente turco l’occasione di espandere le proprie milizie oltre il confine siriano e debellare definitivamente la Turchia dalla minoranza non gradita al presidente.
I Curdi si sentono traditi dall’atteggiamento statunitense e dovranno, volenti o nolenti, affidarsi agli aiuti di Putin e Assad, quest’ultimo ha già deciso di intervenire a Manbij (città a Nord-Est di Aleppo) su invitodelle milizie curde per difendere la parte nord-est del Paese confinante con la Turchia per evitarne uno sconfinamento.
L’Isis dichiarato sconfitto mantiene ancora però dei territori al centro della Siria, e quindi è ancora, seppur debole e isolato e destinato alla sconfitta, una mina vagante in uno scacchiere ormai in continua evoluzione e dal quale ci si può aspettare continue sorprese.
Chi potrà trarre vantaggi dalla scelta USA?
Molto probabilmente Mosca e Teheran si saranno strofinati gli occhi al leggere del tweet di Trump. I loro sforzi nella regione contro Isis e a sostegno di Assad sono, forse, ripagati. L’uscita di scena degli Stati Uniti consente a Putin di giocare il ruolo di regista delle operazioni nella zona, debellare e sconfiggere definitivamente l’Isis può essere anche per lui un’ottima carta propagandistica non solo all’interno della Confederazione russa ma anche e soprattutto in politica estera, inoltre il sostegno ad Assad fino all’ultimo minuto gli permetterà di essere il leader del futuro assetto siriano. Altro fatto non da sottovalutare per la politica estera russa è l’alleggerimento della pressione USA al confine meridionale, non vi è da dimenticare come i russi convivino con la “sindrome da accerchiamento”, (definita politica del “containment” in occidente) fin dai tempi della guerra fredda.
In ultimo, Putin può utilizzare le milizie curde, con sostegni e finanziamenti, come spina nel fianco alla politica sia interna che estera di Erdogan, unire questi eventi al tentativo di annessione della Crimea ci riporta indietro di molti anni, quando gli Zar guardavo agli stretti del Bosforo e dei Dardanelli per potersi permettere lo sbocco navale sul “mare caldo”.
Matteo Grassi