Garlasco, spunta un SMS: ‘Mi sa che abbiamo incastrato Alberto Stasi’

Il Settimanale Giallo pubblica messaggio inviato a un amico e attribuito a Paola Cappa sorella gemella di Stefania, le cugine di Chiara, mai indagate per l'omicidio. Intanto Andrea Sempio in caserma a Milano per avere il cellulare dissequestrato

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Mi sa che abbiamo incastrato Stasi”. È uno dei 280 messaggi che sarebbero agli atti della nuova indagine della Procura di Pavia sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nell’agosto 2007 a Garlasco e per il quale l’allora fidanzato Alberto Stasi ha quasi finito di espiare una condanna a 16 anni di reclusione.

A riportare questo whatsapp inviato a un amico e attribuito a Paola Cappa sorella gemella di Stefania, le cugine di Chiara mai indagate, è il settimanale Giallo.

Intanto in queste ore Andrea Sempio è giunto nella caserma dei carabinieri Montebello di Milano per la restituzione di un telefono cellulare sequestrato nell’indagine a suo carico per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto del 2007 a Garlasco. Era accompagnato da uno dei legali, Angela Taccia.

IL CASO IRRISOLTO DELL’ARMA CHE UCCISE CHIARA POGGI

Il giudice che assolse Stasi, arma non è il martello dei Poggi

Di avviso diverso erano stati i consulenti Pierucci-Ballardini del pubblico ministero Rosa Muscio. In fase di indagine avevano parlato di “uno strumento ‘pesante’ vibrato più volte con notevole forza”. Un mezzo “dotato anche di un filo piuttosto tagliente e/o di una punta acuminata” perché l’autopsia aveva riscontrato “lesioni più da punta e da taglio che non propriamente contusive” come quelle alle “palpebre superiori” e alla mascella destra. Durante il processo, con una memoria depositata in fase di perizia, parlarono di una “forbice da sarto” che se usata con “opportuna velocità” avrebbe potuto provocare la “frattura cranica, lacerazione encefalica e morte” partendo dal “presupposto logico” che l’arma impiegata fosse una sola.

I periti nominati dal giudice non esclusero questa possibilità ma la trovarono poco plausibile per due motivi: uno legato alla difficile “maneggiabilità di una forbice da sarto” che non avendo un “manico lungo e pesante” come nei martelli “non riesce agevolmente ad imprimere una forza molto efficace”. Il secondo per la presenza di una frattura cranica sulla testa di Chiara Poggi “isolata” e diversa dalle altre che presenta una “linea retta che poi si spezza creando una sorta di ‘scalino'”. Lesione che “evoca l’azione di un oggetto che abbia uno spigolo tagliente ed una certa massa, come il bordo di un oggetto con una superficie quadrata con la presenza di spigoli e che può battere obliquamente”. La tesi del probabile “martello da muratore”, pur senza aver mai ritrovato l’arma, venne mantenuta dai giudici di tutti i successivi gradi di giudizio, sia nelle sentenze di assoluzione che di condanna per Stasi.

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