Si riaccende il dibattito sui diritti dei detenuti in regime di carcere duro dopo la pronuncia della Cassazione sul caso di Francesco Guttadauro, nipote del noto boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro.
Guttadauro, attualmente recluso nel carcere di Novara in regime di 41 bis, il cosiddetto ‘carcere duro’, aveva presentato istanza per poter disporre di un lettore cd e relativi supporti musicali all’interno della sua cella. La richiesta era stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza di Torino, che aveva imposto il divieto.
Il detenuto, per tramite della sua legale, l’avvocata Maria Teresa Pintus, aveva presentato un reclamo, inizialmente dichiarato “inammissibile” dal presidente del tribunale stesso. La battaglia legale si è poi spostata in Cassazione, e nei giorni scorsi la Suprema Corte ha accolto la lamentela del detenuto, giudicandola fondata, come riportato dal quotidiano la Repubblica.
Gli ermellini, in realtà, non sono entrati nel merito della questione specifica – se sia cioè legittimo o meno consentire l’ascolto di musica ai reclusi sottoposti al regime del 41 bis – ma hanno annullato il provvedimento per un vizio procedurale. Hanno infatti stabilito che il ricorso di Guttadauro “è fondato”, in quanto la decisione sull’inammissibilità o meno del reclamo non poteva essere presa dal solo presidente del tribunale di sorveglianza, ma spettava all’organo collegiale. “Il presidente del tribunale di sorveglianza — hanno chiarito i giudici — non ha alcuna attribuzione per l’apprezzamento di eventuali cause di inammissibilità”.
Di conseguenza, il provvedimento impugnato dal detenuto è stato annullato senza rinvio e la Cassazione ha disposto la trasmissione degli atti al tribunale di sorveglianza competente, che dovrà ora esaminare la questione nel merito. La decisione rappresenta un punto a favore dei diritti procedurali dei detenuti al 41 bis, indipendentemente dall’esito finale sulla possibilità di ascoltare musica in cella.





















