La soggettiva inquadra un bimbo, un preadolescente quindi ancora la specie, che nel suo cercare tra i prodotti coglie una pesca. Il frutto dalla buccia tanto serica e vellutata quanto aspra al morso che allega i denti; sbucciata, la polpa luminosa e dolce, invita.
Allegoria: non rimanere in superficie, apri, entra. Svestite il rancore, guardatevi nudi.
Un bimbo, ancora estraneo al canone adulto, la gabbia d’acciaio del linguaggio pari per grandezze e meschinità, manifesta mimicamente la potenza del sentimento, poi, molto poi verrà il suo saper dire: nessun maggior dolore, che ricordarsi del tempo felice nella miseria; accadrà da adulto e forse saprà, nei giorni duri, che in ogni sentimento s’affresca l’ombra della malinconia. Ma non ancora. L’amore, il contenuto autentico del cortometraggio meta commerciale, che sente un bimbo per i genitori è indiscutibile. L’ora del vero sentire coincide in lui nel coricarsi sotto le coperte del letto genitoriale. Sarà poi, molto poi, dall’adolescenza alla vecchiezza, quell’amore, perduto, soggetto di costante ricerca, vana. In quell’amore, infantile, si coglie il puro disinteresse, bello di per se stesso bello.
Simmetria, proporzione, armonia. L’incrinatura e la frattura, costante in ogni rapporto umano da tempi immemorabili del due fratelli gemelli, il bimbo la rigetta e, quando la deve accettare, il dovere fatto obbligo dinanzi al quale egli è impotente, si adopera nel ricomporlo. Ancora non comprende, è in formazione, o forse ha già compreso tutto e non lo accetta. Tenta di aggiustare con un gesto, il dono ch’è allegoria per definizione. L’oggetto è la forma della sostanza: l’amore. Il kintsugi, l’arte giapponese di cucire la ceramica saldandola con l’oro, si coglie nel sorriso del bimbo. Non sa ancora il bimbo la complessità, il cum plexo, il piegato dentro, tutto da aprire per comprendere, se mai sarà possibile.
Il cortometraggio Esselunga fa discutere, certo, è interessante. Non è immediato. Non è un commerciale scontato, del tipo IKEA: squarcio di un catalogo in movimento con un bimbo a comparsa, infatti l’attenzione viene sollecitata dal prezzo in chiaro dei prodotti. Questo “corto” non provoca alcuna discussione. Lo vedi e non lo pensi. Il ‘corto’ di Esselunga, al contrario, è metacommerciale. Va di là dal suo perimetro di pura vendita, accende una luce nella notte nera del conformismo. Fa pensare. Quindi fa male, è invitabile. Ed è un bene. Il dolore illumina.
Emanuele Torreggiani