Enrico e Luisa Gerli: la stella Michelin (mai urlata, sempre nel segno dello stile) che illumina Vigevano dal 1998

Elogio di un ristorante, e di una coppia, che ha precorso i tempi resistendo alle mode effimere della cucina spettacolo

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In un panorama gastronomico sempre più affollato da toni sensazionalistici, divismi improvvisati e format televisivi che tendono a sopraffare la sostanza, c’è un luogo — a Vigevano — che da ventinove anni sceglie un’altra strada.

È il ristorante guidato da Enrico e Luisa Gerli, che anche per il 2026 vede confermata la stella Michelin, mantenuta ininterrottamente dal lontano 1998. Un traguardo che pochi in Italia possono vantare, raggiunto e difeso con dedizione assoluta, spirito di sacrificio e un rispetto profondo per la tradizione agricola e gastronomica lombarda.

Una cucina che parla piano, ma arriva lontano.

Ricordo distintamente la prima volta che ci pranzai: era il gennaio del 1997, la mia fidanzata di allora mi regalò la Guida Michelin (1997, appunto): Luisa, padrona ineffabile di sala (erano gli anni in cui giganteggiavano Renata Santin, Antonio Santini, Alessandro Tomberli: lei veniva da ‘quella’ scuola, mettendoci tuttavia una particolare e trascinante umanitò), volle sbirciare. Fu qualcosa di involontariamente profetico: l’anno successivo la stella Michelin avrebbe illuminato i cieli di Vigevano. Era un altro tempo, un altro secolo: niente Master Chef (per fortuna), niente social, l’enogastronomia era molto meno centrale di oggi.


Ecco perché Luisa ed Enrico, nel solco degli immensi Renata ed Ezio Santin, che da Cassinetta assieme a Gualtiero Marchesi (da Milano) crearono di fatto la grande cucina italiana moderna, vanno riconosciuti come tenaci sognatori, che sin dalla giovinezza percorsero strade molto meno confortevoli rispetto ad oggi. Non c’erano trasmissioni, non c’era Cook (nel senso del Corriere), c’era l’illuminante Carlo Petrini con Slow Food, Stefano Bonilli ed il suo Gambero Rosso, c’era l’immenso Gino Veronelli (che sarebbe morto di lì a pochi anni).

La cucina di Enrico Gerli è esattamente ciò che lui è: rigorosa senza essere rigida, creativa senza ostentazione, profondamente radicata nella terra lomellina, capace di dare dignità e centralità a prodotti che per decenni sono rimasti nell’ombra. Come la cipolla di Breme, da lui valorizzata quando ancora non era un “prodotto-media”, ma semplicemente un tesoro contadino da salvaguardare.

Una cucina “non urlata”, che rifugge mode, sovrapposizioni spettacolari, effetti speciali: un linguaggio gastronomico colto ma sincero, che ha saputo costruire negli anni un’identità limpida e riconoscibile.

La testimonianza dello chef: sacrificio, passione e una stella lunga 29 anni

Nelle parole dello chef si legge la fatica — e l’orgoglio — di una vita dedicata a un mestiere totale:

“XXIX anno di stella Michelin: un traguardo importante che mi gratifica, che ci gratifica come squadra. È il riconoscimento di tutti i sacrifici, dei momenti rubati al quieto vivere, dei ritmi a volte ‘bestiali’ del lavoro. Dopo 36 anni di ristorazione di qualità, questa conferma ci spinge a proseguire con ancora più determinazione nel nostro percorso professionale.”

Parole che raccontano molto più di un attestato di merito: raccontano una visione.

Il ritratto di un cuoco “per vocazione”, non per formazione

Enrico Gerli ama ricordare — quasi con pudore — di non aver frequentato una scuola professionale di cucina. La sua è una storia anomala, umana, romanticamente artigiana.

Studente universitario, impegnato anche nel percorso musicale in conservatorio, sommelier e ottimo cuoco casalingo per hobby, a un certo punto si chiede se la vita che sta costruendo sia davvero quella che desidera.
La risposta arriva sotto forma di un atto di coraggio: aprire, nella casa di famiglia, un ristorante “di charme alla francese”, insieme alla sua allora fidanzata e oggi moglie Luisa, presenza imprescindibile di questa avventura.

Gli inizi sono duri, tra entusiasmo e critiche, ma il passaparola cresce. Nel 1990 il primo articolo su Gambero Rosso cambia tutto: la cucina di Gerli comincia a farsi conoscere, lui entra nei ristoranti stellati per formarsi, studiare, crescere.
E qualche anno dopo arriva la Stella Michelin: da allora, non se n’è più andata.

Un modello da seguire

In un’epoca in cui la cucina è spesso vissuta come spettacolo prima che come mestiere, la parabola di Enrico e Luisa Gerli rappresenta un esempio raro: costanza, identità, radicamento territoriale, ricerca senza esibizionismi, sacrificio silenzioso.

Una storia d’amore — verso la cucina, verso il territorio, verso un modo di lavorare che non teme il tempo — che rende onore a Vigevano e alla Lomellina.
E che dimostra, ancora una volta, che la vera eccellenza non ha bisogno di gridare.

E allora viva Luisa ed Enrico Gerli, ‘cuoco bevitore in Vigevano’
Da 36 anni, con una stella sul petto e i piedi ben piantati nella sua terra. Da 36 anni testimoni silenziosi, ma sempre sorridenti, del fatto che la cucina è una questione di smisurata passione, di sconfinato amore, di durezza ed avversità. Non è glamour né modaiola. Non passa. E’ cultura. E’ identità. E’ tradizione.

So long per voi, eterni ragazzi.

Fabrizio Provera

INCURSIONE NEI PIATTI E NEI MENU’ DEI CASTAGNI

Battuta di gamberi, salmone marinato all’arancia, insalata di mela verde al sesamo e salsa orientale

Vellutata fredda di fave secche e cime di rapa, cicorie, gambero, tonno appena scottato,calamaro, ostrica e burrata

Gamberi in fili croccanti e calamari fritti, riso Carnaroli integrale al salto
“alla milanese”, fondo ristretto di teste di crostacei

Dedicato al Fegato grasso: petto d’oca marinato e fegato affumicati, terrina di fegato
frutta secca e mostarda, bonbon di fegato ed albicocca, scaloppina

Gnocchi tondi di patate e zucca ripieni di pecorino, sugo di agnello brodettato
all’abruzzese con peperoni, salsa di pomodorini gialli

Raviolini neri ripieni di guance di pesce e fagioli, sugo bianco di seppia e cozze,
acqua di frutti di mare allo zafferano

Risotto di Carnaroli con verdure “povere” stagionali punteggiato di rapa rossa,
mantecato con gorgonzola dolce, “pop rice”

Maialino con la sua cotenna arrostito lentamente in porchetta, spezzatino di funghi
misti, purè di sedano rapa alla curcuma, fondo ristretto al Marsala secco

Tradizionale coscia d’oca arrostita nel suo grasso, patate schiacciate alle erbe,
scaloppa di fegato grasso

Piccione in due cotture: coscia ed ala arrostite, petto alla piastra,
finocchi brasati alla Sambuca, pere antiche speziate all’aceto, il suo brodo e raviolo di fegatini

Carrè d’agnello al rosa, spalla disossata ed arrostita lentamente con erbe

aromatiche, verdure stagionali dell’orto pugliese, il suo fondo al mirto

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