“Emergenza giovani, sono quelli della generazione Covid”. Parla il dottor Norman Salvetti

"Fondamentale il ruolo della prevenzione della scuola che va promosso ed incoraggiato. I social non sono necessariamente negativi, soprattutto quando diventano, come nel caso degli "Hikikomori", l'ultimo aggancio con la realtà. L'ultima via per far uscire i ragazzi"

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“Stiamo vivendo ancora l’onda lunga del Covid. Perciò i dati sempre più allarmanti che ci giungono rispetto allo stato di salute mentale, al disagio in cui vivono molti adolescenti sono quelli che io definisco come le conseguenze di quel ‘ritiro sociale’ forzato. Senza dubbio la pandemia ha aiutato il proliferare di questa situazione. Tanto che oggi, per alcuni ragazzi, queste forme di relazioni sono diventate la norma”.

A parlare così analizzando un contesto di assoluta criticità e da prender sempre più con attenzione, è il dottor Norman Salvetti, Psicologo e Psicoterapeuta, collabora da anni con il Poliambulatorio Medico Santa Crescenza di Magenta diretta dal dottor Andrea Rocchitelli.

Il dottor Salvetti è particolarmente esperto nelle problematiche relative all’età evolutiva, familiari o personali. Si occupa dei rapporti tra genitori e figli e svolge sovente attività di consulenza nelle scuole.

“Purtroppo, il cosiddetto fenomeno dei ‘ritirati sociali’ meglio conosciuto in Giappone come degli Hikikomori è meno visibile, ma fortemente impattante. Anche perché più difficile da individuare. Poi c’è la piazza virtuale dei social con tutti i rischi del caso, in quanto, qui non c’è il controllo che ci sarebbe nelle piazze fisiche tradizionali”.

Questo è senz’altro un problema come fatto emergere dal dottor Salvetti, a cui si accompagna il linguaggio. Spesso infatti si parla di bullismo o meglio ancora di cyberbullismo.

“Qui diventa complicato il controllo – prosegue lo specialista – in un luogo fisico, se qualcuno si comporta male, usa violenza fisica o verbale, normalmente, scatta un sentimento di riprovazione. Dunque, c’è la reazione immediata della collettività. Qui invece spesso vengono reiterati una serie di comportamenti a volte in modo anche preterintenzionale nella comunicazione, ma molto pericolosi”.

Dentro a questo scenario la casa torna ad essere luogo centrale ma non di relazioni ‘classiche’. “Nelle nostre case c’è molta più elettronica, il genitore spesso è impreparato. Non sa bene come gestire queste dinamiche in cui i figli sono un passo avanti, il che con tutti i pericoli del caso…”.

Giustamente il dottor Salvetti si sofferma sulla poca consapevolezza che spesso caratterizza l’azione di adolescenti e giovanissimi. “Pensiamo solo all’effetto che può avere un insulto”.

Lo psicologo e psicoterapeuta inizia ad introdurre in modo centrale il ruolo della scuola. Che non può e non deve essere necessariamente solo quella dei divieti sull’uso del cellulare. Ma serve una didattica proattiva, coinvolgente che sappia fare ragione, dialogare e, soprattutto che faccia emergere nell’adolescente il bisogno d’incontro.

“Il corpo intendo dire come fisicità ha necessità di relazionarsi – sottolinea Salvetti – i social al contrario, enfatizzano un’immagine fasulla che può essere anche pericolosa per i modelli ad essa associati”.

Dunque, la scuola come ultimo baluardo dove ancorarsi. “Perché per fortuna si va ancora a scuola – prosegue il nostro intervistato – e qui si può sul serio lavorare sui temi della prevenzione. Ma in modo più articolato e strutturato. Sono convinto che si potrebbe e si dovrebbe fare di più in questi luoghi. In special modo, lo si dovrebbe fare insieme”.

A tal proposito, il dottor Salvetti sottolinea i vari sportelli psicologici e strumenti che nei nostri istituti sono diffusi ma ancora molto a macchia di leopardo. “Questi presentano indubbiamente delle lacune: in primis perché non tutte le scuole si sono attrezzate in tal senso. Ma soprattutto perché questi sportelli (che per carità vanno benissimo) fanno presumere che vi sia uno step prima”.

E qui la spiegazione del medico è molto chiara: “Mi riferisco, appunto, alle attività di gruppo che si possono fare in classe. L’educazione all’affettività piuttosto che all’emotività sono argomenti che riguardano tutti i ragazzi. Partiamo da qui. Poi va bene anche il resto. Ma lavoriamo in primis sull’idea di condivisione che permette l’incontro e il confronto”. Merce oggi rarissima nella nostra società. E non solo tra i giovani e giovanissimi.

F.V.

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