C’è il nuovo pontefice: è il 267esimo della storia. I 133 cardinali hanno trovato al quarto scrutinio il successore di papa Francesco. La prima fumata di oggi, arrivata intorno alle 11,50, è stata di nuovo nera. Poi alle 18.08 è arrivata la fumata bianca. Ovazione in piazza San Pietro, 15mila fedeli commossi. Si attende l’annuncio del cardinale protodiacono Dominique Mamberti dalla loggia delle benedizioni della Basilica vaticana: dirà il nome.
Ci sono viaggi che si misurano in chilometri, in ore, in paesi attraversati. Poi ci sono viaggi che si misurano in passi. Cento, per l’esattezza. Cento passi carichi di storia, silenzio e fiato sospeso: quelli che separano la Cappella Sistina dalla Loggia delle Benedizioni di San Pietro. Non una semplice passeggiata. È il cammino più solenne, più intimo e più universale che un vescovo di Roma possa compiere. Quando il conclave si chiude e le porte si sbarrano con la formula extra omnes, dentro la Sistina inizia un rito antico, che profuma d’incenso e gravita attorno a quel momento in cui uno solo, tra i cardinali, diventa Pontifex Maximus. Non c’è tempo per festeggiare, non ci sono strette di mano né applausi.
C’è invece un momento sospeso, irreale, in cui il prescelto risponde alla fatidica domanda: “Acceptasne electionem?” E con un sì sussurrato, accade il miracolo del passaggio. Poi, il nuovo Papa si ritira nella Stanza delle Lacrime. Un nome poetico e terribile. Qui si veste per la prima volta di bianco. C’è chi piange per il peso della responsabilità, chi trema per l’emozione, chi semplicemente tace. I paramenti papali attendono piegati: in tre taglie, come a ricordare che lo Spirito Santo ha i suoi metodi ma anche una certa attenzione sartoriale.