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Danza macabra. Di Emanuele Torreggiani

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Totentanz, ascolto Listz, e dal riquadro ANSA la notizia che il piccolo Alfie vive i suoi ultimi minuti mentre la casa reale annuncia la nascita del terzo figlio dell’erede al trono della Gran Bretagna, quando si dice il caso: la danza macabra suona appropriata. Un bimbo muore “per il suo stesso bene”, così il magistrato che ha deciso la resezione di ogni ausilio e l’altro nasce per la felicità, comprensibile e condivisibile, della famiglia e della corona. Suona lussureggiante l’orchestra affrescando la danza nella sintesi di una gioia sepolta. Vibra sui bassi sincopati, preludio degli ultimi battiti, il pianoforte cui fanno eco le furie dei fiati, grandine a tempesta. La musica impasta eco di agonia e di festeggiamenti.

 

Dio solo sa cosa sia la morte e anche la vita. Sembrano, la danza ed i giorni nostri, la colonna sonora di quello spaventoso quadro di Pieter Bruegel il Vecchio: Salita al Calvario, in cui, nella gran folla dei presenti intenti agli affari loro, Gesù Cristo appare, con la sua pesante croce, una qualunque comparsa tra la moltitudine indifferente alla sua camminata faticosissima tra la calca. Datato 1564, Pieter Bruegel il Vecchio dipinge, con assoluta proprietà di linguaggio pittorico e quindi teologico, il tempo immanente. Neppure cento anni dopo Blaise Pascal avrà scritto nei Pensieri che Gesù è in agonia sino alla fine del mondo. Una frase terribile che dice tanto di quanto, questo genio solitario, avesse compreso degli uomini e di Dio.

(Alcune immagini del piccolo Alfie, e sotto il padre del bimbo ricevuto dal Santo Padre)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E.T.

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