Alla Fiat Punto, unโauto che ha oltrepassato i ventโanni per quanto riluca ancora del genuino splendore, un ladruncolo ha manomesso il quadro dellโaccensione ed appena la vecchia signora, che cammina a fatica, ha strillato รจ fuggito via come si scappa da un tradimento, unโonta, lasciando nellโabitacolo un cacciavite a stella. Quindi il via vai dei passanti che si fermano sino allโarrivo della polizia municipale. Sbrigate le burocrazie la donna vorrebbe rientrare alla sua dimora, ha un marito di novantuno anni. Lโauto necessita di interventi per il ripristino del sistema di avviamento. I vigili, per altro dispiaciuti, davvero non possono accompagnarla, sono lโunica pattuglia in servizio. Lโaccompagno io, appena rientrato da una pratica medica semisodomita, che ho guardato la scena, la vita รจ un teatro, dalla soglia del cancello. Dico alla signora di accomodarsi giusto lโattimo di una doccia per togliermi di dosso lโodore di ospedale, che probabilmente annuso solo io. Abita in un paese dei dipressi, e quando sale in auto chiede permesso. Indossa un tailleur marrone di lana leggera ed una camicetta di seta rammendata piรน volte allโorlatura del collo con cura preziosa. Dal polso sinistro le pencola un bracciale sottile da cui pende una sterlina dโoro. Posa in grembo una cartella di pelle incartapecorita gonfia di documenti che riguardano il suo cuore stanco. Dice che lei non ci capisce piรน niente con tutte le tessere, i pin da ricordare, lโelettronica, dice, degli avvisi per telefono ai quali lei non sa rispondere. E cosรฌ ha perso il suo turno di visita, il prossimo sarebbe tra un anno ma lei non se la sente di aspettare, che fa fatica a respirare e si sente sempre stanca, quindi quando va a casa parlerร con suo marito e faranno due conti per vedere se riescono a far saltare fuori i centocinquanta euro della visita a pagamento per la quale, lโitaliano della vecchia รจ corretto, lโattesa รจ inesistente.
Mentre guido verso il paese dove cโรจ un ristorante che ho frequentato, quasi quotidianamente per decenni, rivedo la sera in cui ordinai un Cynar e mia moglie mi guardรฒ, velata di un pianto per me ancora impossibile, sbigottita. Era la prima sera che mio padre viveva da morto ancora insepolto. In suo onore, le dissi. E cosรฌ dico alla signora che conosco bene il posto e faccio il nome del ristorante e lei mi dice che fornisce al locale i fiori di zucca per la frittura. Poi aggiunge che non รจ per nulla un agricoltore. E lo dice tutto dโun fiato senza punteggiatura orale. Viene da Milano. Ha venduto tutto quello che avevano per comperare un piccolo appezzamento con rustico. Lโha fatto per salvare suo figlio dal gorgo, cosรฌ testualmente, della droga. Lโha fatto nel 1990. E questโanno sono piรน gli anni che il suo ragazzo รจ morto di quelli che ha vissuto. Fermi ad un semaforo mi sfiora il braccio con la sua piccola mano, vuole che la guardi in viso. Mi dice che sta vivendo la vita di suo figlio. Dice testualmente cosรฌ, io sto vivendo la sua vita. E continuo ad andare avanti finchรฉ mi rimane da vivere. Volevo portarlo via da Milano, dai sui giri, per fargli vivere la vita vera della terra, delle stagioni, della neve, della pioggia, del sole, delle gemme, della naturaโฆ ma mi รจ morto di infezione, lo dice con il riserbo profondo della lingua che rifiuta lโacronimo in sigla. Mi fermo davanti allโingresso del piccolo podere che pare abbandonato. Dice che questโanno non ce la fatta col sole cosรฌ feroce e ha lasciato andare al brucio tutte il campo. Dice che non le importa. Non le importa piรน nulla da quando il suo unico figlio รจ morto da ventisette anni. Dice che non ama piรน niente, soltanto trascina i suoi giorni.
Emanuele Torreggiani