Che estasi, il tennis italiano: trionfo delle azzurre, oggi tocca ai nostri ‘ragazzi’

Trionfo per le ragazze di Tathiana Garbin

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BJKC, è l’acronimo che da ieri sera ci riempie di orgoglio azzurro. Billie Jean King Cup, per i meno avvezzi alle dinamiche tennistiche, è la Coppa Davis delle donne, dunque la principale competizione per compagini nazionali del calendario internazionale, che assegna, di fatto, il titolo di campionesse del mondo. Un tempo la si chiamava Fed Cup, oggi si vuole omaggiare la carriera della tennista più vincente di ogni epoca, Billie Jean, appunto. Al di là del nome, una manifestazione che ci ha spesso sorriso perché, con quella di ieri, l’Italia ha calato il pokerissimo. Quinta coppa della nostra storia, quindi, a undici anni dall’ultimo successo.

Lucia Bronzetti, Elisabetta Cocciaretto, Sara Errani, Jasmine Paolini, Martina Trevisan con il capitano Tathiana Garbin, sono le artefici di questa vittoria che arriva al culmine di una stagione memorabile, forse irripetibile, per il tennis italiano. Che, nell’attesa di sapere se alle donne faranno seguito gli uomini a breve impegnati a difendere la Davis Cup vinta trecentosessantacinque giorni fa, già racconta dei due Major più il titolo di Maestro messi in bacheca da Sinner e delle due finali Slam, Parigi e Londra, con quarta posizione nel ranking mondiale di fine anno per Paolini. Oltre alle medaglie olimpiche della stessa Jasmine, insieme ad Errani, e di Musetti. Difficile sognare di meglio.

Dopo la semifinale vinta contro la Polonia della formidabile Swiatek al doppio decisivo, per l’occasione elevato a capolavoro dalla competenza universitaria dell’eterna Sara Errani che oggi è per distacco la più forte doppista al mondo, ieri sera le azzurre si sono trovate davanti in finale le meno temibili, ma non per questo sprovvedute, slovacche. Decisive, ai fini del trionfo, le due vittorie in singolare ottenute da Bronzetti e Paolini, che hanno superato, rispettivamente, Hruncakova e Sramkova. Facile, senza perdere un set, con Jas che ha fatto valere il suo status di riferimento mondiale lasciando alla rivale la miseria di due game. Undici anni fa, l’anno era il 2003, l’Italia sconfiggeva a Parigi la corazzata russa aggiudicandosi la coppa. Di quella squadra memorabile – quella di Pennetta, Schiavone (solo spettatrice) e Vinci, a portare a casa il punto decisivo dalla finale contro la moscovita Kleybanova fu proprio Sara Errani e, ciò, ci permette di fare due considerazioni.

La prima è che Sarita è tennista eterna, una longevità ad alti livelli fuori dal comune. Errani, per chi non lo ricorda, dodici anni fa entrava per la prima volta nella Top 10. È passata una vita. La seconda è l’insegnamento duplice di una giocatrice che ha saputo risalire la china con umiltà e sacrificio dal baratro, umano e sportivo, nel quale era cascata per la spinosa questione del doping e che ha avuto l’intelligenza di reinventarsi nel corso della carriera come specialista, anzi professoressa, del doppio. E se qualcuno poteva erroneamente pensare che i trionfi iniziali fossero tutti merito di Robertina Vinci, volleatrice meravigliosa, oggi che Sara riesce a trascinare in cielo anche Jasmine, devastante singolarista ma non ancora così a suo agio nelle pieghe del doppio, dubbi non ce ne possono essere più.

Tutto facile, insomma, almeno ieri. Malaga che sembra Roma e per le ragazze azzurre è quasi più faticoso celebrare il trionfo che disporre della volenterosa Slovacchia. Errani a parte, le cui primavere sono trentasette, con Bronzetti e Cocciaretto under 25 e Paolini appena più grande, il futuro appare roseo dopo gli anni difficili del cambio generazionale e del pensionamento delle icone Pennetta e Schiavone. Se si aggiunge questo dato piuttosto eloquente, sono ben sette i ragazzi che al momento stanno entro le prime cinquanta posizioni del ranking, si capisce di essere al cospetto, globalmente, del miglior momento di sempre per il tennis di casa nostra. I numeri non mentono e domenica prossima potrebbe verificarsi l’ennesima prima assoluta di questo 2024. Quella di essere titolari di entrambe le coppe, BJK e Davis. Traguardo che, toccando ferro, con questi presupposti è difficile da mancare.

Dici Davis e non puoi che pensare a lui, Gianpiero Galeazzi, storica voce dei weekend azzurri negli anni ruspanti dei Camporese e dei Gaudenzi ma senza mai un lieto fine. Immaginiamo, inoltre, quanto il Bisteccone nazionalpopolare avrebbe gioito per essere parte di questa golden age ed a come il suo modo inconfondibile di raccontare il tennis, tutto tovaglia a quadri, fiasco di vino e sincerità, avrebbe impreziosito questi straordinari successi. Se lo sarebbe davvero meritato. Adesso tocca ai ragazzi che tra qualche ora sfideranno l’Argentina nei quarti di finale. Sinner, con Berrettini, Musetti e Bolelli, testeranno le legittime ambizioni di Cerundolo e compagni in una sfida che è abbondantemente alla nostra portata. Tuttavia, è sempre bene ricordare che nello sport non si vince di blasone ma con cuore, testa e gambe. I nostri lo hanno imparato.

Che spettacolo stare in cima al mondo.

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