Nellโintimitร del cielo volano gli uccelli. Nella lunga sera di settembre, lโombra increspa la schiena, veleggiano in formazione per il rientro nelle primavere di lร dalle pianure e dal mare. Lโovest rossastro, profondo. Lโuomo sulla soglia del caffรจ umetta le labbra alla coppia doppia di un Campari shakerato.
Le amare scaglie di ghiaccio e lโangostura anestetizzano lingua e palato. Guarda gli uccelli discendere in formazione tra le chiome giร accartocciate degli ippocastani dai ricci giร schiusi di lucenti frutti oleosi. Senza voltarsi verso lโinterno del locale parla a voce sufficientemente alta che si potrebbe andare a fare un giro in auto. Lei lo guarda scuotendo il capo e sorridendo. Lei lo sa di questโora, dellโaria carovaniera che lui sente arrivare da qualche parte. Le era stato detto da lui che, indifferente ad ogni divieto, accende una sigaretta. Il titolare del locale posa sul banco di granito lucido un posacenere annuendo e con discrezione fa un passo indietro. Con il tocco del mignolo lui depone la cenere a cilindro grigio. Non rimarrร nientโaltro, lui le dice indicando la cenere. Lei gli sfiora la guancia con la mano ancora fredda del bicchiere di acqua tonica.
Lui cattura al volo la mano premendola nellโincavo della spalla. In sei ore siamo a Parigi, lui le dice. Se partissimo ora saremmo al Trocadero alle due o tre del mattino. Attenderemmo lโalba lรฌ, tra le fontane che riprendono a danzare. Il viso di lei si รจ fatto serio. Lui le libera la mano. Non vuole sentire, in un’altra vita. Conosce quella riposta. Finisce il Campari, spegne la sigaretta e lascia una banconota. Mentre escono il barista sente che lui sussurra andiamo. Andiamo ora, laggiรน pare che la morte non possa. Vede che lโuomo fa un gesto verso il profondo occidente ora bluastro e ripete non possa. Dal labiale di lei il barista coglieโฆ รจ giร tardiโฆ rientriamo. Disabitato il cielo.
Emanuele Torreggiani